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venerdì 25 novembre 2011

SOCIALISMO:L’ultimo comizio di Zapatero presidente

Per l'ultimo comizio come Presidente del Governo di Spagna, José Luis Rodriguez Zapatero ha scelto León, la sua città natale, dove tornerà a vivere non appena sarà pronta la villetta che si sta costruendo in una zona residenziale, Eras de Renueva.
E' stato un comizio discreto, tra i compagni e gli amici che lo hanno visto crescere e diventare, da oscuro deputato di provincia, prima Segretario Generale del PSOE e poi Presidente del Governo. La sua è stata una campagna elettorale insolita per un premier: lo si è visto in pochissimi comizi, uno solo, pochi giorni fa a Málaga, con il candidato Alfredo Pérez Rubalcaba, ha rilasciato pochissime interviste e, anche adesso che è prossimo all'addio, pochi si curano di lui.
Il PSOE lo ha nascosto temendo che la sua impopolarità danneggiasse le già minime possibilità di successo di Alfredo Pérez Rubalcaba, i candidati lo hanno nominato il meno possibile nel terrore di essere associati alla crisi economica, come se sette anni di governo socialista fossero solo la crisi economica (questo facciamolo dire a El Mundo e ai giornali della destra radicale, non al PSOE).
In una bella intervista rilasciata a El País qualche mese fa, senza perdere il sorriso gentile di bravo ragazzo di provincia e lo sguardo limpido e azzurro, Zapatero aveva assicurato di convivere con l'impopolarità e addirittura di comprenderla, perché anche una squadra prima in classifica deve capire che non può stare sempre in testa e anche il capocannoniere deve accettare che a volte tocca la panchina. Il suo concetto principale, la sua ossessione, già allora, era che aveva fatto tutto il possibile per evitare l'intervento di FMI e BCE in Spagna e per garantire la solvibilità del Paese e pazienza se la sua carriera politica era andata a farsi benedire. Senso di responsabilità socialista, che magari avessero tutti i leaders politici.
Accetta anche l'ingratitudine di chi oggi lo tiene lontano perché una foto con lui è pericolosa per la rielezione. Fa parte del gioco politico, in fondo. Anche per questo alla chiusura della campagna elettorale a Fuenlabrada, dove Rubalcaba si è commosso e si è appellato agli indecisi, affinché non consegnino il Paese alla destra, controllando già il PP città e Comunidades Autónomas guadagnate il 22 maggio (è sempre singolare che chi teme tutto il potere ai soviet non abbia poi paura di consegnarlo a un solo uomo o a un solo partito), Zapatero ha preferito un ultimo comizio a León, tra gente amica, nell'aria di casa.
C'erano il portavoce socialista al Congreso de los Diputados, il concittadino José Antonio Alonso e il Ministro dell'Industria Miguel Sebastian, uno dei pochi membri del governo che non hanno mai avuto paura di giocarsi la rielezione per apparire accanto a ZP. E c'era ovviamente Sonsoles, al suo fianco nel bene e nel male, come sempre.
"Termino il mio lavoro, il mio mandato e non ho alcun sentimento contro nessuno" ha detto il presidente uscente, rivendicando "con orgoglio" il suo legato. Perché oltre al lavoro "titanico" contro la crisi economica, ci sono state altre cose. Zapatero si sente orgoglioso di aver lottato contro la crisi e per la solvibilità della Spagna senza sacrificare lo Stato Sociale (sono le Comunidades Autónomas governate dal PP che stanno tagliando selvaggiamente Sanità e Scuola, causando le proteste sociali che agitano Madrid, Barcellona, la Castilla-La Mancha); si sente orgoglioso della sconfitta dell'ETA, che ha permesso la prima campagna elettorale senza paura degli attentati e che ha attribuito anche ad Alfredo Pérez Rubalcaba, il candidato socialista che è "un grande servitore della Spagna, un lavoratore infaticabile, qualcuno che trova sempre una soluzione a un problema e che ha dimostrato la sua efficienza con la sua tenacità in tutti i lavori che affrontato".
