Pensare Globale e Agire Locale

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lunedì 25 giugno 2012

EU - Per salvare l'Euro serve l'Europa Politica?

Un interessante intervento di Sergio Cesaratto  pubblicato su Left di sabato.

Il tema dell'unità e univocità di una proposta europea, anche a sinistra e nel PES, non è di secondaria importanza .

Collettivo socialista chivassese

Per salvare l'Euro serve l'Europa Politica?
Dipende. Assolutamente no se per Europa politica si intende ciò che ha più volte ripetuto Angela Merkel. L'Europa che ella prefigura è assai inquietante: una definitiva espropriazione della libertà democratica dei cittadini sulle decisioni in materia di bilancio, accentrate a Bruxelles. In cambio la Germania propone un "fondo di redenzione" in cui i paesi metterebbero in comune il debito eccedente il fatidico 60% del Pil, impegnandosi a restituirlo in una ventina d'anni. Null'altro che un rafforzamento del cosiddetto Fiscal Compact già imposto da Berlino: due decenni di austerità assicurata in una Europa divisa fra ricchi e poveri. E' questa una prospettiva inaccettabile e disastrosa.

Più Europa servirebbe, invece, se l'obiettivo fosse quello di assicurare la crescita delle aree più svantaggiate. Qualsiasi soluzione deve invero rispondere al problema alla base della crisi: la moneta unica ha aggravato i differenziali di competitività fra le economie europee deboli e forti. Questo ha prodotto una decade di stagnazione e poi la crisi per l'Italia, mentre la Spagna ha mascherato il problema dietro una crescita di carta, anzi di mattone, finanziata da afflussi di capitali tedeschi e si ritrova oggi indebitata sino al collo. In genere i sostenitori dell'Europa politica come salvifica tralasciano tali problemi e ne trascurano i relativi costi e ostacoli politici, provenienti soprattutto dai tedeschi.

Una Europa politica genuina e sostenibile implica infatti principi di riequilibrio economico fra paesi e di perequazione sociale fra i propri cittadini che possono essere realizzati in due modi. Il primo è una vera svolta europea volta a: mettere assieme i debiti pubblici (eurobond) stabilizzando i debiti pubblici nazionali, invece di ridurli; creare un bilancio federale degno di questo nome per sostenere domanda, occupazione e ambiente; riformare la Bce nella direzione del sostegno alla politica fiscale e sviluppo; fissare un target di inflazione almeno al 4% con l'impegno tedesco ad attenersi a tale obiettivo, dando spazio al recupero di competitività dei paesi periferici. In alternativa si potrebbe procedere verso una "transfer union" che mantiene lo status quo nelle competitività relative mentre i paesi forti redistribuiscono alla periferia i proventi dei surplus commerciali sotto forma di congrui trasferimenti monetari, in modo da realizzare una perequazione negli standard di vita.

Mentre la seconda strada è chiaramente inattuabile, la prima potrebbe essere tempestivamente perseguita. Ciò senza richiedere premature ed eccessive cessioni di sovranità nazionale. Ma l'opposizione della Germania a quelle ragionevoli misure è formidabile non volendo quel paese abbandonare il proprio modello neo-mercantilista basato sulle esportazioni. In verità c'è al momento un bailamme di proposte volte ad aprire un varco al muro dei nein tedeschi. La confusione è dunque grande e non promette nulla di buono e di tempestivo, mentre i mercati non perdoneranno le mezze misure.

Sergio Cesaratto

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