Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


giovedì 1 dicembre 2011

PSI: Riccardo Lombardi nel 1984, ultima intervista.

Pubblico un pezzo della ultima intervista di Riccardo Lombardi nel maggio del 1984 (cinque mesi prima della scomparsa) . Intervista fatta alla storica Simona Colarizi per la rivista "Socialismo Oggi" diretta allora da Claudio Signorile. E' estremamente  interessante per il suo giudizio sul conflitto a sinistra tra PSI e PCI (in quei mesi era fortissimo) e sulle prospettive del socialismo. E dimostra come ad 83 anni si può essere molto più lucidi e lungimiranti di qualche trentenne.
Se questi sono i tabù che ostacolano l’elaborazione di un progetto di governo alternativo della sinistra, ci sono però anche pregiudizi politici da rimuovere e da superare. Non è facile trascinare Lombardi su questo terreno, così cerco proprio di provocarlo. Cito una frase di Nenni del 1945: "Socialisti e comunisti sono alleati o sono nemici. Non c’è via di mezzo".
Lombardi mi risponde in maniera altrettanto lapidaria: "Quanto più si è vicini, tanto più, per evitare confusioni, per non essere assorbiti e condizionati, si tende a marcare gli elementi di diversità". Basterebbe, dice, considerare quanto è avvenuto e avviene tra le diverse sette di una stessa confessione.
La ricerca della propria identità da parte dei socialisti e dei comunisti che sono forze vive e attive in una società a sua volta in movimento, si pone come un processo continuo. E dinamico è dunque il loro confronto che non può non avere anche fasi di scontro e di tensione. Questa dialettica non è, per Lombardi, un fatto negativo: "Io ho sempre pensato che la divisione nella sinistra sia un elemento positivo. Non dico l’ostilità permanente; ma la pluralità delle posizioni, la specificità delle singole vicende arricchiscono il patrimonio della sinistra e finiscono col diventare una ricchezza comune ai due partiti". La sinistra si impoverisce solo quando la capacità di elaborazione politica delle sue componenti diminuisce, e ciascuna tende ad arroccarsi su posizioni di consolidamento dell’esistente.
Socialisti e comunisti appaiono oggi preoccupati soprattutto di preservare il terreno di consenso già acquisito, caso mai di ampliarlo, finalizzando a questo la propria strategia. Possiedono appunto strategie di potere assai più che linee progettuali riconoscibili. Concorrenti nel reclutamento di adesioni nel paese, PCI e PSI, proprio perché si somigliano, si sentono maggiormente minacciati l’uno dall’altro, e si difendono accentuando la polemica reciproca. La competizione, di per sé stimolante, racchiusa in questo orizzonte, diventa sterile. E’ nel campo progettuale che i due partiti dovrebbero lanciarsi reciprocamente una sfida per dar corpo e sostanza alla strategia di governo delle sinistre.
Il richiamo alla vicenda passata del primo centro sinistra viene spontaneo. Anche se oggi la situazione è diversa, rimane il fatto che l’ostilità tra socialisti e comunisti esplode sempre nel momento in cui il PSI assume responsabilità di governo.
E’ una reazione facilmente spiegabile, sostiene Lombardi: i comunisti intuiscono che, nonostante la loro superiorità numerica, i socialisti eserciterebbero un’indiscutibile egemonia culturale e politica in un governo di sinistra. Nell’ipotesi di un governo di collaborazione tra le sinistre, sarà la tradizione della democrazia socialista a prevalere, sarà cioè la politica riformatrice iscritta nella storia del PSI, non (o troppo di recente) in quella del PCI. Del resto, il partito comunista sta da molti anni attraversando una profonda crisi di identità; il patrimonio della tradizione comunista è in parte dissolto, e anche se il PCI esita a compiere alcuni passi, la sua fisionomia è profondamente mutata. Altro che la "mutazione genetica" attribuita da qualcuno al PSI! E’ logico che questa incertezza di sé pesi negativamente sulla capacità di elaborazione politica, e si rifletta in un moto di difesa esasperato, specie in una situazione obiettivamente difficile.
Lo abbiamo detto all’inizio: il momento attuale non è di agevole lettura. Quanto più i partiti della sinistra si affannano nella ricerca di una politica, tanto più si accentua la crisi di rappresentanza, il distacco tra società civile e poteri politici. Il che vale anche per i sindacati, perché non ci sono dubbi che lo scontro di oggi sui punti della scala mobile nasce soprattutto da un ritardo dei vertici sindacali ad interpretare le esigenze nuove del mondo del lavoro. Tanto è vero che si è accentuata la tendenza, da aperte dei sindacati, a delegare ai partiti l’elaborazione di una politica. Così come per un lungo periodo fu il sindacato a esercitare la supplenza dei partiti! Ma la confusione di compiti e di ruoli che non si è mai dimostrata feconda nel passato, cade oggi in un momento di incertezza generalizzata. La pretesa del PCI, o di chiunque altro, a rappresentare la maggioranza delle masse lavoratrici è in stridente contrasto con la diffusa crisi di fiducia dei lavoratori nelle loro organizzazioni, che è poi peculiare a quel distacco o disincantamento della popolazione verso i partiti.
"Come vedi" dice Lombardi, "si ritorna di nuovo al discorso iniziale. Le risposte che la sinistra offriva in passato appaiono oggi inadeguate alle domande emergenti da una società nuova, estremamente variegata e parcellizzata. La scomposizione in atto nel sistema coinvolge le tradizionali classificazioni sociali; nuove stratificazioni e nuove aggregazioni si sono venute formando nel tessuto sempre più complesso della società. Bisogna saperle riconoscere; bisogna soprattutto offrire soluzioni flessibili, decentrate e suscettibili del massimo di autogestione da parte degli interessati".
Lombardi a questo proposito dimostra con riferimenti precisi come, per esempio, una riduzione dell’orario di lavoro a prescindere dal vantaggio economico per ipotesi riconosciuto, sarebbe di dubbia efficacia sulla qualità della vita, se regolata da una normativa uniforme.
Insomma, il socialismo è diventato più difficile. O forse, nella crisi delle ideologie che caratte
rizza la nostra epoca, si va perdendo il significato stesso di socialismo?
"Naturalmente Lombardi non è d’accordo. La caduta delle ideologie è un elemento positivo se inteso nel senso del superamento di quanto di mistificatorio c’era in ogni ideologismo esasperato. Certamente il messaggio palingenetico, messianico di cui le ideologie sono state portatrici nel passato, proprio per la sua estrema semplicità - la promessa di un "paradiso in terra" - costituiva un fattore di grande mobilitazione delle masse. Ma, una volta liberato dagli elementi mitici, il socialismo non ha perduto né la sua forza di attrazione, né la sua capacità di convincimento.
Il progetto di una società socialista ha ancora oggi alcuni fondamenti ineliminabili: dal punto di vista economico, la centralità del profitto e del valore di scambio deve essere sostituita da quella del valore d’uso; insomma, produrre per il consumo della popolazione, non per massimizzare il valore di scambio. "Sono concetti semplici e non sono neppure cos’ rivoluzionari. Quanto poi l messaggio politico che oggi esprime il socialismo, a me pare molto bella questa definizione:" Una società socialista è quella nella quale a ciascun individuo sia data la massima possibilità di influire sulla propria esistenza e sulla costruzione della propria vita".

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