Pensare Globale e Agire Locale

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domenica 24 giugno 2012

UE - Merkel, addio diplomazia soft

A Roma Angela contro Monti e Hollande.
di Marcello Pirovano

Terminator Angela è stata la più fedele alla nuova linea, quella della diplomazia che va a farsi benedire in tempo di crisi: accuse precise, fuori dai denti, alla faccia della cortesia istituzionale tra potenti del mondo.
Non avrà avuto l'occhio bionico che il settimanale britannico New Statesman le ha cucito addosso nella caricatura di copertina, ma intanto la cancelliera tedesca Merkel è stata l'emblema della comunicazione schietta nell'era del default anche durante il quadrilatero romano in compagnia di monti-hollande-raioy, capi di governo di Italia-Francia-Spagna.
«REGOLE NON RISPETTATE». La stampa inglese l'ha definita «il leader più pericoloso d'Europa, nonché il politico tedesco più insidioso dopo Adolf Hitler».
Lei, senza baffetti, ma ugualmente rigida, ha fissato negli occhi i cronisti presenti nella Capitale e ha sparato: «In Europa serve coesione e solidità, ma anche un rigido controllo perché troppo spesso in passato non è stato rispettato il Patto di stabilità che già era in vigore. Non perché non avevamo delle norme, sia chiaro, ma perché è stata persa la fiducia e non abbiamo rispettato le regole».
Capito? Senza disciplina, il burrone della recessione è lì a un passo.
LA FRECCIATINA DEL PROF: «VOI I PRIMI». Monti non si è scompigliato e la risposta velenosa l'ha rifilata. Così il Prof ha smarrito per un attimo il tipico aplomb: «Nel 2003 Francia e Germania, non Portogallo e Grecia, furono autorizzate a deragliare dalle regole europee. Abbiamo speso 10 anni per ricostruire una credibilità europea; ecco l'importanza delle regole».
Insomma avete cominciato voi. No, voi.

Tutto nacque dallo screzio Obama-Barroso. Ora si può dire tutto


La comunicazione politica 2012 è diventata diretta: durante un G20 di potenti serpenti  tutti-contro-tutti hanno inaugurato la moda dei rapporti franchi il presidente americano Barack Obama e il numero 1 della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso.

LEZIONI DA NESSUNO. «Il mondo è molto preoccupato per una crescita economica troppo lenta che dall'Europa contagia gli Stati Uniti», disse il primo.
«Non siamo qui per prendere lezioni di democrazia o di gestione dell'economia», rispose piccato il secondo.
Nemmeno se la predica viene dal responsabile della più grande realtà finanziaria del pianeta.
Quindi l'ultima puntata, con i botta e risposta al vetriolo trasferiti anche a Villa Madama, il 22 giugno.
EUROBOND, GELO MERKEL-HOLLANDE. Appena Frau Merkel ha accennato l’ipotesi eurobond, con l'espressione resa ancor più severa per via di una traduttrice dal tono incattivito, il presidente francese Francois Hollande l'ha frenata bruscamente: «Gli eurobond devono rimanere una prospettiva, e non a 10 anni». Punto.
Al diavolo i giri di parole, il politichese, il detto-non-detto.
PERSINO SUI VESTITI. Lo spread tra ciò che si pensa e quello che si dichiara è sempre più vicino allo zero. Persino un ex alleato ingrato, Nicolas Sarkozy, aveva esternato considerazioni senza peli sulla lingua. E non parlava nemmeno di crisi dell'eurozona: «La Merkel non è brutta, è che si veste malissimo», fu il commento. Per fortuna non si lanciò in considerazioni sul fondoschiena 'importante'.
RILASSATI? NEMMENO SU ROMA. Ma su qualcosa si saranno ammorbiditi, questi leader europei? Almeno sulla bellezza avvolgente di Roma, se non altro per ruffianeria da ospiti al vertice.
Il premier spagnolo Rajoy ha parlato di «città più bella del mondo», ma Hollande ha subito replicato: «Questo è discutibile» (pensava alla 'sua' Parigi?). Poi la Merkel, immancabile: «Comunque sicuramente è molto bella».
Si è intenerita, almeno qui. Ma il siparietto non ha smorzato la tensione: da quando di mezzo c'è lo spauracchio-crac finanziario, i potenti del continente non se le mandano più a dire.

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