Giovedì,
12 Luglio 2012 - È vero che non sarà Giorgio Napolitano, come continuano a
ripetere i suoi collaboratori, a nominare il prossimo presidente del Consiglio.
Quindi, questa volta, non potrà ripetere il colpo dello scorso anno, quando
convocò Mario Monti al Quirinale per affidargli l’incarico di formare il
governo.
IL PROF E IL LEGAME CON LE ISTITUZIONI. È anche vero, però, che il presidente della Repubblica non sarà del tutto estraneo al futuro dell’attuale premier. Nominandolo senatore a vita, lo ha incardinato per sempre nelle istituzioni. Pare difficile, quindi, che Monti, finita la legislatura, se ne torni a fare il professore. Se non altro per onorare la chiamata a Palazzo Madama.
IL PROF E IL LEGAME CON LE ISTITUZIONI. È anche vero, però, che il presidente della Repubblica non sarà del tutto estraneo al futuro dell’attuale premier. Nominandolo senatore a vita, lo ha incardinato per sempre nelle istituzioni. Pare difficile, quindi, che Monti, finita la legislatura, se ne torni a fare il professore. Se non altro per onorare la chiamata a Palazzo Madama.
Il futuro di Mario
Monti, tra Palazzo Chigi e il Quirinale
Ed è
proprio sul futuro del premier, sul suo prossimo incarico, che a Montecitorio
non si fa che mormorare. Anche perché la sua scelta influirà su altre scelte e
altri destini.
LA LETTERA DEI 15 PIDDINI. Se gli ultramontiani del Pd, i 15 della lettera al Corriere della Sera (tra cui Marco Follini e Pietro Ichino) del 10 luglio, lo vorrebbero ancora a Palazzo Chigi, a capo di una coalizione allargata (anche se il premier ha smentito ogni sui interesse a bissare l'esperienza a Palazzo Chigi) altri - e tra questi, perché no, anche Napolitano - non sarebbero dispiaciuti di vederlo al Quirinale. Ebbene sì. Come sucessore di Giorgio I.
LA CENTRALITÀ DEL COLLE. Tra l’altro quella del Colle è una poltrona che, nel settennato di Napolitano, ha assunto un ruolo sempre più centrale, anche a livello internazionale. Chi, dunque, meglio di Monti potrebbe rappresentare l'Italia nelle cancellerie di tutto il mondo?
LA LETTERA DEI 15 PIDDINI. Se gli ultramontiani del Pd, i 15 della lettera al Corriere della Sera (tra cui Marco Follini e Pietro Ichino) del 10 luglio, lo vorrebbero ancora a Palazzo Chigi, a capo di una coalizione allargata (anche se il premier ha smentito ogni sui interesse a bissare l'esperienza a Palazzo Chigi) altri - e tra questi, perché no, anche Napolitano - non sarebbero dispiaciuti di vederlo al Quirinale. Ebbene sì. Come sucessore di Giorgio I.
LA CENTRALITÀ DEL COLLE. Tra l’altro quella del Colle è una poltrona che, nel settennato di Napolitano, ha assunto un ruolo sempre più centrale, anche a livello internazionale. Chi, dunque, meglio di Monti potrebbe rappresentare l'Italia nelle cancellerie di tutto il mondo?
Il domino delle
poltrone: Casini e di Prodi a bocca asciutta
Certo,
è uno scenario - si osserva nei capannelli del Pd in Transatlantico - che
rovinerebbe i piani di molti. Per esempio di Pier Ferdinando Casini che punta
alla poltrona del Quirinale. O di Romano Prodi, che quasi si era abituato
all’idea di occuparla.
LA SECONDA SCELTA DI D'ALEMA. Senza contare che se Monti fosse nominato presidente della Repubblica, la presidenza del Senato, a quel punto, spetterebbe a Casini. E dunque Massimo D’Alema, che aveva messo gli occhi sullo stesso posto, dovrebbe ripiegare sullo scranno più alto di Montecitorio.
ACCORDI A RISCHIO. Peccato solo che è lo stesso a cui sta lavorando Walter Veltroni e su cui, si dice, ci sarebbe un accordo di massima tra l’ex segretario e Pier Luigi Bersani.
LA SECONDA SCELTA DI D'ALEMA. Senza contare che se Monti fosse nominato presidente della Repubblica, la presidenza del Senato, a quel punto, spetterebbe a Casini. E dunque Massimo D’Alema, che aveva messo gli occhi sullo stesso posto, dovrebbe ripiegare sullo scranno più alto di Montecitorio.
ACCORDI A RISCHIO. Peccato solo che è lo stesso a cui sta lavorando Walter Veltroni e su cui, si dice, ci sarebbe un accordo di massima tra l’ex segretario e Pier Luigi Bersani.
Insomma,
sempre secondo voci di Palazzo, Monti al Quirinale rischia di aggiungere un
nuovo capitolo nella disfida tra Massimo e Walter.
La strategia per il
mantenimento della grande coalizione
Su questo
risiko, Napolitano vigila attento. Seminando, forse, qualche indizio circa i
suoi piani. Solo l’altro giorno il presidente aveva messo in chiaro che anche
dopo Monti bisognerà continuare con l’agenda dei tecnici.
IL PRESSING SULLA RIFORMA ELETTORALE. E l'11 luglio, facendo imbestialire i democratici, ha detto che se non si trova l’intesa sulla legge elettorale, sarà necessario lasciare la parola al Parlamento.
L’ennesima uscita, si dice nel Pd, per sbarrare la strada a ipotesi di vittoria del centrosinistra allargato favorendo la riproposizione di una grande coalizione.
IL PRESSING SULLA RIFORMA ELETTORALE. E l'11 luglio, facendo imbestialire i democratici, ha detto che se non si trova l’intesa sulla legge elettorale, sarà necessario lasciare la parola al Parlamento.
L’ennesima uscita, si dice nel Pd, per sbarrare la strada a ipotesi di vittoria del centrosinistra allargato favorendo la riproposizione di una grande coalizione.
Edda Guerrini
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