Bernard
Guetta 24 maggio 2012 FRANCE INTER PARIGI
Nell’Unione
vi è una grande differenza fra un vertice e un vertice informale. Il vertice
ufficiale dovrebbe portare a delle decisioni, mentre un vertice informale, come
quello di ieri sera, ha solo lo scopo di stabilire dei rapporti di forza fra le
diverse posizioni e delineare quei compromessi che sono l’essenza stessa
dell'Unione.
È
quello che è successo ieri. Nelle circa sei ore di discussione François
Hollande ha mosso le sue pedine di fronte alla cancelliera tedesca, che ha
ripetuto che “gli eurobond non rappresentano un contributo alla crescita”.
Sostenuta da diversi paesi fra cui Svezia, Finlandia e Paesi Bassi, Angela
Merkel ha ribadito la sua opposizione a questa idea difesa dalla Francia di
mutualizzare i debiti degli stati membri in modo che tutti – fornendo una
garanzia comune – possano beneficiare di tassi uguali e largamente inferiori a
quelli che sono oggi imposti ai paesi più deboli.
Ma
questa idea non ha raccolto dei consensi unanimi e, come previsto, non è stata
accettata. Tuttavia la situazione si è modificata. Oltre alle solide
convergenze sulla necessità di investimenti comuni, si è ormai constatato – una
novità – che gli eurobond sono visti con favore nella maggior parte dei paesi
dell'Unione, compreso il Regno Unito che di solito blocca tutto quello che può
portare a una maggiore integrazione delle politiche europee.
Oggi
il dibattito non è più tra governi liberali e socialdemocratici o tra paesi
favorevoli a un’Europa delle nazioni e i sostenitori del federalismo. Il
dibattito ha assunto un carattere molto più pragmatico sui modi migliori per
rilanciare la crescita e per ristabilire i conti pubblici – un “dibattito
equilibrato”, ha osservato Merkel – e si è concluso con la definizione di una
tabella di marcia.
Il
presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy è stato incaricato di
presentare al vertice del 28 giugno un rapporto sulle fasi di “approfondimento
dell’Unione monetaria” e in particolare “sugli eurobond in una prospettiva di
lungo termine, su una supervisione delle banche più integrate e su uno schema
comune dei depositi bancari”.
Invece
di litigare, gli europei si sono mostrati determinati ad avviarsi verso una
maggiore integrazione economica e a inserire la questione degli eurobond in
questa dinamica. Il discreto e abile van Rompuy avrà cinque settimane per
mettere a punto tutto questo e per superare l’opposizione di chi non ammette
più che i paesi deboli non abbiano un soldo da investire nella loro crescita
perché devono finanziarsi a dei tassi insostenibili e chi invece, come Merkel,
teme che questi paesi abbandonino i loro sforzi di risanamento non appena
potranno indebitarsi a condizioni migliori.
Fra
queste due posizioni l’unico compromesso possibile era quello di stabilire
delle più ampie regole comuni e di spingere l’integrazione ancora più lontano.
È quello che gli europei hanno deciso di fare, e se ci riusciranno l’Unione
avrà fatto un grande passo avanti, come sempre sul filo del rasoio. (Traduzione
di Andrea De Ritis)
Dalla Germania
Merkozy è morto e sepolto
Il
vento a Bruxelles è cambiato, nota Die
Zeit all’indomani del vertice del 23 maggio: insediatosi da meno di dieci
giorni, il presidente francese François Hollande ha rotto l’intesa che
caratterizzava la coppia Merkel-Sarkozy e ha spinto la cancelliera sulla
difensiva con le sue proposte sulla crescita e sugli eurobond. Resta da capire
se le idee di Hollande saranno abbastanza solide da affrontare la crisi:
Ma
qual’è la vera differenza che fa Hollande? Cosa resterà di tutte queste
smargiassate, dagli eurobond al patto per la crescita, quando lo slancio
iniziale sarà passato e la crisi avrà stritolato il nuovo presidente? Hollande
ha approfittato dei suoi primi giorni al potere per influenzare l’agenda
dell’Europa. Non è riuscito a isolare Merkel, ma l’ha messa sulla difensiva. In
ogni caso il “no” [della cancelliera] è una posizione difficile da mantenere,
se non cambieranno le cose. E sarà ancora più difficile da mantenere se l’altro
continuerà a fare proposte.
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