Pensare Globale e Agire Locale

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domenica 18 dicembre 2011

PSDI: L'Italia di Alberto Sordi e la socialdemocrazia

A costo di essere pedante, e soffrendo come una bestia per quello che sto per scrivere, ho deciso di affrontare un annoso problema della sinistra italiana. E cioè perché l’ex PCI  non può dirsi socialdemocratico e al tempo stesso non può non dirsi socialdemocratico. Detto altrimenti, perché è stata creata quella creatura meravigliosa fatta “della stessa consistenza di cui sono fatti i sogni” (o gli incubi?) che si chiama Partito Democratico (PD)? E prima di esso perché è stato immaginato un Partito Democratico della Sinistra (PDS) e poi i Democratici di Sinistra (DS)? C’è qualcosa che manca in tutti questi bei nomi e in queste belle sigle. La parola socialismo. Ora, può esserci in Italia, in Europa,  una sinistra senza socialismo? La risposta storica e politica è, ovviamente, no. Una sinistra senza socialismo esiste solo negli USA e paesi affini. Nella tradizione storico-politica europea, sinistra e socialismo vanno a braccetto almeno dalla seconda metà dell’Ottocento. E allora perché l’ex partito comunista, cambiando nome, non ha tuttavia mai usato quella parola, identitaria quanto mai altre per la sinistra? Io credo che la causa di questo strano comportamento, di questa avversione a definirsi socialisti, come fa invece tutta la sinistra riformista europea, derivi ancora una volta dalla storia.
Il PCI è stato probabilmente fin dall’inizio della nostra vicenda democratica e repubblicana un partito socialdemocratico, cioè un partito riformatore nella tradizione socialista europea, ma non poteva e non voleva dirlo. Perché sulla socialdemocrazia pendeva una dura accusa di origine marxiana: i socialdemocratici erano social-traditori, erano cioè un avamposto perversamente camuffato del capitalismo e dei suoi interessi. I socialdemocratici infatti preferivano le riforme parlamentari alla rivoluzione. E che cos’era secondo Marx il parlamento, se non il luogo dove si realizzava la dittatura della borghesia? La sequenza del suo ragionamento, come si capisce, è terribilmente logica:
a)  il parlamento è il luogo istituzionale in cui la borghesia esercita il suo dominio di classe;
b)  i socialisti riformisti (cioè il socialdemocratici) agiscono in parlamento per le riforme e quindi vogliono potenziare la funzione del parlamento come organo deliberativo;
c)  ergo i socialdemocratici vogliono il rafforzamento della dittatura del capitalismo borghese.
Di qui l’accusa ai socialdemocratici di essere social-traditori, accusa che i comunisti italiani, da buoni marxisti, condividevano. Salvo poi diventare a loro volta socialdemocratici, e non più rivoluzionari, da Togliatti in qua…
Le varie formule che storicamente il comunismo italiano ha utilizzato nel corso del tempo per dire che sì, voleva non la rivoluzione ma  le riforme, e tuttavia non era socialdemocratico, si sprecano: policentrismo (Togliatti) e compromesso storico (Berlinguer) sono due delle formule più eclatanti. Con esse i due leader del PCI volevano dire che l’opzione rivoluzionaria non si addiceva ad un partito comunista occidentale, bensì quella delle riforme relative al welfare, esattamente come qualunque partito socialdemocratico in Francia, in Inghilterra, in Germania voleva. Ma non si poteva dire, perché essere socialdemocratici non stava bene, era sbagliato, trasformava i difensori della classe operaia in suoi antagonisti. E comunque i tempi di Togliatti e Berlinguer erano altri tempi e va di certo lodato il  coraggio dei comunisti che, in piena guerra fredda, pensavano ad un progressivo e definitivo allontanamento da Mosca.
Ma poi è venuta la caduta del Muro di Berlino e la fine del comunismo nella versione sovietica. A quel punto, essendo i tempi completamente cambiati,  sarebbe stato semplice, decoroso, storicamente fondato, per il PCI,  rivendicare la sua tradizione implicitamente socialdemocratica e proclamare la continuità storica di tale tradizione con il futuro radioso che al mondo si prospettava. Ma il PCI non lo fece, tacque sulla sua socialdemocrazia ed evocò una non meglio identificata identità democratica. Oggi anche la parola “sinistra” è sparita dalla sigla, ma il senso della cosa è iniziata con Achille Ochetto e il cambiamento del nome da lui realizzato nel 1989. Definirsi Partito Democratico di Sinistra ovviamente era, oltre che cacofonico, anche poco sensato politicamente. Cosa voleva dire evocare la democrazia di sinistra? In che cosa si distingueva da una eventuale democrazia di destra? O forse si voleva dire, senza dirlo, che i propri avversari erano da considerarsi non democratici? Insomma della parola democrazia il PDS faceva lo stesso uso smodato e privo di senso che Forza Italia faceva della parola libertà (appartiene a noi, non a loro, punto e basta).
Nel corso degli anni a venire, in preda alla foga democratica e scusandosi per tutto quello che i comunisti avevano fatto di male dappertutto fuorché in Italia, seppellendo per sempre il loro glorioso passato di partito riformatore, gli ex comunisti non hanno mai usato la parola socialdemocrazia come simbolo distintivo della loro sigla. E oggi il Partito Democratico nega per lo più di appartenere alla tradizione socialdemocratica, e se si dice di sinistra (qualche volta, non sempre) lo fa pensando ad Obama e ai democratici americani.
Tu vo’ fa’ l’americano, ma sei nato in Italy diceva una canzone di tanti anni fa. E pare che da allora nulla sia cambiato. Va in scena il Democratic Party che sostituisce le Feste dell’Unità, si festeggia quando i fratelli democratici americani vincono le elezioni come se le avessimo vinte noi in Italia, e così via di amenità in amenità.
Per carità , anche lo spettacolo servile di Berlusconi con Bush Jr. ai tempi della guerra in Iraq evocava l’Alberto Sordi di “Un americano a Roma” e la sua bislacca adorazione del mito americano casareccio.
Ma che questo debba diventare anche il modo con cui la sinistra italiana cerca un’identità politica lascia a dir poco perplessi.
Maccarone” diceva Alberto Sordi nel film, fronteggiando aggressivo un piatto di spaghetti "mi hai provocato e io te magno.
Viva (almeno di questi tempi) la socialdemocrazia!  (La Maestrina dalla penna rossa)

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