Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 15 giugno 2012

GRECIA – Verso le elezioni alla ricerca del suo Proff

Atene al voto: gli scenari possibili.
di Giovanna Faggionato

Venerdì, 15 Giugno 2012 - Con addosso gli occhi del mondo intero, domenica 17 giugno i greci sono chiamati per la seconda volta a eleggere il parlamento.
Al voto paiono appese non solo le sorti di Atene, bensì quelle di Madrid, di Roma e della stessa Berlino, le sorti dell'euro e forse le possibilità di ripresa dell'economia globale.
Dopo aver già fallito una volta nel tentativo di trovare una maggioranza di governo, i politici greci ci riprovano.
I due partiti con le maggiori chance di vincere sono i conservatori di Nuova democrazia, membri della vecchia 'grossa coalizione', già firmatari del patto lacrime e sangue con la Troika (Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) di creditori internazionali e la sinistra radicale di Syriza, che quel patto ha rifiutato.
I DUE FRONTI POSSIBILI. In tutto si eleggono 300 parlamentari e il primo partito guadagna un premio di maggioranza di 50 seggi. Secondo gli ultimi sondaggi, Nuova democrazia, inizialmente data per vincitrice, non va oltre il 25,5% delle preferenze. Syriza, invece, ha guadagnato consenso arrivando al 31,5%.
La prima potrebbe allearsi con il Pasok (13,5%), mentre la seconda con Sinistra democratica (7,5%), partito più vicino al compromesso con l'Europa, ma comunque critico verso l'attuale memorandum.
ASSAGGI DI PANICO. Gli scenari post voto sono i più diversi, panico finanziario compreso. In attesa di capire cosa succederà nel D-Day, infatti, i greci hanno già iniziato a ritirare euro dagli sportelli. Abbiamo provato a immaginare le conseguenze del voto con l'aiuto degli economisti.

1. Vince una maggioranza favorevole al patto con la Troika


Potrebbero vincere i partiti firmatari del memorandum. Atene allora rinnoverebbe l'impegno a rispettare il patto di riforme, in cambio di nuovi, necessari, aiuti.
Secondo le indiscrezioni, lo Stato greco è in grado di provvedere ai propri bisogni solo fino a fine giugno e sono già fissate le scadenze per rimborsare i fondi già ricevuti.
GLI INTERESSI TEDESCHI. Insomma, la Grecia potrebbe finire ancora con il cappio al collo. Perché non è detto che ci siano cambiamenti nella linea tenuta finora dalle istituzioni europee.
«La disponibilità della Germania si limita ad aperture timidissime», spiega a Lettera43.it, Giuseppe Di Taranto, docente di Storia economica all'Università Luiss. E non c'è da stupirsi: «Berlino ha sempre guadagnato da questa situazione.
Il default greco è stato pagato dalle banche, che a loro volta sono state finanziate dalla Bce. Ogni giorno che passa in cui viene mantenuto lo status quo, con i Paesi del Sud Europa deboli, la Germania guadagna investitori e mantiene il suo export competitivo».
LE POLITICHE DEL TIMORE. È possibile quindi che la situazione resti quella che è, senza tuttavia che i mercati ne escano rasserenati.
«Alle politiche del rigore si sostituiscono le politiche del timore. Basta vedere quello che è successo in Irlanda: con un governo compatto contro l'austerity, il referendum ha comunque ratificato il Fiscal compact, perché la paura dell'incognita è più forte», chiosa l'economista.
DECIDE IL CONSIGLIO UE. Le decisioni vere potrebbero essere prese al Consiglio d'Europa del 27 e del 28 giugno, «a quel punto sarà l'Europa a dire se prevarrà la linea dell'austerità o meno».

2. Vince Syriza: si tratta sul memorandum. O forse no


Se vince Syriza, invece, lo scenario cambia. «Non c'è un memorandum più o meno buono», aveva dichiarato il leader del partito, Alexis Tsipras, il primo giugno: «Si può ampliare il memorandum o semplicemente cancellarlo: noi vogliamo cancellarlo».
E le scommesse sull'uscita della Grecia dall'euro e sul conseguente choc finanziario si sono impennate.
PIANO DI CRESCITA. Ma il 14 giugno, il 'Che Guevara' greco è sembrato fare un passo indietro. In un'intervista rilasciata al Financial Times, la Bibbia dei liberisti d'Europa, il rappresentante della sinistra radicale ha citato un «piano di ricostruzione nazionale e di crescita», necessario per «arginare la gravissima crisi sociale e mantenere la moneta unica». Parole che sono suonate come una mano tesa nei confronti di Bruxelles.
ALLEVIARE I PROBLEMI SOCIALI. Il Paese, intanto, è allo stremo. I tagli alla sanità sono stati spietati, ci sono problemi di accesso ai farmaci e la recessione è sempre più nera.
A questo punto, soprattutto dopo il salvataggio soft della Spagna, la stessa Ue potrebbe ammorbidire le sue richieste. Anche perché un'uscita della Grecia dall'euro non conviene a nessuno, nemmeno alla Germania.
«Ora che tutti si lamentano del trattamento di favore riservato alla Spagna e che la linea di austerità è stata bocciata, l'Ue potrebbe puntare a mantenere la pressione su Atene, ma alleviandone i problemi sociali. Magari con un nuovo compromesso, con una diluizione nel tempo degli impegni di riforma», ha commentato Paolo Manasse, docente di Economia politica all'Università di Bologna.
RISCHIO ROTTURA DELLE TRATTATIVE. Tuttavia c'è il rischio che i negoziati tra Siryza e la Troika portino a un irrigidimento delle posizioni. L'ambiguità del partito, infatti, resta.
«Se Tsipras chiedesse la completa rinegoziazione del patto, allora la Germania potrebbe chiudere ogni spiraglio: c'è ancora un 30% di possibilità che questo accada. A quel punto la Grecia non avrebbe scelta: prima il default e poi il ritorno alla dracma, scatterebbe il panico», ha concluso l'economista.

3. Non si trova una maggioranza


Resta un'ultima opzione sul piatto: Atene potrebbe trovarsi per la seconda volta paralizzata, come dopo il voto del 10 giugno, incapace di formare una nuova maggioranza di governo. Le piazze finanziare potrebbero andare in tilt, scatenando la tempesta.
STRATEGIA DELL'ATTENDISMO. Ma secondo Platon Tinios, economista all'Università del Pireo, a lungo andare la crisi politica potrebbe avere effetti positivi. Per due motivi. Primo, perché si potrebbe prendere tempo fino al Consiglio europeo per capire quale sia la linea di Bruxelles e prendere decisioni di conseguenza. Secondo perché si potrebbe formare un governo con personalità esterne alla politica.
L'ipotesi arriva dalla stessa Atene che ha già avuto prove di governo tecnico: dopo George Papandreou, sulla poltrona di primo ministro si è seduto temporaneamente l'ex uomo della Bce, Luca Papademos.
UN MARIO MONTI GRECO. «Se continua così, la Grecia esce dall'euro entro l'estate, a prescindere dal vincitore delle elezioni», commenta Tinios. Poi aggiunge: «Finora i politici greci non hanno offerto alla Troika ricette e proposte economiche alternative. È stato chiesto loro di prendere posizione e si sono dimostrati passivi e inaffidabili».
«Abbiamo bisogno di qualcuno esterno alla politica, un Mario Monti greco. Qualcuno che si dimostri in grado di mettere in pratica quello che dice. Io spero in questo, spero che non si trovi una maggioranza», ha confidato inaspettatamente. Certo che, vista dall'Italia, è difficile considerarla la soluzione migliore.

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