Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 29 maggio 2012

SIRIA – Il silenzio degli innocenti


I bambini di Homs fuggono dalle bombe verso il campo di Aarsal, in Libano. Terre des Hommes: «In molti non parlano».


di Giovanna Faggionato
Martedì, 29 Maggio 2012 - Stanno in silenzio i bambini di Aarsal, cittadina nel Nord del Libano. Vivono qui, 45 chilometri a Sud di Homs, con altri 3 mila rifugiati siriani. «E, da quando sono arrivati, in molti non parlano», spiega Mauro Clerici, cooperante di Terre des Hommes che si occupa di coordinare gli aiuti ai profughi in fuga dalla Siria.
La voce tremula si percepisce con difficoltà dalla cornetta del telefono. Sembra pronta a spezzarsi definitivamente. Ma gli si ricompone in gola di colpo appena comincia a raccontare della scuola che sono riusciti ad avviare nel campo: «La maggior parte di loro non ci andava da due anni. A Homs hanno passato giorni rinchiusi in casa, aspettando la fine delle incursioni».
SILENZIO DOPO LA VIOLENZA. Sotto le bombe, i bambini fuggiti ad Aarsal hanno avuto come pane quotidiano solo violenza, veleno liquido che scava dentro e toglie le parole. Il silenzio dei piccoli profughi, ora, è lo stesso che circonda i corpicini inanimati della strage di Hula, in ordine sotto le coperte colorate, con i pigiami imbrattati di sangue e il sonno innocente interrotto dall'orrore.
Molti sono arrivati con famiglie a metà, dieci persino da soli, attraversando le montagne rocciose al confine tra i due Paesi. Rischiando di trovarsi di fronte l'esercito siriano o di sgretolarsi su una mina.
L'INCERTEZZA SUL FUTURO. Mentre gli altri assistono i rifugiati, Clerici fa la spola con Beirut e Tripoli, tiene i rapporti con l'ambasciata e tenta di capire che cosa può succedere adesso, dopo che il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha condannato la strage di bambini.

In Libano 14 mila profughi siriani, 22 mila secondo stime ufficiose

Riconosciuto, infine, il fallimento del piano di pace di Kofi Annan, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha promesso di aprire un dialogo diretto con la Russia, grande alleato del regime di Bashar al Assad e unico oppositore - in Consiglio di sicurezza - a una condanna del dittatore.
Il confronto con Vladimir Putin è l'ultima alternativa rimasta alle potenze occidentali, oltre a un rischiosissimo intervento sul campo che nessuno vuole davvero.
CONSEGUENZE IMMEDIATE. Si tratta di decisioni (o non decisioni) lontane milioni di chilometri, ma che qui nel Paese degli Hezbollah filo iraniani si sentono in modo immediato.
Il Libano ospita ufficialmente 14 mila profughi siriani, 22 mila secondo le stime uffiiciose. Come i rifugiati, però, anche gli scontri armati hanno superato il confine.
La Siria è diventata il catalizzatore di tutte le opposte forze della regione, una nuova cortina di ferro, una chiave di volta che potrebbe far crollare tutto l'arco. E il Libano è il primo Stato che potrebbe far saltare nella polveriera.
RISCHIO DI GUERRA CIVILE. Il governo ha sempre cercato di tenere un basso profilo, per non avvitarsi nella crisi siriana. Ha accolto i rifugiati “ufficiosamente”, semplicemente lasciando mano libera a comuni e polizia locale.
Ma qualche settimana fa, l'arresto di un leader dei salafiti ha scatenato scontri con gli alawiti. «Abbiamo rischiato una guerra civile», racconta Clerici, «e ora il territorio è pattugliato e ci sono blocchi stradali ovunque: l'idea di un conflitto spaventa tutti».

Le difficoltà dei cooperanti e l'esodo di massa verso Aarsal

Il Nord della Siria è una terra ostile per gli stessi cooperanti. Non solo per la presenza dell'esercito, né per le mine che attendono chi cerca riparo in fuga da Homs: gli stranieri rischiano di essere rapiti per denaro.
Così, sono soprattutto gli operatori locali a cercare gli alloggi ai rifugiati, in strutture comunali o sotto il tetto dorato di moschee abbandonate.
STRUTTURE INSUFFICIENTI. All'inizio, la solidarietà era diffusa. Poi, con gli ultimi arrivi, la città di Aarsal sta esaurendo le risorse. La prima ondata di siriani era composta da lavoratori stagionali che, dopo i soliti sei mesi in Libano, non hanno voluto far rientro in patria. Poi è stata la volta di chi se lo poteva permettere: i ricchi in grado di comprarsi i visti. Ora stanno arrivando tutti: è il momento dei poveri cristi.
Terre des Hommes fornisce sostegno psico-sociale e attività educative. La scuola è il progetto di cui vanno più orgogliosi. L'organizzazione non governativa, infatti, è riuscita a reclutare insegnanti per organizzare qualche lezione. Il primo giorno si sono presentati 300 bambini ma i maestri e lo spazio bastavano appena per 60.
GLI AIUTI IMPOSSIBILI. «Ci hanno chiesto di intervenire anche in Siria», ha concluso Clerici sconsolato, «ma lì non abbiamo alcuna garanzia, la situazione è talmente compromessa che sappiamo di poter finire sotto il controllo dei servizi e non sappiamo a favore di chi andrebbe il nostro lavoro».

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