Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 26 maggio 2012

ITALIA - Il Pd ha paura del socialismo europeo?

 “In Europa non c’è alternativa al Pse”, questo è quanto affermato da un articolo di questi giorni, scritto dall’eurodeputato Leonardo Domenici. Un articolo che già dal titolo evidenzia come il tema della collocazione europea metta in difficoltà lo stato maggiore dei Democrats, poiché il titolo giusto per un partito riformista e progressista quale è, o dovrebbe essere il Pd, sarebbe dovuto essere: “In Europa la collocazione naturale del Pd è il Pse”. Ma veniamo a delle considerazioni.
Il già sindaco di Firenze ha affermato senza mezzi termini che il Pd dovrebbe aderire al Partito del socialismo europeo già dal prossimo congresso che si terrà a Bucarest il prossimo ottobre, rafforzando le tesi di Sergio Cofferati che, dalle colonne dell’Unità, ha riaperto l’amletico dibattito sull’adesione del Pd al Pse, che però non ha trovato consenso tra i neo guelfisti del partito.
Da militante del Psi, partito da sempre facente parte del Pse, la cosa che mi lascia perplesso è però l’errata convinzione che emerge da ciò che afferma Domenici, e cioè che lo stare a pieno titolo nel Pse non ha a che fare con ragioni ideologico-identitarie, ma risponderebbe ad una esigenza di carattere politico-funzionale che riguarderebbe l’efficacia della presenza e dell’iniziativa del Pd a livello europeo.
Ecco, l’errore di fondo è proprio in questa visione del socialismo europeo. Aderire al Pse o essere membri del Pse è una questione tutta identitaria ed ideologica. Aderire alla piattaforma del socialismo europeo implica infatti riconoscersi in valori cardine come quelli della solidarietà, dell’inclusione, dei diritti, in sintesi riconoscersi in quell’umanesimo chiamato “socialismo” che per milioni di persone ha significato ed ancora continua a significare: progresso e dignità.
La verità è però un’altra: nel Pd in molti forse credono, come lo stesso Domenici, che l’appartenenza alla famiglia europea serva solo come mera presenza tattica e non strategica, evidenziando nuovamente, se mai ce ne fosse bisogno, che l’ attuale classe dirigente del Pd, ex Pci-Pds-Ds, ha da sempre l’orticaria quando si parla di socialismo libertario e liberale, coordinate principali del socialismo europeo e italiano.
Ecco perché se il Pd avesse davvero intenzione di approdare finalmente ad un progetto socialdemocratico in Italia, facendo naufragare quello incerto attuale, non si parlerebbe di “mancanza di alternativa” per il Pd nel Pse, dicendola alla Domenici, né del socialismo europeo dell’ultimo ventennio come di un’”esperienza discutibile”.
Una riflessione più ampia per questo dovrebbe partire proprio dalla mai avvenuta presa d’atto che lo scioglimento del Pci avrebbe dovuto far approdare tutto il gruppo dei quarantenni di allora, D’Alema, Veltroni, Fassino, ad un revisionismo ideologico che sfociasse nel fiume socialista. Dopo più di vent’anni però, gli ex Pci, oggi Pd, ma in un passato recente con i Ds a pieno titolo nel Pse, non riescono a pronunciare la parola “socialismo”; ma nulla è perduto, ecco perché sin da subito dovremmo impegnarci, senza acredini del passato, a costruire in Italia un partito unico della sinistra, progressista e socialista, che possa a pieno titolo ed in modo naturale essere il punto di riferimento per tutti i partiti europei all’ interno del Pse. Il momento è propizio, la Seconda Repubblica è naufragata lì da dove era partita nel mare del giustizialismo e della menzogna. A voi la scelta. (Luigi Iorio Segreteria Nazionale Psi)

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