È
stato muto quando la calma era piatta; brandisce ora le elezioni anticipate e
le dimissioni del presidente quando la magistratura sembra offrire su un piatto
d’argento il cambio della guardia in Regione Lombardia. Un progetto economico e
sociale nuovo per il rilancio dell’intera regione e per dar vita ad una
alleanza sociale più larga non c’è.
Non
c’è una proposta chiara, diversa da quella costruita da Formigoni, espressione
di un vecchio modo di gestire il potere, quando l’istituzione era ricca e
l’economia in fase espansiva. Ma oggi anche l’istituzione regionale è più
povera, il sistema produttivo e i cittadini lombardi sono decisamente più in
difficoltà di quindici anni fa. E il centrosinistra non se ne occupa.
Il
PD è sostanzialmente bloccato dalla politica di un movimento dal nome
inquietante “liberalasedia”, promossa da una parte del suo gruppo dirigente
facilmente assimilabile ai rottamatori di Renzi, che insegue una politica
“sfascista”, che si allea con tutti coloro che hanno bisogno della distruzione
del sistema per sentirsi vivi. Con i giustizialisti e i catastrofisti, già
pronti a candidarsi alle primarie del centrosinistra, se ci saranno, in nome
del “a casa tu che arriviamo noi”. Una politica che non si rivolge ai
riformisti e che considera l’eventuale alleanza con l’UDC e con i moderati come
la “cicuta”. Diffida di Bersani e vede con sospetto le sue mosse. Poco importa
se per raggiungere l’obiettivo non disdegnerebbe un voto della Lega Nord a
favore di una mozione di sfiducia a Formigoni. Non considera immorale andare a
chiederle una mano e non considera la Lega responsabile sul piano politico,
come su quello penale, delle malefatte sulla sanità. E così molte aree
economiche e culturali, che si sono avvicinate al centrosinistra in occasione
delle comunali di Milano dello scorso anno, come Piero Bassetti, per esempio,
che è stato uno sponsor particolarmente attivo della candidatura di Pisapia,
non solo non si avvicinano al centrosinistra, ma si schierano apertamente con
Formigoni. Sbagliando, con gravi errori di valutazione, ma lo fanno. Insomma
una politica che rischia di danneggiare lo stesso PD e l’intera coalizione, in
netto contrasto non solo con la necessità di tenere insieme democratici e
moderati, ma soprattutto con la necessità di dare a questo “campo” una
dimensione programmatica e propositiva credibile.
Noi
socialisti, un progetto di Lombardia ce lo abbiamo, perché abbiamo da sempre
un’idea precisa di cosa sia quella che chiamiamo la “città policentrica di nove
milioni di abitanti”.
Un
progetto che corrisponde al desiderio del “fare” della cultura lombarda,
federalista, nazionale e internazionale. Lombardia grande regione mondiale, in
competizione e disposta a competere. Creativa. Un progetto che ci consente di
smontare alla radice l’idea che l’eccellenza lombarda sia merito di Formigoni.
A partire dal modello presidenzialista che Formigoni ha esasperato, eliminando
ogni forma di bilanciamento dei poteri, riducendo a zero qualunque forma di
controllo democratico della sua attività. E adesso quel sistema di potere, con
annessa elezione diretta del presidente, si ritorce contro tutta la sua
maggioranza, vittima del “simul stabunt, simul cadent”.
Contrariamente
a quello che si dice, la macchina regionale è peggiorata rispetto a ciò che
accadeva prima dell’arrivo di Formigoni, è diventata più pesante, più costosa,
aggravata da un numero di dirigenti esorbitante rispetto ad allora. Il basso
numero di dipendenti pro capite rispetto a quello delle altre regioni nasconde
un uso delle esternalizzazioni e delle consulenze che non ha paragoni. Per non
parlare dei ritardi nel sistema infrastrutturale e della corruzione diffusa in
più settori, non solo in quello sanitario, ma anche in quello economico, in
quello sociale e nella formazione professionale. Per non parlare della
cosiddetta “eccellenza” nel sistema sanitario. Parola che Formigoni ha saputo
ben utilizzare, ma che indica fin dall’ottocento una storia gloriosa della
sanità milanese e lombarda, fatta di partecipazione pubblica e privata, nota in
tutta Europa, ben prima che Formigoni la facesse propria.
Ad
oggi, Formigoni potrebbe cadere, mollato dai suoi alleati e anche dai suoi
amici personali, ma del centrosinistra non si conoscono né i contorni politici
né quelli programmatici.
Per
questo occorre un progetto di “Lombardia riformista” in grado di dare
all’alleanza moderati progressisti un programma e quel profilo insieme
popolare, socialdemocratico, liberale, per evitare a questo centrosinistra, in
caso di elezioni anticipate, di perdere per la quinta volta consecutiva,
nonostante il momento favorevole.
Roberto Biscardini
Roberto Biscardini
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