Mercoledì,
25 Luglio 2012 - Vita
dura per gli aspiranti alla deroga. Si dà il caso, infatti, che i tanti
parlamentari del Pd che devono chiedere la famosa deroga, avendo superato il
limite previsto dallo statuto delle tre legislature per potersi ricandidare,
incominciano a temere che stavolta non sarà così facile. A seminare il panico
tra gli onorevoli dai plurimandati è la crociata, trasversale e sempre più
nutrita, che è partita contro Rosy Bindi, una che di legislature se n’è fatte
ben sei.
L'AFFONDO DI MATTEO RENZI. Il primo a lanciare la campagna era stato Matteo Renzi, primo rottamatore e inventore della categoria. «Se ha avuto il tempo per rileggere lo statuto del Pd», diceva un anno fa a proposito di Bindi, «non può non aver visto che c’è una norma che impedisce di candidarsi per più di tre legislature. Lei è alla sesta».
Ma quello che, fino a pochi mesi nel Pd, sembrava l’attacco solitario di un giovane audace e ambizioso ora comincia a fare scuola. E a chiedere la “testa”, politicamente parlando, di uno dei massimi dirigenti del Pd, persino presidente dell’assemblea del partito, cominciano a essere in tanti. E in tutte le correnti.
LA RICHIESTA DEL PRODIANO GOZI. Proprio alcuni giorni fa ha posto lo stesso problema Sandro Gozi, che non è certo un renziano, ma piuttosto un prodiano. Quindi, teoricamente, vicino a Bindi. Eppure Gozi non l’ha risparmiata. Prima con tweet, dove la accusava di essere «lo specchio di una classe dirigente al tramonto senza idee e che vuole solo sopravvivere».
Poi con un’intervista alla Stampa, dove indicava la pasionaria del Pd come espressione dell’«arroganza della vecchia guardia nel ritenersi indispensabile».
Bindi e quelli della sua generazione, diceva, hanno fatto «una valanga di errori, ci hanno esposti a una sconfitta dietro l’altra». E con tutto questo dovremmo ricandidarla? No grazie.
L'AFFONDO DI MATTEO RENZI. Il primo a lanciare la campagna era stato Matteo Renzi, primo rottamatore e inventore della categoria. «Se ha avuto il tempo per rileggere lo statuto del Pd», diceva un anno fa a proposito di Bindi, «non può non aver visto che c’è una norma che impedisce di candidarsi per più di tre legislature. Lei è alla sesta».
Ma quello che, fino a pochi mesi nel Pd, sembrava l’attacco solitario di un giovane audace e ambizioso ora comincia a fare scuola. E a chiedere la “testa”, politicamente parlando, di uno dei massimi dirigenti del Pd, persino presidente dell’assemblea del partito, cominciano a essere in tanti. E in tutte le correnti.
LA RICHIESTA DEL PRODIANO GOZI. Proprio alcuni giorni fa ha posto lo stesso problema Sandro Gozi, che non è certo un renziano, ma piuttosto un prodiano. Quindi, teoricamente, vicino a Bindi. Eppure Gozi non l’ha risparmiata. Prima con tweet, dove la accusava di essere «lo specchio di una classe dirigente al tramonto senza idee e che vuole solo sopravvivere».
Poi con un’intervista alla Stampa, dove indicava la pasionaria del Pd come espressione dell’«arroganza della vecchia guardia nel ritenersi indispensabile».
Bindi e quelli della sua generazione, diceva, hanno fatto «una valanga di errori, ci hanno esposti a una sconfitta dietro l’altra». E con tutto questo dovremmo ricandidarla? No grazie.
Una regola che non
ammette eccezioni
Negli stessi
giorni un altro attacco alla presidente del Pd arrivava niente meno che da un
promettente giovane bersaniano: Matteo Ricci, sindaco di Pesaro. Bindi è
convinta di ottenere la deroga per l’ennesima candidatura? «Zero deroghe e
primarie per i parlamentari se non ci sarà legge elettorale che fa scegliere i
cittadini. Vedremo quando è ora chi è per il rinnovamento», le rispondeva Ricci
su Facebook. Perché «15 anni in Parlamento bastano e si può fare politica anche
fuori, altrimenti i vertici non si rinnovano mai».
DA INTOCCABILE A TRABALLANTE. E così un pezzo da novanta come Bindi, fino a pochi mesi fa considerata intoccabile, comincia a traballare. Ma, è il ragionamento che si sente fare a Montecitorio, se crolla lei, crolleranno a catena molti altri. Se non si concede la deroga a Bindi, perché bisognerebbe concederla a Walter Veltroni, già alla sesta legislatura, o a Massimo D’Alema, addirittura alla settima? O a Beppe Fioroni, che è alla quarta? E l’elenco potrebbe continuare perché sono circa una settantina quelli che dovranno chiedere l’eccezione allo statuto. Insomma, violato un tabù, le conseguenze sono imprevedibili. E toccheranno tutti quelli che si trovano nelle stesse condizioni. Specie se la battaglia diventerà, come sembra, trasversale alle correnti e sempre più nutrita.
DA INTOCCABILE A TRABALLANTE. E così un pezzo da novanta come Bindi, fino a pochi mesi fa considerata intoccabile, comincia a traballare. Ma, è il ragionamento che si sente fare a Montecitorio, se crolla lei, crolleranno a catena molti altri. Se non si concede la deroga a Bindi, perché bisognerebbe concederla a Walter Veltroni, già alla sesta legislatura, o a Massimo D’Alema, addirittura alla settima? O a Beppe Fioroni, che è alla quarta? E l’elenco potrebbe continuare perché sono circa una settantina quelli che dovranno chiedere l’eccezione allo statuto. Insomma, violato un tabù, le conseguenze sono imprevedibili. E toccheranno tutti quelli che si trovano nelle stesse condizioni. Specie se la battaglia diventerà, come sembra, trasversale alle correnti e sempre più nutrita.
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