Queste notizie fanno
temere che la situazione potrebbe anche peggiorare, infatti, i vertici della
FIAT avvertono che nei prossimi mesi sarà tenuta sotto controllo la situazione
degli stabilimenti italiani che saranno oggetto di continuo monitoraggio.
La tensione è cresciuta
a tal punto che i dipendenti dello stabilimento di Piedimonte San Germano,
vicino a Cassino, in provincia di Frosinone hanno intrapreso uno sciopero di 8
ore per contestare l’ipotesi di accorpamento della fabbrica con il nuovo
stabilimento di Pomigliano.
A guidare la protesta è
la FIOM, che ha organizzato una manifestazione nella piazza di Piedimonte San
Germano; l’accorpamento delle fabbriche punterebbe al licenziamento di oltre
2000 dipendenti considerati in esubero
La decisione di
procedere con la cassa integrazione ha messo in agitazione i sindacati che
interpretano il fatto solo come il preludio alla chiusura definitiva dello
stabilimento. A parlare per ora sono solo sindacati e Cobas mentre nessuna
reazione è arrivata dal Governo e dai suoi ministri.
Da anni è chiaro ed
evidente che la FIAT, finito l’assistenzialismo di stato, non ha più alcun
interesse a mantenere i propri stabilimenti in Italia, ma potrebbe
definitivamente delocalizzare la produzione all’estero.
Qualcuno potrebbe
obiettare che non si può costringere Fiat a produrre in Italia se il mercato
dovesse cedere altri punti di mercato, ma è anche vero che se ora la Fiat ha
potuto resistere e crescere e anche merito dello stato italiano e dei soldi che
ha ricevuto dai contribuenti italiani.
Lo stesso problema si è
posto in Francia con gli stabilimenti della Peugeot a Aulnay-sous-Bois, vicino
a Parigi, che la scorsa settimana hanno dichiarato di voler tagliare 8000 posti
di lavoro e di chiudere lo stabilimento. A intervenire però è stato lo stesso
presidente francese Francois Hollande che, in un’intervista rilasciata ai
canali televisivi TF1 e France 2 si è schierato dalla parte dei lavoratori
affermando lo Stato non lo permetterà, il piano non è accettabile e va
rinegoziato” poi senza pensare troppo alla forma ha dichiarato “È troppo facile
dire che la colpa è del costo del lavoro, ci sono state delle scelte
strategiche che non sono state felici”. Hollande non ha neppure rinculato a
esprimere il proprio parere negativo in merito alla politica di distribuzione
dei dividendi che avrebbe potuto privilegiare gli investimenti invece di
favorire i suoi azionisti.
E in Italia cos’ha fatto
finora la politica per difendere il futuro dei lavoratori e delle loro
famiglie? La risposta è molto semplice: nulla. Quindi non c’è proprio da
stupirsi se il nostro poco amato Sergio Marchionne possa permettersi di fare in
Italia esattamente quello che vuole, prendee accordi in dergoa ai contratti
nazionali, chiudere uno stabilimento o minacciare di sposare la produzione se
qualcosa non gli è congeniale. Basti ricordare che dietro Marchionne non ci
sono altro che gli Agnelli che per generazioni hanno beneficiato degli atiuti
provenienti dalla casse dello Stato italiano, hanno goduto di privilegi e
favori, sono stati agevolati in ogni modo con le commesse statali e ora, come
Ponzio Pilanto, se ne lavano le mani.
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