Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 29 giugno 2012

EUROZONA - Euro, la crisi non è finita

Gli aspetti poco chiari delle decisioni prese a Bruxelles.
Venerdì, 29 Giugno 2012 – Le Borse volano, lo spread cala e l’euro si rafforza. Le decisioni maturate nella lunga notte di trattative del vertice di Bruxelles del 28 giugno, per una volta, esaltano mercati e governi, dando il senso di una concretezza che finora era mancata nella sequenza di riunioni tra leader europei.
TRE PASSI AVANTI. Il premier italiano Mario Monti ha ottenuto lo scudo anti-spread di cui l'Italia ha bisogno per fermare la speculazione: i fondi salva Stato acquisteranno, infatti, i nostri bond sul mercato secondario, in modo da stabilizzare i tassi di interesse.
Il primo ministro spagnolo riceverà dagli stessi fondi - l'European financial stability facility (Efsf) e l'European stability mechanism (Esm), in vigore dal 1 luglio 2012 - aiuti per ricapitalizzare le banche iberiche, senza che i prestiti gravino sul debito pubblico. E il presidente francese François Hollande ha ottenuto di smobilitare risorse per la crescita.
I MERCATI INGANNANO. La crisi dell’euro è risolta dunque? Non proprio. O comunque non ancora. «Sono stati fatti certamente passi avanti, ma non confonderei l’euforia sui mercati con un cambiamento definitivo», ha commentato Luciano Balbo, esperto di finanza e venture capital, precursore dei private equity in Italia. «Finché non ci saranno risposte chiare la partita è tutt’altro che chiusa».

DOMANDA. Ma le risposte non sono state appena fornite?
RISPOSTA. Quelli sono accordi macro. Ma sui dettagli, sulle procedure concrete, al momento le cose sono ancora abbastanza indefinite.
D. Partiamo dall’inizio: il meccanismo anti-spread.
R. Pare che si siano accordati per acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario, cioè sui titoli già emessi.
D. E qual è il problema?
R. Che la vera rivoluzione sarebbe se i fondi acquistassero sul primario, ovvero al momento dell’emissione da parte dei vari governi: è allora, infatti, che si determina il tasso di interesse che lo Stato è costretto a pagare alla scadenza.
D. Ma sono le contrattazioni quotidiane a determinare lo spread.
R. Infatti Monti punta a stabilizzare lo spread, ovvero il differenziale. Ma non si tratta di una soluzione definitiva. Oltretutto, bisogna valutare le cifre a disposizione per questa operazione…
D. Quali sono?
R. Vorrei saperlo. Ma, se come si è detto i capitali necessari arriveranno dai due fondi salva Stato, di cui uno destinato a sparire a breve, si può ipotizzare che la dotazione di cassa non superi i 500 miliardi di euro.
D. Pochi?
R. L’Italia entro la fine dell’anno deve rinnovare 300 miliardi di debito.
D. Gli stessi soldi devono servire anche per le banche.
R. Esatto. A fare i conti, insomma, la dotazione non è immensa: il reale impatto è da valutare. Anche perché potrebbero sorgere nuove richieste.
D. Il meccanismo di aiuto sui titoli e le banche vale per tutti gli Stati?
R. Non è chiaro, ma a rigor di logica dovrebbe essere così, pur dipendendo dalle decisioni della Troika e dal memorandum che verrà siglato. Quindi, se ci fossero altre richieste, la dotazione non è certo infinita.
D. Almeno gli aiuti alle banche non gravano sul debito pubblico, e quindi sui cittadini.
R. Vero, anche perché se fossero stati conteggiati nel debito i tassi di interesse si sarebbero alzati e quindi avrebbero alimentato la spirale della crisi.
Il problema delle banche però è un altro.
D. Quale?
R. L’azionariato. Dopo avere ricapitalizzato gli istituti a proprie spese, l’Europa avrà il coraggio di spazzarne via l’azionariato?
D. Secondo lei?
R. Non lo so, ma sarebbe un gesto di coraggio indispensabile. Dovrebbero andare da Bankia e dire loro: questa banca è fallita, andate a casa.
D. Un controllo dall’alto potrebbe arrivare a ottobre con l’Unione bancaria, se si farà.
R. Appunto, se si farà. Nel frattempo però dobbiamo accertarci che le banche riprendano a fare credito alle imprese e ai cittadini.
D. Come?
R. Bisogna che gli azionisti si facciano carico delle proprie perdite consentendo agli istituti di ricominciare a fare credito. Non illudiamoci: per fermare la crisi non basta ricapitalizzare le banche.

Gea Scancarello

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