La vittoria
del socialista François Hollande alle Presidenziali (6 maggio) e la conquista
della maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale (17 giugno) del Psf, hanno
rilanciato le chances del socialismo europeo nello scontro per l’egemonia
culturale con l’ideologia neoliberista che guida il neocapitalismo finanziario
e domina da vent’anni la scena. La deriva neoliberista iniziata a cavallo degli
anni ottanta sull’onda del ‘meno Stato più mercato’ imposta da Ronald Reagan e
Margaret Thatcher e proseguita nei primi anni duemila sull’asse Tony
Blair-Gerard Schröeder, all’insegna del ‘socialismo è morto’ intonato dai vari
Giddens e Lloyd, può ora essere efficacemente contrastata e, speriamo, battuta.
Non stupisce che sia venuto ancora dall’Inghilterra il monito terroristico del
Time: “L’uomo più pericoloso d’Europa”, ossia Hollande. “E’ inconcepibile che
il presidente Hollande chieda in questo momento di allentare la morsa
dell’austerity. Ma così facendo potrebbe spingere i tedeschi nella direzione
opposta. In ogni caso una cosa è certa: un presidente francese così ostile al
cambiamento comprometterebbe il cammino dell’Europa verso le riforme necessarie
per salvare l’euro. Ed è per questo che Hollande è un uomo pericoloso”.
Che il vento però stia profondamente cambiando
è talmente avvertito che si è aperta una vasta ricerca culturale sui valori
della socialdemocrazia del XXI° secolo per rispondere alla grave crisi
finanziaria ed economica causata dal neoliberismo sfrenato che sta mettendo in
discussione persino la democrazia. Ricordo il lascito di Riccardo Lombardi del
1981: “[…] Ma chi ha detto che il socialismo è ormai scomparso dalle
prospettive, che si tratta di un’idea invecchiata che nessuno sa più definire
in modo credibile se non come vaga aspirazione all’uguaglianza e alla
giustizia? Oggi siamo all’apertura di una situazione in cui o si trova una
soluzione socialista oppure siamo alle barbarie, questa è la realtà delle
cose”. Con larghissimo anticipo sui tempi aveva previsto la debacle delle
sinistre europee attratte dalla sirena del ‘non c’e’ la società, c’e’
l’individuo’ e la crisi d’identità della socialdemocrazia: “L’offensiva della
destra esiste perché a sinistra sta mancando la base economica per proseguire
questa politica, e questo spiega la crisi verso sinistra che in questo momento
pervade tutti i partiti socialdemocratici in Europa, cioè se questa politica di
assistenza, questa politica di Welfare State alimentata dalla politica
keynesiana, va avanti essa non riesce più ad alimentarsi. É chiaro che una
società non può vivere di sola assistenza, è chiaro che ci sono problemi che si
aggravano”. Occorreva una svolta radicale: ‘il programma comune’ delle sinistre
per ‘rovesciare’ dall’interno il sistema capitalistico divenuto “troppo costoso
per l’umanità” e giungere ad ‘una società più ricca perché diversamente ricca”
attraverso il ciclo virtuoso delle ‘riforme di struttura’ o ‘strutturali’ che
tanto sono menzionate stravolgendone il senso e l’obiettivo dal presidente
della Bce Mario Draghi e soprattutto dal Premier, Mario Monti. C’è moltissimo
da dubitare che Lombardi sarebbe stato d’accordo con Draghi e Monti
sull’iniezione continua di liquidità per salvare il sistema bancario
‘stressato’ da ingenti debiti per aver investito in ‘titoli tossici’ o con il
programma di liberalizzazioni a iosa e privatizzazione dei beni comuni e dei
gioielli di famiglia. Un’operazione lessicale dunque falsa ed estremamente
pericolosa: utilizzare la proposta più orginale, lungimirante e laica della
sinistra italiana in una visione, quella neocapitalistica e neoliberista,
totalmente opposte.
Ed in questo scontro per l’egemonia culturale
in Europa quale sarà il ruolo del Partito Democratico, il solo partito ‘non
personale’ nella sinistra italiana, che da anni interagisce positivamente nel
gruppo Alleanza S&D (Socialisti e Democratici) al Parlamento Europeo con le
forze progressiste aderenti al Pse (Partito Socialista Europeo), è ancora da
chiarire e definire. Se si stesse sull’onda dei quarantenni ‘laburisti’,
Stefano Fassina, Matteo Orfini, Andrea Orlando, Guglielmo Epifani etc, il
quadro sarebbe alquanto chiaro: forse per l’importanza della posta in gioco non
basta il ‘Manifesto’ di Parigi per la ‘rinascita’ dell’Europa. Perché, come
avvertiva Lombardi nel 1973, “Se l’Europa si fa sulla base del modello
americano il mondo, nel suo complesso, non potrà sopportare questo; e non
politicamente, ma per ragioni biologiche di vita. O si segue, con tutte le
cautele, le prudenze e la gradualità del caso, un modello diverso, opposto oppure
andremo incontro a crisi economiche e politiche per cui la costituzione di una
unità europea potrà diventare addirittura un fatto nocivo”. Prima della forma
istituzionale (federale), per Lombardi andava definita l’unità politica,
economica e sociale. In sostanza, sosteneva nel 1978: “Bisogna persuadersi che
l’Europa si può fare soltanto se è socialista o almeno tendenzialmente
socialista”.
Carlo
Patrignani
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