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martedì 31 gennaio 2012

CRISI: Eurozona, va bene il rigore, purchè non sia il Rigor Mortis

L’ennesimo vertice di Bruxelles ha prodotto un accordo sulle nuove regole di bilancio a cui dovranno attenersi i Paesi europei, con l’eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca. I Paesi che aderiranno al nuovo Trattato si sottoporranno ad una ferrea disciplina di bilancio, beneficiando della protezione del “fondo salva Stati” permanente, il cosiddetto European Stability Mechanism.
RIGORE E SOLIDARIETÁ – Ma il summit di Bruxelles ha soprattutto sancito la leadership della Germania in Europa. La posizione tedesca, ben espressa dalla Merkel anche a Davos, punta a coniugare rigore con solidarietà. La Germania ritiene cioè che dalla crisi sia emersa l’inefficacia dei meccanismi di controllo del precedente patto di stabilità europea. Di conseguenza, l’obiettivo tedesco è stato innanzitutto quello di rafforzare tali controlli per conseguire un maggior rigore delle politiche di bilancio dei Paesi europei. Solo in seconda battutala Germania è stata disposta a parlare di solidarietà. Quest’ultima da intendersi al massimo come una maggiore velocità di contribuzione da parte tedesca al fondo europeo di stabilità e non come un aumento dell’importo del fondo, fermo alla soglia dei 500 miliardi di euro. In realtà la posizione tedesca è stata più articolata, perchéla Germania ha sostenuto di non poter aumentare il proprio contributo al fondo, dato il rischio di assumere così un impegno non sostenibile nel lungo termine. Il che, a sua volta, avrebbe rappresentato una minaccia per la propria credibilità sui mercati finanziari, e di conseguenza, per lo stesso fondo salva Stati. Tuttavia, tenendo questa posizione,la Germania ha finto di dimenticare almeno quattro importanti aspetti della crisi attuale.
 PATTO DI STABILITÁ
Primo - la Germania è stata con la Francia tra i primi a sforare, nel 2003, il patto di stabilità. La mancanza franco-tedesca di disciplina è stata moralmente nefasta, perché ha rappresentato il via libera anche per altri Paesi, meno virtuosi e meno competitivi, nel non rispettare i vincoli europei.
Secondo - La Germania si sta avvantaggiando di tassi di interesse molto bassi rispetto ai suoi partners europei, che di fatto creano una Europa a due velocità. Può quindi investire di più ed accrescere la sua potenza, a detrimento delle economie degli altri Paesi europei.
Terzo - Se lo squilibrio attuale nasce anche da una diversa competitività strutturale dei vari Paesi europei, imporre rigore ed austerità a mezza Europa, non basterà a risolvere detto squilibrio ma potrebbe addirittura accentuarlo. La crescita italiana, spagnola o greca trova un limite nella politica tedesca. Quest’ultima è stata definita da uno storico illustre come Valerio Castronovo, nel libro “Il capitalismo ibrido”, come il frutto di una “strategia imperiale”.La Germania, cioè, da un lato tende ad allineare le politiche fiscali e sociali dell’Unione Europea ai criteri invalsi nel proprio contesto nazionale. Dall’altro però continua a premere il pedale delle proprie esportazioni, curandosi ben poco del fatto che i crescenti disavanzi commerciali di altri suoi partner possano pregiudicare la tenuta complessiva dell’Unione Europea.
DEBITO GRECO
Quarto - La Germania e la Francia, quando a Deauville hanno imposto alle banche private di farsi carico di una parte consistente della perdita sul debito sovrano greco, hanno contribuito, come a suo tempo Bush con l’inadeguata gestione dell’affaire Lehman Brothers, ad amplificare e non ridurre le spinte verso la disintegrazione europea. Dichiarando infatti l’incapacità di correre in soccorso della Grecia, i leaders europei hanno evidenziato agli investitori di tutto il mondo la fallibilità degli Stati sovrani europei. Allora ben venga Monti, finalmente sostenuto in politica estera da una larga maggioranza parlamentare, ad aprire gli occhi alla Germania, facendo capire che allinearsi al rigore va bene purché la Germania si impegni a sostenere politiche che, facendo anche leva sulle fresche energie dei giovani, consentano anche la crescita degli altri Paesi europei, che altrimenti avrebbero più di una ragione per chiedersi che senso abbia stare in Europa. Bene dunque il rigore, purché non sia rigor mortis. (di Alfonso Siano)

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