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giovedì 19 aprile 2012

PIEMONTE: Caccia allo spreco

Referendum sull'attività venatoria: 22 mln di euro per boicottare il sì.

Torino, 19 Aprile 2012  - Manca più di un mese, ma in Piemonte la campagna per il referendum sulla caccia è già nel vivo. Da un lato ci sono gli animalisti del comitato promotore, dall’altro i cacciatori e le loro associazioni di categoria. Una battaglia che si combatte soprattutto su web e social network, ma che finora ha prodotto molta confusione.
CONFUSIONE SUGLI OBIETTIVI. Sono in tanti a pensare che la consultazione popolare miri ad abolire l'attività venatoria, infatti. Ma non è così: l'obiettivo è porre dei limiti. Il 3 giugno, i piemontesi saranno chiamati a esprimersi solo per limitare la legge regionale che regola l’attività venatoria. Per modificare la norma bisognerà votare sì e raggiungere il quorum del 50% di votanti.
Sul tema, il conflitto è aspro. Ma cacciatori e ambientalisti si trovano d'accordo almeno su un punto: il referendum costa troppo. Non accorparlo alle amministrative di maggio comporta un esborso di 22 milioni di euro, per i quali la Regione Piemonte ha dovuto addirittura chiedere un mutuo.

Con la vittoria del sì, caccia limitata a quattro specie e solo nei giorni feriali

Il quesito è ingarbugliato e contenuto in un documento di oltre due pagine. I contenuti, però, possono essere riassunti in quattro punti salienti : divieto di caccia la domenica e in caso di terreno innevato, esclusione dall’attività venatoria di 25 specie animali e limitazione dei privilegi concessi alle aziende faunistico-venatorie.
Se le ragioni del sì dovessero avere la meglio, sarà vietata l’attività venatoria durante la domenica. Il comitato promotore che racchiude, tra gli altri, Pro natura, Wwf e Legambiente, giustifica la scelta come una tutela per «i frequentatori “disarmati”». Si vuole evitare, in pratica, che escursionisti, agricoltori o cercatori di funghi corrano il rischio di venire colpiti da un proiettile vagante. L’attività venatoria, quindi, rimarrebbe praticabile solo nei giorni feriali.
MAI CON LA NEVE. In caso di voto affermativo, inoltre, non sarà più possibile cacciare con terreno coperto di neve. In realtà la legge piemontese vieta già questo tipo di pratica, ma ammette delle eccezioni per la caccia alla lepre, agli ungulati (come cinghiali, cervi e caprioli) e per la caccia alpina. «L'obiettivo è ripristinare la regola escludendo tutte le eccezioni: se nevica niente caccia, in ogni caso», ha spiegato Piero Belletti, docente della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino e fermo sostenitore del referendum.
ESCLUSI 25 TIPI DI ANIMALI. Il ventaglio per i cacciatori, inoltre, rischia di essere ridotto ancora di più. Il punto centrale del referendum, infatti, è l’esclusione dall’attività venatoria di 25 specie animali.
Si potranno cacciare solamente cinghiali, lepri, fagiani e minilepri. «Ci sono specie a rischio che devono essere tutelate», spiega Belletti riferendosi, per esempio, al gallo forcello e alla pernice bianca, anche se, con la modifica della legge, non potranno più essere cacciati neanche cervi, caprioli e volpi, per i quali, in realtà, non c’è nessun rischio estinzione.
Insomma, con la vittoria del sì l'attività venatoria verrebbe ridimensionata: «La caccia deve essere uno strumento solo per animali in soprannumero o che rischiano di provocare danni all'attività agricola», spiega chiaramente Belletti.
LIMITE DI CARNIERE PER LE EX RISERVE. Ma non solo. Il referendum vuole abolire anche i privilegi per chi può permettersi di andare a caccia in strutture private.
Di fatto, ora nelle ex riserve private c'è più indipendenza rispetto al territorio libero, perché qui per molte specie non si applicano i limiti di carniere, cioè il quantitativo massimo di animali che si possono uccidere per uso alimentare privato.
I cacciatori che si rivolgono a queste aziende, quindi, godono di un trattamento differente rispetto ai loro colleghi, con la possibilità di uccidere un numero maggiore di animali che spesso qui vengono allevati con l'unico scopo di diventare prede.
Per gli animalisti, il limite di carniere deve essere rispettato anche nelle ex riserve. «Altrimenti, si corre il rischio che un cacciatore possa fare quello che vuole, basta che paghi. Noi crediamo, invece, che la fauna selvatica sia un patrimonio di tutti: prima vanno tutelati gli interessi collettivi, poi quelli dei cacciatori». 

Federcaccia: «Un referendum contro natura voluto da fanatici ambientalisti»

Se da un lato le associazioni ambientaliste provano a far capire che il loro intento non è l’abolizione della caccia, dall’altro non esitano a definire i cacciatori «una minoranza armata». E i toni del dibattito sono sempre più aspri. A favore del referendum, si è schierata anche l’astrofisica Margherita Hack. «La caccia è uno sport barbaro, una vergogna», ha detto in un video messaggio, «gli animali non sono di proprietà dell’uomo: fanno parte della natura e hanno diritto di vivere: andate a votare e votate sì».
«FOLLIA DI POCHI ESTREMISTI». I cacciatori, c’era da aspettarselo, non l’hanno presa bene. Dalle pagine del periodico dell’associazione, il presidente piemontese di Federcaccia Bruno Morena ha risposto agli animalisti a viso aperto. «Comunque andranno le cose», si legge, «ribadiamo che si tratta di una follia voluta da pochi estremisti per creare danni alla collettività, al solo scopo di avere consensi per affermarsi politicamente».
Secondo Morena, le scelte degli animalisti provocherebbero addirittura un danno all’ambiente e all’ecosistema. «I fanatici ambientalisti e fondamentalisti, sedicenti amanti della natura e del mondo animale, vogliono l’approvazione di una legge contro natura che produrrà solo danni alla stessa fauna».
Per le associazioni di categoria, infatti, la caccia è un importante strumento di controllo e salvaguardia dell’ecosistema, oltre che una difesa per le comunità agricole piemontesi. E questa attività verrebbe minacciata nel caso di una vittoria del sì.
La battaglia, quindi, non si combatte solo sul fronte ideologico ma anche su quello economico. «Una delle conseguenze è che i cacciatori piemontesi vadano a cacciare in altre regioni, lasciando al Piemonte solo gli oneri da pagare per i danni all’ecosistema», ha commentato il portavoce di Federcaccia Gianfranco Francisetti.

VOTARE COSTA 22 MILIONI DI EURO. Su un punto, però, cacciatori e ambientalisti si trovano d'accordo: il referendum costa troppo. Secondo Beppe Tassone, consigliere del Partito democratico (Pd) di Cuneo, la Regione Piemonte avrebbe chiesto un mutuo di 22 milioni di euro per finanziare la consultazione referendaria.
Una spesa che si sarebbe potuta evitare se il governatore Roberto Cota avesse deciso di accorpare il referendum alle elezioni amministrative di maggio. «Si tratta di una scelta politica», ha detto Tassone, «perché Cota considera i cacciatori un bacino di voti e il mancato accorpamento è un modo per boicottare il referendum e trarne vantaggio elettorale».
(di Andrea Dotti pubblicato da Lettera 24)

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