“In Europa non c’è alternativa al Pse”, questo
è quanto affermato da un articolo di questi giorni, scritto dall’eurodeputato
Leonardo Domenici. Un articolo che già dal titolo evidenzia come il tema della
collocazione europea metta in difficoltà lo stato maggiore dei Democrats,
poiché il titolo giusto per un partito riformista e progressista quale è, o
dovrebbe essere il Pd, sarebbe dovuto essere: “In Europa la collocazione
naturale del Pd è il Pse”. Ma veniamo a delle considerazioni.
Il già sindaco di Firenze ha
affermato senza mezzi termini che il Pd dovrebbe aderire al Partito del
socialismo europeo già dal prossimo congresso che si terrà a Bucarest il
prossimo ottobre, rafforzando le tesi di Sergio Cofferati che, dalle colonne
dell’Unità, ha riaperto l’amletico dibattito sull’adesione del
Pd al Pse, che però non ha trovato consenso tra i neo guelfisti del partito.
Da militante del Psi, partito da
sempre facente parte del Pse, la cosa che mi lascia perplesso è però l’errata
convinzione che emerge da ciò che afferma Domenici, e cioè che lo stare a pieno
titolo nel Pse non ha a che fare con ragioni ideologico-identitarie, ma
risponderebbe ad una esigenza di carattere politico-funzionale che
riguarderebbe l’efficacia della presenza e dell’iniziativa del Pd a livello
europeo.
Ecco, l’errore di fondo è proprio in
questa visione del socialismo europeo. Aderire al Pse o essere membri del Pse è
una questione tutta identitaria ed ideologica. Aderire alla piattaforma del
socialismo europeo implica infatti riconoscersi in valori cardine come quelli
della solidarietà, dell’inclusione, dei diritti, in sintesi riconoscersi in
quell’umanesimo chiamato “socialismo” che per milioni di persone ha significato
ed ancora continua a significare: progresso e dignità.
La verità è però un’altra: nel Pd in
molti forse credono, come lo stesso Domenici, che l’appartenenza alla famiglia
europea serva solo come mera presenza tattica e non strategica, evidenziando
nuovamente, se mai ce ne fosse bisogno, che l’ attuale classe dirigente del Pd,
ex Pci-Pds-Ds, ha da sempre l’orticaria quando si parla di socialismo
libertario e liberale, coordinate principali del socialismo europeo e italiano.
Ecco perché se il Pd avesse davvero
intenzione di approdare finalmente ad un progetto socialdemocratico in Italia,
facendo naufragare quello incerto attuale, non si parlerebbe di “mancanza di
alternativa” per il Pd nel Pse, dicendola alla Domenici, né del socialismo
europeo dell’ultimo ventennio come di un’”esperienza discutibile”.
Una riflessione più ampia per questo
dovrebbe partire proprio dalla mai avvenuta presa d’atto che lo scioglimento
del Pci avrebbe dovuto far approdare tutto il gruppo dei quarantenni di allora,
D’Alema, Veltroni, Fassino, ad un revisionismo ideologico che sfociasse nel
fiume socialista. Dopo più di vent’anni però, gli ex Pci, oggi Pd, ma in un
passato recente con i Ds a pieno titolo nel Pse, non riescono a pronunciare la
parola “socialismo”; ma nulla è perduto, ecco perché sin da subito dovremmo
impegnarci, senza acredini del passato, a costruire in Italia un partito unico
della sinistra, progressista e socialista, che possa a pieno titolo ed in modo
naturale essere il punto di riferimento per tutti i partiti europei all’
interno del Pse. Il momento è propizio, la Seconda Repubblica è naufragata lì
da dove era partita nel mare del giustizialismo e della menzogna. A voi la
scelta. (Luigi Iorio Segreteria Nazionale Psi)
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