Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


giovedì 1 dicembre 2011

SOCIALISMO: L’Italia post Silvio

Londra, House of Commons.
Dibattito organizzato dal "Labour Friends of Italy", una delle tante organizzazioni satelliti del Labour Party, creata per intrecciare rapporti con il variegato mondo della sinistra italiana, in UK e non. Al centro del palco c’è Bill Emmott, l’ex direttore dell’Economist che dieci anni prima della maggioranza degli italiani battezzò Silvio Berlusconi con un memorabile, e allora contestatissimo, “unfit to lead Italy” (inadatto a governare l’Italia).
Al suo fianco oltre a due politici, Vinicio Peluffo del PD e Emma Reynolds, ministro ombra per l’Europa del Labour, c’è Charles Grant, direttore e fondatore del Center for European Reform, un think tank che promuove un europeismo critico, vicino all’ala destra del Labour.
Titolo giustamente impegnativo "Italy after Berlusconi and the Resurgence of the Left in Europe".
L’atmosfera che si respira è conforme ai dettami di responsabilità e sobrietà del nuovo governo, toni bassi, esultanza repressa per la dipartita del vecchio Silvio, tante parole di circostanza sulla gravità della crisi. Atmosfera talmente conforme da apparire conformista, anche nel doveroso e ridanciano ossequio all’uomo dei Bunga Bunga, cover story per oltre un anno su tutti i giornali del Regno.
Parte il buon Bill, che dopo un doveroso resoconto del nulla lasciato da Berlusconi si cimenta nell’ardimentosa operazione di terrorizzare i convenuti minacciando improbabili ritorni del Caimano (operazione che sarà tentata anche da altri nel corso della serata, gli scongiuri si sono sprecati in platea) per concludere con una bella tirata sulla necessità di riforme strutturali, dato che i fondamentali dell’economia italiana sono tutt’altro che buoni. E un bel peana al neopremier Monti, serio e responsabile.
L’unico lampo arriva quando, cedendo la parola allo Shadow Minister del Labour, le chiede come il suo partito pensi di uscire da una crisi del neoliberismo con misure neoliberiste. Ma era più l'animo provocatorio del giornalista anglosassone a parlare, che un sincero afflato di riflessione.
La Reynolds da par suo, sembra più concentrata a polemizzare coi Tory che, incapaci di fare uscire il Regno dalla crisi, puntano sull’euroscetticismo per recuperare consensi. Chiarisce, bontà sua, che lei vuole riformarlo lo stato, non ridurlo. Ma sulle cause della crisi non si avventura troppo a sinistra, limitandosi a ricordare gli squilibri commerciali all’interno dell’Eurozona, troppo a lungo negletti, come la causa dei patemi attuali.
Quando la parola passa a Peluffo, del “risorgimento” della sinistra europea, si è ormai persa ogni traccia. Il deputato veltroniano esegue tutte le note dello spartito governista e moderato della destra del PD: “responsabilità” verso il paese, necessità di riformare le pensioni, dare un taglio netto al debito pubblico e sostenere la crescita (come?), garantire la sopravvivenza del governo fino al termine della legislatura.
L’atto di coraggio è nel riconoscere la semi irrilevanza del proprio partito nella cacciata di Berlusconi, col quale però si ammette di condividere gli stessi obiettivi di politica di bilancio.
E’ passata un’ora dall’inizio del dibattito e le parole BCE e Germania non sono ancora state pronunciate.
Ci pensa per fortuna Grant, che di mestiere nella vita fa l’europeista senza anello al naso ,ed esordisce dicendo papale papale che “se la BCE non interviene con tutta la sua potenza di fuoco, per l'Euro è finita”. Passano pochi minuti e tocca alla Germania:  “il vero problema dell'Europa ora si chiama Angela Merkel”. La platea lentamente si desta, mentre Mr.Grant argomenta che la Germania ha di fatto in mano le chiavi della sopravvivenza dell’Euro e le sta usando per portare avanti quella che oggettivamente è una “bad policy” con delle politiche di austerity sostanzialmente controproducenti.
Partono le domande dal pubblico che permettono a Bill Emmott di chiarire che la semi irrilevanza del PD per cacciare Berlusconi è stata, in realtà, irrilevanza totale e, incalzando Peluffo, che il PD è di fatto un partito privo di identità. Peluffo prova a parare il colpo sottolineando, con enigmatico sorrisetto, che il PD in realtà è un partito di centrosinistra. In molti si sporgono per scorgere nel labiale la presenza di un trattino.
Nelle domande c’è tutto il non detto della serata: il ruolo della speculazione nella crisi, la necessità di maggiore integrazione tra i partiti europei (senza che nessuno però menzioni il fatto che il PD non faccia parte del PSE) e perfino le responsabilità del PD in 20 anni di Berlusconismo.
La strada per il risorgimento della sinitra in Europa, è ancora molto, molto lunga.
Andrea Pisauro

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