«È ora di ricostruire la Libia», e Abdel Hakim Belhaj, capo del
Consiglio militare di Tripoli, ha deciso di scendere in campo, dimettendosi
dall'incarico per dedicarsi a tempo pieno alla politica.
L'ex leader del Gruppo combattente dei libici islamici (Lifg), formazione anti-Gheddafi e, secondo alcuni studiosi, autore di tre tentativi di uccidere il rais, ha intenzione di formare un suo partito.
Non è chiaro quali saranno le prossime mosse: gli osservatori ipotizzano che la nuova formazione politica non riesca a debuttare in tempo per le elezioni dell'Assemblea costituente, previste il 19 giugno, e punti a quelle politiche, che verranno indette subito dopo l'approvazione della nuova Costituzione.
L'ex leader del Gruppo combattente dei libici islamici (Lifg), formazione anti-Gheddafi e, secondo alcuni studiosi, autore di tre tentativi di uccidere il rais, ha intenzione di formare un suo partito.
Non è chiaro quali saranno le prossime mosse: gli osservatori ipotizzano che la nuova formazione politica non riesca a debuttare in tempo per le elezioni dell'Assemblea costituente, previste il 19 giugno, e punti a quelle politiche, che verranno indette subito dopo l'approvazione della nuova Costituzione.
BELHAJ HA UFFICIALIZZATO LE DIMISSIONI. Intanto, Belhaj ha ufficializzato
le proprie dimissioni, e il Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt)
dovrebbe nominare un nuovo capo del Consiglio militare di Tripoli, che conta su
una forza armata di oltre 25 mila uomini.
Nato nel 1966 nella Capitale libica, una laurea in ingegneria, Belhaj ha un passato di combattente al fianco dei mujaheddin afghani all'epoca dell'invasione sovietica.
Quando tornò in patria, costituì il gruppo islamico anti-Gheddafi, poi rientrò nuovamente in Afghanistan, questa volta sotto l'egida dei talebani.
Nato nel 1966 nella Capitale libica, una laurea in ingegneria, Belhaj ha un passato di combattente al fianco dei mujaheddin afghani all'epoca dell'invasione sovietica.
Quando tornò in patria, costituì il gruppo islamico anti-Gheddafi, poi rientrò nuovamente in Afghanistan, questa volta sotto l'egida dei talebani.
ACCUSATO DI AVERE LEGAMI CON AL QAEDA. Nel 2002 il regime di
Muammar Gheddafi spiccò un mandato di cattura nei suoi confronti accusandolo di
avere «stretti legami» con al Qaeda e con il mullah Omar.
Due anni dopo fu catturato in Thailandia con la collaborazione della Cia e del MI6 e poi restituito al regime di Gheddafi, dopo una tappa nel carcere speciale di Guantanamo, nell'ambito del programma di 'rendition' più volte messa in atto dall'intelligence Usa.
Uscì di cella nel 2010, amnistiato da Saif al-Islam.
Due anni dopo fu catturato in Thailandia con la collaborazione della Cia e del MI6 e poi restituito al regime di Gheddafi, dopo una tappa nel carcere speciale di Guantanamo, nell'ambito del programma di 'rendition' più volte messa in atto dall'intelligence Usa.
Uscì di cella nel 2010, amnistiato da Saif al-Islam.
CON LA SUA FAZIONE POSE FINE AL POTERE DI
GHEDDAFI. Pochi mesi dopo guidò una delle fazioni più agguerrite della
rivolta, quella che a fine agosto, con l'aiuto dei Tuwar (rivoluzionari) del
Jebel Nafusa, pose fine allo strapotere di Gheddafi, costringendo lui e la sua
famiglia a una precipitosa ritirata, e ad abbandonare la Capitale nelle mani
dei ribelli.
Ma non è tanto il suo discusso passato a preoccupare alcuni settori del Cnt: Belhaj sarebbe sostenuto direttamente dal Qatar, che avrebbe elargito aiuti a pioggia, economici e militari. Lui si definisce 'un normale cittadino che combatte per una causa comune', ma è certamente uno dei leader più amati in un Paese in cui si profila una Costituzione con la Sharia come principale fonte di diritto, come numerosi esponenti del Cnt hanno anticipato. E forse potrebbe essere proprio lui quell'uomo forte' che secondo i sondaggi i libici aspettano nella Libia post-Gheddafi.
Ma non è tanto il suo discusso passato a preoccupare alcuni settori del Cnt: Belhaj sarebbe sostenuto direttamente dal Qatar, che avrebbe elargito aiuti a pioggia, economici e militari. Lui si definisce 'un normale cittadino che combatte per una causa comune', ma è certamente uno dei leader più amati in un Paese in cui si profila una Costituzione con la Sharia come principale fonte di diritto, come numerosi esponenti del Cnt hanno anticipato. E forse potrebbe essere proprio lui quell'uomo forte' che secondo i sondaggi i libici aspettano nella Libia post-Gheddafi.
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