Pensare Globale e Agire Locale

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venerdì 29 giugno 2012

USA - Salute per Costituzione

La Corte suprema salva la riforma sanitaria.
Con cinque voti a favore e quattro contrari, la Corte suprema americana ha deciso sostanzialmente di confermare l’impianto della riforma sanitaria di Barack Obama. Per il presidente in cerca della rielezione si tratta di una vittoria cruciale: l’Obamacare, come è stata chiamata la legge che obbliga ogni cittadino a dotarsi di una polizza assicurativa, è stata la crociata della sua presidenza.
Ma per avere una visione accettabile di questo cruciale passaggio occorre per prima cosa avere i termini chiari di qual è la situazione dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti. E quale la realtà della riforma Obama. Che non è stata, come spesso erroneamente si è pensato nel Vecchio Continente, l’adozione di un sistema sanitario di tipo europeo, o single payer, cioè con i contributi e i costi accentrati alla fine in un’unica cassa pubblica, come avviene per quasi tutti i Paesi Ocse, a eccezione appunto degli Stati Uniti e, parzialmente, di Turchia e Messico.
IL MEDICARE DI LYNDON JOHNSON NEL 1965. Di una riforma sanitaria di tipo bismarckiano (assicurazione infortuni e malattie) si parla negli Stati Uniti dai tempi di Teddy Roosvelt, 100 e più anni fa. Il programma è parte centrale dell’ethos democratico dagli anni di Franklin Roosevelt e Harry Truman. Solo Lyndon Johnson riuscì a fargli compiere un deciso passo avanti nel 1965 con il Medicare, l’assistenza pubblica questa sì di tipo single payer per gli oltre 65enni e alcuni disabili gravi, e il Medicaid, la sanità per i poveri.
IL TENTATIVO FALLITO DI BILL CLINTON. Dopo fu Bill Clinton a fare il maggior tentativo, a inizio Anni 90, fallito. E, nel 2010, Obama riuscì a compiere un passo avanti. La riforma di Obama, per alcuni aspetti già in atto ma la cui fetta maggiore dovrebbe partire dal 2014, si innesta sulla realtà sanitaria composita.

Il 30% dei cittadini Usa ha una copertura per l'assistenza pubblica


Circa 40 milioni di anziani e 8 milioni di disabili sono coperti dal Medicare, che non di rado viene integrato con una polizza privata. Circa 49 milioni hanno i requisiti di reddito per l’assai più scadente Medicaid, amministrato dagli Stati e di qualità molto variabile. In totale quindi il 30% ha una qualche forma di assistenza pubblica.
Poi il 55% circa della popolazione ha una polizza parte integrante del salario, gestita dal datore di lavoro, una forma nata durante la Seconda Guerra mondiale per attirare lavoratori in tempi di blocco dei salari e diffusasi molto negli Anni 50 e 60, ma ora meno affidabile.
POLIZZE ACQUISTATE SUL LIBERO MERCATO. Una piccola parte degli under 65, il 5%, acquista le polizze sul libero mercato, spesso care, non meno di 1.000 dollari al mese per una famiglia di quattro in Stati come New York o Illinois.
E il resto è senza copertura: un numero variabile fra i 45 e i 50 milioni, che comprende anche chi acquista o perde periodicamente la polizza in base al datore di lavoro.
L'OBBLIGO A SOTTOSCRIVERE UNA POLIZZA. La parte più nota della riforma Obama è quella che ha dato la copertura a questi circa 45 milioni. Come? Iscrivendo a partire dal 2014 i meno abbienti nel Medicaid, e sempre dal 2014 obbligando gli altri – è il cosiddetto individual mandate - ad acquistare una polizza, aiutandoli fiscalmente in casi determinati, multandoli se non lo fanno.
Questo ci riporta alla difficile situazione in cui è nata la riforma, e alla necessità di trovare nuovo reddito – l’individual mandate appunto, capace di assicurare in 10 anni nuove polizze per 1.000 miliardi – capace di compensare le compagnie di assicurazione di perdite che la riforma imponeva loro su altre voci.

L'offerta di un'alternativa pubblica


Negli ultimi anni, e nella campagna 2008, la parola d’ordine democratica sulla sanità era public option, l’offerta cioè di una polizza pubblica capace di calmierare il mercato e di dare avvio alla fine di una sanità-for profit dominata da assicurazioni private, ospedali privati, farmaceutici trincerati contro le importazioni a prezzi più bassi dal Canada, e una classe medica ai vertici da sempre del reddito nazionale. In più la public option doveva calmierare il costo della sanità Usa, la più cara del mondo, 7.500 dollari a testa contro i poco più che 4 mila del Canada e i 3.500 circa della media Ocse.
GLI ACCORDI CON OSPEDALI E ASSICURAZIONI. Obama ha fatto sua la public option, sempre con qualche distinguo tuttavia, ma una volta insediato l’ha scartata e ha percorso la nota strada degli accordi con ospedali, farmaceutici, assicurazioni. La riforma ha alcuni aspetti indubbiamente buoni, e già applicati, come l’estensione fino ai 26 anni della copertura ai figli, il divieto di un cumulo di spesa massimo nell’arco di una vita (1 milione, in genere, per la maggior parte delle polizze), il divieto di rifiutare la polizza in caso di condizioni preesistenti per i minori di 19 anni, e poi più difficoltà per le compagnie quando vogliono “scaricare” un cliente i cui costi sanitari crescono troppo.
UNA RIFORMA CHE STENTA A CONVINCERE. Se una bocciatura della Corte avesse messo a rischio queste riforme, sarebbero state rimpiante. Nel suo complesso però la riforma non è mai piaciuta alla maggioranza degli americani, e non solo repubblicani. Perché troppo compromissoria. Perché complicata. Perché, fatta in tempi di vacche magre, minaccia di togliere risorse al Medicare e si è quindi attirata spesso l'ostilità degli anziani.
Molti alla Casa Bianca suggerivano nel 2009 un rinvio del progetto, per concentrarsi sulla ben più impellente situazione finanziaria. Ma Obama voleva firmare con una nuova sanità il suo mandato. Ora lo scoglio della Corte è superato. (
Mario Margiocco)

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