Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 27 marzo 2012

LAVORO: La crisi sorride agli imprenditori

Pressati dalla competizione interna all’Ue, i governi facilitano i licenziamenti e abbassano il costo del lavoro, realizzando sogni coltivati per anni dalle aziende.
Stephan Kaufmann 23 marzo 2012 Frankfurter Rundschau Francoforte
La crisi si fa sentire in Grecia, in Spagna, in Italia e in Portogallo. L’intera Europa del sud è in ginocchio. O quasi. In questi paesi infatti alcune vecchie rivendicazioni finiscono per realizzarsi. Come quelle di Juan Rosell, presidente dell’associazine degli imprenditori spagnoli Ceoe. Per anni Rosell ha chiesto maggiore flessibilità nei licenziamenti. Oggi il governo gli ha dato soddisfazione. “Non sarà l'ultima riforma del mercato del lavoro”, ha profetizzato Rosell, sicuro del suo successo. Per lui la crisi è un’ottima occasione.
Le imprese europee si fanno sempre più forti. Sotto la pressione della recessione e dei debiti pubblici, i governi cercano di ridurre i diritti dei lavoratori e i costi salariali. L’obiettivo è quello di arrivare a un lavoro più accessibile e quindi più attraente per gli investitori. “L’Europa sta diventando un paradiso per gli imprenditori. E tutto a spese dei lavoratori”, si rammarica Apostolos Kapsalis dell’istituto di ricerca della confederazione sindacale greca Gsee.
Di fronte all’esplosione della disoccupazione e al rigore imposto dall’Ue i sindacati sono sulla difensiva. In particolare in Grecia, dove il governo ha dato un taglio netto ai minimi salariali e ai sussidi di disoccupazione. “Ci saranno consistenti riduzioni degli stipendi”, avverte Michala Marcussen della banca Société Générale.
L’età pensionabile è stata innalzata. In questo modo non solo lo stato evita di pagare delle pensioni, ma aumenta anche il numero di candidati sul mercato del lavoro rendendo ancora più dura la concorrenza occupazionale. “La Grecia è la cavia da laboratorio delle riforme europee”, afferma Kapsalis. “Qui si testano le misure di rigore che possono passare”. Programmi analoghi sono già stati applicati in altri paesi, avverte il sindacalista.
In Spagna, per esempio, dove senza negoziare con i sindacati il governo a febbraio ha riformato il mercato del lavoro “in modo molto aggressivo", come ha riconosciuto lo stesso ministro dell’economia Luis de Guindos. I primi beneficiari di queste riforme sono le imprese: “Di fatto si tratta di aumentare i loro margini di profitto, e sul breve termine questo può essere fatto solo attraverso una riduzione dei costi salariali”, fa osservare Patrick Artus, economista presso la banca francese Natixis.
Ma l’ondata di riforme non riguarda solo i paesi più piccoli. Anche in Italia Mario Monti sta pensando di ridurre le garanzie per i lavoratori, fra cui gli ostacoli ai licenziamenti. Un primo tentativo era stato fatto nel 2002, ma era fallito di fronte alla reazione popolare. Una nuova occasione si presenta oggi – e il presidente del consiglio non vuole sprecarla. “Sulle questioni di politica economica, Monti si trova esattamente sulla nostra linea”, si felicita Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria.
Fate come Berlino
I politici europei hanno preso come modello la Germania, dove l’Agenda 2010 e la moderazione salariale hanno aumentato la redditività delle imprese e dove la crisi è stata superata da molto tempo. “Sul piano della concorrenza internazionale l’unica soluzione di cui dispone l’Europa per affrontare le potenze emergenti come la Cina e il Brasile è diventare competitiva come la Germania”, ha dichiarato a gennaio Angela Merkel.
Il livello degli stipendi e la produttività tedesca servono anche da unità di misura per la concorrenza europea – anche per la Francia, che ha perso quote di mercato internazionale, mentre la Germania rafforzava la sua posizione. Secondo i calcoli della Commerzbank la produzione di automobili francesi e italiane è crollata di quasi il 30 per cento fra il 2004 e il 2011, mentre nello stesso periodo i costruttori tedeschi vedevano la loro produzione crescere del 22 per cento.
Le riforme del mercato del lavoro non sono misure contro la crisi di breve periodo, ma devono essere considerata sul lungo termine. Gli Stati si stanno mettendo reciprocamente sotto pressione attraverso le loro strategie di riduzione dei costi. Anche paesi con salari bassi come la Croazia e la Repubblica Ceca devono introdurre maggiore flessibilità nel loro mercato del lavoro e ridurre i costi salariali per rilanciare la competitività, avverte l’Fmi. Questa competizione tra stati membri è ben vista dall’Ue, che vuole fare dell’Europa la regione più competitiva del mondo entro il 2020. “Abbiamo l’obbligo di definire una strategia di crescita”, ha dichiarato il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso.
Questo rilancio della competitività attraverso una riduzione dei costi salariali è perseguito a scapito dei redditi – e quindi del consumo delle famiglie. “Per diversi anni le misure adottate saranno un problema per la crescita e per il mercato del lavoro”, avverte Artus. Il problema è sapere se i diretti interessati sono d’accordo. I sindacati portoghesi hanno lanciato un appello allo sciopero generale, e gli spagnoli sembrano decisi a seguirne l’esempio. Il sindacalista greco Kapsalis invita i tedeschi a dimostrare maggiore solidarietà: “Perché oggi siamo noi a subire i tagli in casa nostra, ma un giorno toccherà di nuovo a voi”. (Traduzione di Andrea De Ritis)
Italia : Più tedeschi della Germania
Il governo Monti sembra deciso ad andare fino in fondo sulla riforma dell’articolo 18 del codice del lavoro, per anni invocata dagli industriali che vedono negli ostacoli ai licenziamenti il principale motivo della scarsa competitività dell’industria italiana. Finora nessun esecutivo “politico” è riuscito ad affrontare la questione a causa dell’accanita resistenza dei sindacati.
Il nodo della riforma, spiega La Repubblica, è l’abolizione dell’obbligo di reintegro per i dipendenti licenziati per motivi economici definiti insufficienti dal giudice competente: secondo i piani del governo, al dipendente licenziato andrebbe un indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità. In compenso dovrebbero essere introdotte maggiori tutele per i lavoratori precari. Non è ancora chiaro se la riforma, che dovrebbe approvata dal governo il 23 marzo per essere poi sottoposta all’esame del parlamento, si estenderà anche ai lavoratori statali. La Cgil, il principale sindacato italiano, ha già minacciato lo sciopero generale.
“Il governo Monti sta commettendo il suo primo serio errore?”, si chiede Gian Enrico Rusconi su La Stampa. Il premier ha dichiarato di ispirarsi al modello tedesco, ma finge di ignorare che esso si basa anche sulla concertazione con le parti sociali, che ha invece finora trascurato.
E’ tempo che Monti argomenti meglio la dimensione europea della sua azione di governo, senza riferirsi esclusivamente agli indicatori di mercato, alle Borse o ad altri dati del cui valore relativo lui stesso è ben consapevole. [...] Suppongo che anche «i tecnici» sappiano quale risorsa straordinaria e insostituibile per l’efficienza del sistema lavorativo sia il consenso sociale

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