Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


mercoledì 23 maggio 2012

UNA LETTERA AI MIEI COETANEI

Una lettera ai miei coetanei.

Di Lucia Rocco

Avevo all’incirca 8 anni quando scoppiò Tangentopoli.

Ricordo manette e monetine e, pur non capendo il senso profondo di ciò che stesse succedendo, si insinuò nella mia mente un’idea: la politica è corrotta e chi se ne occupa lo fa solo per propri interessi.

Una volta alle elementari chiesi al mio maestro di religione se per caso Gesù fosse stato di sinistra. Mi sarebbe sembrato abbastanza logico, poi però andarono a chiamare i miei genitori per un colloquio col maestro. Cosa c’era di male?

Crescendo ho cominciato a frequentare i collettivi studenteschi, anche verso di loro si era imposta quell’idea “Sono un branco di giovani che non hanno voglia di far niente e si inventano proteste!” Noi ci arrabbiavamo perché in realtà ci credevamo sul serio al fatto che la scuola avesse problemi oppure che il conflitto israelo-palestinese ci dovesse interessare in prima persona in quanto “cittadini del mondo”! Ma non avevamo molto seguito.

Lasciai quei gruppi per fare un salto in un mondo “più grande”: mi iscrissi in una giovanile di un partito che ormai nemmeno esiste più. Dovetti sentire giudizi che, come leit motiv, risuonavano ogni qual volta dichiaravo la mia passione per la politica: “Perché perdi tempo coi partiti? tanto mica decidi tu, ma chi ha interessi molto più grandi dei tuoi!” oppure, quello che più ho odiato, “Anche il politico più sincero prima o poi, per ottenere quello che vuole, cede al ricatto!” E io non riuscivo mai a dire che mediazione non significa tradimento, non riuscivo mai a spiegarmi, le loro orecchie erano già chiuse nella loro ottusa convinzione che “i politici sono tutti mariuoli!”

All’università è stato lo stesso: “Studia, non perdere tempo con la politica! mettiti sotto! devi eccellere se non vuoi essere uno dei milioni di precari che già ci sono!” Non passa mai per la mente di chi sostiene queste idee che si può immaginare, e quindi lottare per ottenerlo, un paese senza precariato piuttosto che inimicarsi colleghi in una lotta per l’eccellenza?

Non mi sono mai vergognata della passione per la politica, del mio desiderare di essere felice in una società giusta ed uguale, ma non posso negare di essermi più volte sentita in distonia proprio con quelle persone che nel ’93 lanciavano monetine, denunciando persone corrotte. Proprio con quelle persone che hanno accettato che venissero distrutti gli stessi anticorpi della convivenza civile: gli ideali, la partecipazione e l’impegno politico.

Per vent’anni si è gridato allo scandalo per le ruberie che sono continuate, per lo strapotere di certa classe dirigente e anche per festini di “nani e ballerine”, ma allo stesso tempo sono scomparsi i grandi partiti di massa, il potere dei sindacati e finanche ideali costruttivi. Sono stati gli anni dei “no”, anni in cui si è delegato a chissà chi il compito di pensare e attuare modelli positivi, salvo poi frustrare gli entusiasmi di coloro che davvero volevano cambiare la rotta.

Mio nonno mi raccontava della Resistenza, i miei genitori delle lotte operaie e studentesche. Sono stati figli di due cicli ventennali diversi. Cosa racconterò io? Di aver vissuto gli anni della vergogna e della frustrazione?

Mi appello dunque ai miei coetanei, ai ragazzi delle scuole, delle università, dei call center e dei lavori professionalizzati a partita iva: riprendiamoci il diritto di lottare per i nostri ideali, chiediamo a viva voce vendetta contro coloro che hanno reso inerme una generazione!

Non ci servono le armi, abbiamo ancora le nostre menti, i nostri sogni, possiamo ancora rimetterre in piedi quel sistema di partecipazione politica che è alla base della democrazia italiana: i partiti! E’ arrivato il momento di sentirci davvero di essere il futuro di questo Paese: costruiamolo a nostra immagine e somiglianza!


 

Nessun commento:

Posta un commento