Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


sabato 19 maggio 2012

Unione europea: Impariamo dagli americani

Mentre in Europa si continua a discutere sulla crisi, gli Stati Uniti hanno già imboccato la via della ripresa. Merito di un pensiero a lungo termine poco diffuso nel vecchio continente.
Martin Ehl 18 maggio 2012 Hospodarske noviny Praga
Il 6 maggio sette partiti hanno conquistato l’accesso al parlamento greco. Quattro di questi partiti, tre di sinistra e uno di destra, possono essere definiti estremisti, almeno nell’accezione classica europea. Le forze politiche rappresentate in parlamento ad Atene non sono riuscite a formare una coalizione di governo, e [il 17 giugno] i greci dovranno tornare alle urne. Nel frattempo il loro paese, che ha un disperato bisogno di riforme, esaurirà i fondi e con ogni probabilità dovrà abbandonare l’eurozona.
A quel punto i politici europei, incluso il nuovo presidente francese François Hollande, saranno costretti a prendere una decisione su cui hanno una competenza limitata o addirittura inesistente. Per la terza volta dal 2009 dovranno spegnere le fiamme anziché preoccuparsi di prevenire l’incendio. Il problema greco, che avrebbe potuto essere risolto da tempo con un fallimento controllato, continua a distrarre i leader europei dalle decisioni strategiche sullo sviluppo futuro dell’Europa.
Nel lungo periodo la prosperità dell’Europa sarà decisa più da come i leader dell’eurozona combineranno i tagli alla spesa con il sostegno alla crescita, che dall’eventualità che i greci commettano un suicidio economico attraverso lo strumento delle elezioni democratiche. Sembra che l’Europa si stia lentamente avvicinando a qualcosa che avrebbe dovuto fare molto tempo fa: separare la Grecia dall’eurozona.
Di fronte a una crisi simile gli statunitensi sono stati molto più rapidi nel prendere decisioni strategiche cruciali: hanno sostenuto il settore bancario e le compagnie più importanti per l’economia interna, come quelle dell’industria automobilistica. La reazione rapida ha già pagato i primi dividendi: sono tornati gli aiuti statali e Detroit si è ripresa. L’Europa, nel frattempo, è rimasta imprigionata in un circolo vizioso.
Gli statunitensi hanno guardato avanti e hanno preso una decisione. Gli europei, invece, alle prese con una sfida cruciale, sono andati avanti a zig-zag. Nel bel mezzo di una crisi dell’integrazione europea stiamo vivendo una versione aggiornata della situazione descritta esattamente dieci anni fa dal pensatore statunitense Robert Kagan nel suo famoso saggio [Paradiso e potere. America ed Europa nel nuovo ordine mondiale]: Gli americani vengono da Marte, gli europei da Venere
Tra i due popoli ci sono differenze fondamentali su come affrontare i problemi a lungo termine: gli statunitensi li risolvono rapidamente e in maniera aggressiva, per impedire che compromettano la loro società, il loro stile di vita e la stabilità del loro sistema politico. Per lo stesso motivo gli europei hanno paura delle soluzioni a lungo termine, perché vivono in un complicato guscio protettivo post-bellico di integrazione europea e stato sociale.
Gli europei stanno lentamente cominciando a capire che prima o poi dovranno rischiare la vita sotto una bandiera comune e pagare una tassa comune. Tra l’altro in questo modo si potrà risolvere il deficit democratico dell’Unione, perché i contribuenti vorranno controllare in che modo Bruxelles spende i loro soldi. Gli stati nazione rimarranno unità funzionali di base ancora per qualche tempo, ma le difficoltà attuali – e ricorrenti – dell’eurozona dovrebbero spingere i governi nazionali a considerare un futuro più lontano.
Guardare lontano
Prima del prossimo vertice Nato (20-21 maggio 2012, a Chicago) bisognerà sicuramente parlare a lungo dello stato delle relazioni transatlantiche e del deterioramento dei legami tra Europa e America. Vale la pena riesumare la vecchia idea di Kagan e applicarla alla politica economica: gli statunitensi sono semplicemente più flessibili, più pronti ad agire e più capaci nell’elaborazione del pensiero strategico.
Se l’Unione europea sopravviverà come unità globale e competitiva, avrà davanti una sola opzione: cambiare la sua cultura di pensiero strategico a breve termine all’interno di un comodo stato sociale e di cicli elettorali quadriennali. L’Unione ha bisogno di leader lungimiranti che la conducano sulla strada di una maggiore integrazione e che le mostrino dove e come investire per aumentare la competitività
L’Europa ha inoltre bisogno di far capire a chi complotta per sabotare gli obiettivi comuni che è pronta ad andare avanti senza di loro. Decidano liberamente e democraticamente cosa fare. La solidarietà europea ha due facce, ed è giusto che sia così. Soltanto in questo modo l’Unione europea potrà andare avanti sulla via dello sviluppo. (Traduzione di Andrea Sparacino)

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