Belgrado, 25 mag. - Dopo l'inattesa vittoria del nazionalista
moderato, Tomislav Nikolic, in Serbia potrebbero non essere finite le sorprese
legate alle elezioni presidenziali del 20 maggio scorso. Il grande sconfitto
alle urne, Boris Tadic, presidente filoeuropeista uscente, potrebbe infatti
rientrare alla guida del Paese, nelle vesti, per lui inedite, di capo del
governo. Fornendo in questo modo anche una solida garanzia all'eurointegrazione
del Paese, ora che c'è come presidente un politico cresciuto nelle fila della
destra ultra-nazionalista. Oggi la presidenza del Partito democratico (Ds) di
Tadic è riunita di urgenza a Belgrado, con la promessa di raggiungere un
verdetto unitario e definitivo sul proprio candidato premier.
"Non sarò io il premier del nuovo governo", affermò Tadic, a caldo, dopo aver visto sfumare il terzo mandato consecutivo da capo di Stato. Ciononostante, nell'ottica di una 'coabitazione' con un presidente di centro-destra, un contraltare forte alla guida dell'esecutivo, Tadic appunto, sembra incontrare il favore anche dei principali alleati politici dei democratici.
A cominciare dal Partito socialista serbo (Sps) - decretato terza forza politica dalle legislative del sei maggio - che punta a creare un secondo governo, dopo quello uscente, insieme ai Democratici, relegando all'opposizione il Partito progressista serbo (Sns) del neo-presidente, Nikolic. "Tadic sarebbe la scelta migliore per questa posizione (di premier)", ha dato la sua benedizione il leader socialista, Ivica Dacic.
"Non sarò io il premier del nuovo governo", affermò Tadic, a caldo, dopo aver visto sfumare il terzo mandato consecutivo da capo di Stato. Ciononostante, nell'ottica di una 'coabitazione' con un presidente di centro-destra, un contraltare forte alla guida dell'esecutivo, Tadic appunto, sembra incontrare il favore anche dei principali alleati politici dei democratici.
A cominciare dal Partito socialista serbo (Sps) - decretato terza forza politica dalle legislative del sei maggio - che punta a creare un secondo governo, dopo quello uscente, insieme ai Democratici, relegando all'opposizione il Partito progressista serbo (Sns) del neo-presidente, Nikolic. "Tadic sarebbe la scelta migliore per questa posizione (di premier)", ha dato la sua benedizione il leader socialista, Ivica Dacic.
Il dinar paga la crisi greca
25 maggio 2012 Le Monde
La crisi dell’eurozona colpisce anche paesi che non hanno
adottato la moneta unica come la Serbia, che ha visto la sua moneta crollare
fino a quota “116 dinar per un euro, obbligando la banca centrale a correre in
aiuto spendendo 80 milioni di euro delle proprie riserve”, spiega Le Monde.
Lo scenario emerso dalle elezioni presidenziali del 20 maggio
scorso è tra le cause del degrado del clima di fiducia:
Gli investitori hanno abbandonato in massa la moneta […] dopo
il fallimento della coalizione di governo di Tadic, che incarnava la volontà di
entrare a far parte dell’Unione europea, e la vittoria del leader della destra
Tomislav Nikolic […] che avrà difficoltà a formare un governo.
Belgrado è inoltre dipendente dalle “banche straniere dei
paesi Ue, con una parte relativamente sostanziosa di banche greche e italiane”.
Ecco perché c’è da temere “un nuovo restringimento del credito nella regione”,
sottolinea il quotidiano francese.
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