Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 17 dicembre 2011

UE: rassegna stampa

FRANCIA: Il caso Chirac scuote la repubblica

Presseuro
Libération, 16 dicembre 2011
Il 15 dicembre, per la prima volta nella storia della Francia, un ex presidente della repubblica – Jacques Chirac – è stato condannato a due anni di prigione con la condizionale per "abuso di fiducia, malversazione e appropriazione indebita", scrive Libération. Il caso riguarda dei finti posti di lavoro al comune di Parigi che permettevano di finanziarie l'Rpr, il partito di Chirac al tempo in cui era sindaco di Parigi.
A 79 anni e sofferente di disturbi neurologici, Chirac ha deciso di non fare appello. Per Libération questa sentenza, arrivata dopo 16 anni di indagini, solleva il problema dello status penale del presidente e della sua immunità durante lo svolgimento delle sue funzioni:
Difficile ipotizzare che il capo dello stato possa essere condannabile come un semplice cittadino. Ma fra questo principio e la quasi immunità di cui ha beneficiato Chirac per quasi 20 anni vi è un margine di manovra. Nessuno dubita che i migliori esperti della giustizia e della Costituzione sapranno immaginare – come del resto hanno già fatto – un altra soluzione legale per il presidente. Uno status giuridico che permetta di evitare di interrogarsi sull'influenza di questa stranezza istituzionale sul corso della democrazia.
Sulla stessa lunghezza d'onda Le Monde, per il quale
questa condanna simbolica, anche se rafforza la giustizia e la democrazia, dovrebbe portare i politici, a quattro mesi dalle elezioni presidenziali, a rimettere in discussione la totale immunità del presidente della repubblica. [...] Garante dell'indipendenza della giustizia, il presidente è inattaccabile ma al tempo stesso ha la facoltà di denunciare chi vuole. Un potere del resto già utilizzato da Sarkozy. Un'evidente anomalia che deve essere corretta.

Svezia: Reinfeldt tace sull’unione fiscale

16 dicembre 2011
Presseurop
"Qual'è l'opinione del primo ministro Fredrik Reinfeldt sul nuovo patto fiscale dell’Ue? La Svezia vi deve prendere parte? È preoccupato per la possibile spaccatura dell’Unione?”. Nessuna risposta è stata ancora data a queste domande, constata Dagens Nyheter. Secondo il quotidiano, la Svezia sta per allontanarsi ulteriormente dal centro decisionale dell’Ue. "Il primo ministro dovrebbe spiegare chiaramente le conseguenze di un ‘no’ e se il governo è sempre convinto che la Svezia debba trovarsi al centro dell’Europa dovrà convincere il parlamento ad accettare tale accordo".
DN ricorda che la Svezia ha detto no all’euro con il referendum del 2003 e teme di vedere presto
un gruppo di paesi che viaggiano in prima classe e che prenderà le decisioni importanti, e altri che viaggiano in seconda classe e sono influenzati dalle decisioni dei primi ma non avranno alcuna voce in capitolo. E la Svezia, in compagnia di qualche altro paese, rischia di ritrovarsi sulla banchina a riflettere sul da farsi.
Anche Expressen si lamenta dell’indecisione del primo ministro:
Reinfeldt intende dire no ai membri del club dell’euro, ma con dolcezza. Più di ogni altra cosa non desidera che la Svezia si ritrovi in terza classe, dove David Cameron ha già messo la Gran Bretagna.
Aftonbladet si preoccupa per le possibili conseguenze dell'accordo e auspica che la Svezia ne resti fuori:
Tagli ai salari, tagli alle pensioni, più disoccupazione e più poteri delegati a Bruxelles: niente di tutto questo servirà a risolvere la crisi dell’euro. L’unica cosa che ha senso in questa crisi è l'intervento della Bce.


Presidenza polacca Ue – senza luci né ombre

Il semestre di turno della Polonia volge al termine. La stampa nazionale valuta i successi e i fallimenti di Varsavia alla guida dell'Unione.  
“La Polonia ce l’ha fatta”, è il titolo dell’editoriale di Gazeta Wyborcza. Secondo Jacek Pawlicki tra i risultati più importanti ottenuti dalla presidenza polacca ci sono “l’accordo sui brevetti unici nell’Ue e la firma del trattato di adesione della Croazia”, mentre il fallimento maggiore è l’insuccesso della politica orientale dell’Ue – dimostrato dall’inerzia nei confronti del regime di Lukashenko in Bielorussia e del processo a Yulia Tymoshenko in Ucraina.
Ma la Polonia ha fatto un buon lavoro
nei panni di uno degli ultimi guardiani dell’Unione della Comunità europea. La crisi ha messo in luce una spaccatura in Europa, e una deriva continentale verso un’unione intergovernativa che lascia presagire un ritorno della preminenza degli interessi nazionali su quelli europei. […] I sei mesi della presidenza polacca del Consiglio europeo probabilmente sono stati il periodo più difficile nella storia del progetto europeo a causa della crisi della zona euro. Non si sono fatte faville, ma non ci sono stati nemmeno scivoloni.
Sul quotidiano conservatore Rzeczpospolita Igor Janke sostiene che quella polacca è stata una “presidenza di facciata”, dato che  il centro decisionale non era nel paese che ne aveva la presidenza, né nel Consiglio dell’Unione europea, e neppure nella Commissione europea o nel Parlamento europeo, bensì in due capitali: Berlino e Parigi. 
Ormai sappiamo che per sei mesi la Polonia è stata soltanto un grande centro conferenze dove si sono svolti incontri, summit e vertici. Abbiamo svolto un bel po’ di lavoro d’ufficio, ma questo non significa governare davvero.
L'editoriale di Dziennik Gazeta Prawna ritiene che il governo polacco
abbia inutilmente attizzato l'interesse sulla presidenza. Non ha senso alimentare grandi aspettative su una funzione che, per sua stessa definizione, è priva di qualsiasi fascino. […] Un solo esempio per coloro che ingenuamente credono che la Polonia in questi sei mesi sia stata l’ombelico dell’Ue: venerdì scorso, i più importanti network televisivi globali stavano trasmettendo la conferenza stampa congiunta di Tusk, Barroso e Van Rompuy […] quando Angela Merkel ha cominciato il suo incontro personale con i giornalisti. Anche Euronews, la più filo-europea delle emittenti, è subito passata dalla conferenza dei tre a quella della cancelliera.

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