Gli spagnoli iniziano a riconoscergli adesso, dopo aver visto l'Italia costretta a cambiare il Governo e praticamente commissariata da Bruxelles, per non aver voluto fare in tempo le riforme richieste, che le misure impopolari adottate nel 2010 sono servite ad evitare l'intervento dell'Unione Europea. "Abbiamo seminato per cambiare le cose e l'economia migliorerà" ha detto con il solito ottimismo.
Per se stesso Zapatero ha voluto rivendicare soprattutto il talante, la buona disposizione, e l'impronta democratica; sente di aver governato "rispettando le critiche, senza mai squalificare l'avversario, rispettando chi ha protestato in strada, chi ha espresso liberamente la sua protesta e senza cercare di controllare alcun medio di comunicazione, senza cercare nessuno controllo neanche dei media pubblici".
E ha ragione chi dice che ci vorranno qualche anno e la distanza storica per comprendere davvero il legato di Zapatero e perché gli spagnoli riescano a guardare alla sua figura senza il rancore provocato dalla crisi economica. Nel frattempo lui tornerà a vivere a León, alla vita di provincia cara alle adorate donne della sua vita, la moglie Sonsoles e le figlie Laura e Alba, ormai adolescenti.
Ma, guardate la diversità tra Zapatero e gli altri presidenti della democrazia. L'attentissimo gossip spagnolo ci informa che ci vorrà almeno un anno prima che la famiglia Rodriguez Espinosa riesca a trasferirsi a León, nella villetta che si sta costruendo grazie a un mutuo e alla vendita della casa comprata tempo fa a Vera, sulla costa andalusa, in un'operazione andata male a causa dello scoppio della bolla immobiliare (tra acquisto e vendita la famiglia ha perso circa 160mila euro). E' una villetta su due piani, con 5 camere da letto e una piscina coperta, data la passione di Sonsoles Espinosa per il nuoto, in una parcella di 670 mq acquistata dal presidente e dalla moglie in un'area senza particolari lussi (le foto di quest'area si possono vedere su elconfidencialdigital.com). I lavori proseguono a rilento anche perché Sonsoles pare non sia rimasta soddisfatta di certe soluzioni e ha chiesto modifiche che hanno ritardato la consegna della residenza. Insomma, pare e dicono che il presidente e la moglie siano piuttosto arrabbiati per i ritardi, che li costringono a rivedere i loro piani.
Nell'attesa del trasferimento, la famiglia si dividerà tra un appartamento leonese acquistato negli anni trascorsi alla Moncloa e adesso semivuoto e un appartamento di 80 metri quadrati della calle Arrieta, nei pressi del Teatro Real, a Madrid, ereditato da Sonsoles Espinosa e ristrutturato recentemente, per ricavare le stanze necessarie alle sue esigenze. E' una delle zone più care di Madrid, con un valore immobiliare che oscilla tra i 5 e i 6mila euro a metro quadrato, pertanto i Rodriguez Espinosa potrebbero addirittura affittare il loro appartamento, una volta tornati definitivamente a León.
I rapporti con Madrid, a trasferimento avvenuto, saranno mantenuti da Zapatero, che, in quanto ex presidente del governo, entrerà nel Consiglio di Stato. Ma, anche se ha assicurato di non aver intenzione di scrivere le sue memorie e al momento sembra immune dalle tentazioni dei CdA delle grandi multinazionali, che hanno messo in dubbio la passione politica di ex presidenti come Gerhard Schroeder, Tony Blair, Felipe Gonzalez o Jose Maria Aznar (mai un italiano, chiamato da queste grandi multinazionali!), è evidente che, a 51 anni appena compiuti, José Luis Rodriguez Zapatero ha un futuro tutto da inventare. Si spera che la Spagna lo riscopra e gli riconosca i meriti che ha avuto nella trasformazione del Paese e nell'allargamento dei diritti individuali. Nel frattempo, señor presidente, non permetta che l'ingratitudine di adesso le faccia perdere la generosità che ha contraddistinto le sue due presidenze e che è il grande legato che lascia agli spagnoli e a noi socialdemocratici che abbiamo creduto in lei.

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