Martin Ehl 18 maggio 2012 Hospodarske
noviny Praga
Il 6 maggio sette partiti hanno
conquistato l’accesso al parlamento greco. Quattro di questi partiti, tre di
sinistra e uno di destra, possono essere definiti estremisti, almeno
nell’accezione classica europea. Le forze politiche rappresentate in parlamento
ad Atene non sono riuscite a formare una coalizione di governo, e [il 17
giugno] i greci dovranno tornare alle urne. Nel frattempo il loro paese, che ha
un disperato bisogno di riforme, esaurirà i fondi e con ogni probabilità dovrà
abbandonare l’eurozona. A quel punto i politici europei, incluso il nuovo presidente francese François Hollande, saranno costretti a prendere una decisione su cui hanno una competenza limitata o addirittura inesistente. Per la terza volta dal 2009 dovranno spegnere le fiamme anziché preoccuparsi di prevenire l’incendio. Il problema greco, che avrebbe potuto essere risolto da tempo con un fallimento controllato, continua a distrarre i leader europei dalle decisioni strategiche sullo sviluppo futuro dell’Europa.
Nel lungo periodo la prosperità
dell’Europa sarà decisa più da come i leader dell’eurozona combineranno i tagli
alla spesa con il sostegno alla crescita, che dall’eventualità che i greci
commettano un suicidio economico attraverso lo strumento delle elezioni
democratiche. Sembra che l’Europa si stia lentamente avvicinando a qualcosa che
avrebbe dovuto fare molto tempo fa: separare la Grecia dall’eurozona.
Di fronte a una crisi simile gli
statunitensi sono stati molto più rapidi nel prendere decisioni strategiche
cruciali: hanno sostenuto il settore bancario e le compagnie più importanti per
l’economia interna, come quelle dell’industria automobilistica. La reazione
rapida ha già pagato i primi dividendi: sono tornati gli aiuti statali e
Detroit si è ripresa. L’Europa, nel frattempo, è rimasta imprigionata in un
circolo vizioso.
Gli statunitensi hanno guardato avanti e
hanno preso una decisione. Gli europei, invece, alle prese con una sfida
cruciale, sono andati avanti a zig-zag. Nel bel mezzo di una crisi
dell’integrazione europea stiamo vivendo una versione aggiornata della
situazione descritta esattamente dieci anni fa dal pensatore statunitense
Robert Kagan nel suo famoso saggio [Paradiso e potere. America ed Europa nel nuovo
ordine mondiale]: Gli americani vengono da Marte, gli europei da Venere
Tra i due popoli ci sono differenze
fondamentali su come affrontare i problemi a lungo termine: gli statunitensi li
risolvono rapidamente e in maniera aggressiva, per impedire che compromettano
la loro società, il loro stile di vita e la stabilità del loro sistema
politico. Per lo stesso motivo gli europei hanno paura delle soluzioni a lungo
termine, perché vivono in un complicato guscio protettivo post-bellico di
integrazione europea e stato sociale.
Gli europei stanno lentamente
cominciando a capire che prima o poi dovranno rischiare la vita sotto una
bandiera comune e pagare una tassa comune. Tra l’altro in questo modo si potrà
risolvere il deficit democratico dell’Unione, perché i contribuenti vorranno
controllare in che modo Bruxelles spende i loro soldi. Gli stati nazione
rimarranno unità funzionali di base ancora per qualche tempo, ma le difficoltà
attuali – e ricorrenti – dell’eurozona dovrebbero spingere i governi nazionali
a considerare un futuro più lontano.
Guardare lontano
Prima del prossimo vertice Nato (20-21
maggio 2012, a Chicago) bisognerà sicuramente parlare a lungo dello stato delle
relazioni transatlantiche e del deterioramento dei legami tra Europa e America.
Vale la pena riesumare la vecchia idea di Kagan e applicarla alla politica economica:
gli statunitensi sono semplicemente più flessibili, più pronti ad agire e più
capaci nell’elaborazione del pensiero strategico.
Se l’Unione europea sopravviverà come
unità globale e competitiva, avrà davanti una sola opzione: cambiare la sua
cultura di pensiero strategico a breve termine all’interno di un comodo stato
sociale e di cicli elettorali quadriennali. L’Unione ha bisogno di leader
lungimiranti che la conducano sulla strada di una maggiore integrazione e che
le mostrino dove e come investire per aumentare la competitività
L’Europa ha inoltre bisogno di far
capire a chi complotta per sabotare gli obiettivi comuni che è pronta ad andare
avanti senza di loro. Decidano liberamente e democraticamente cosa fare. La
solidarietà europea ha due facce, ed è giusto che sia così. Soltanto in questo
modo l’Unione europea potrà andare avanti sulla via dello sviluppo. (Traduzione
di Andrea Sparacino)
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