Ecco: Monti, ancora una volta, dimentica che il bilancio è fatto di
contenimento di spesa, sì, ma anche di una strategia di crescita – specie se si
ha un debito enorme da ripagare – e lascia che il nostro paese prosegua sulla
strada di una decrescita che il taglio alla spesa – come lo scudo anti-spread,
ammesso che venga mai effettivamente varato – potrà limare di qualche decimale,
ma non invertirà, condannando il nostro paese ad una persistenza sull’orlo del
default che l’alleggerimento “liquidatorio” – e non in funzione di una
ristrutturazione nel senso di un recupero di efficienza – della macchina dello
Stato rischia, semmai, di aggravare. Perché, come scrive il deputato del Pd,
anche i tagli alla spesa – fatti (comunque) male in un primo momento da Monti,
costretto a nominare un altro tecnico perché facesse quello che alla prima
ondata di tecnici non era riuscito – vengono messi in campo senza nessuna
rispondenza ad un disegno complessivo e di rimodellamento del sistema delle
nostre istituzioni e dei nostri servizi (sanitario, scolastico), e quindi
“rischiano” (?) di andare a colpire “alla cieca” e in modo tale da penalizzare,
alla fine, il funzionamento e (quindi) la stessa resa di bilancio del nostro
comparto pubblico.
E’ davvero la delocalizzazione (interna), l’accentramento
(nelle città) dei nostri ospedali e dei nostri plessi scolastici – e quindi il
loro allontanamento dai cittadini, sia in senso geografico sia in termini di
capacità di ascolto e di interazione – il modello che vogliamo adottare nell’organizzare
lo Stato e quindi l’Italia di domani?
Il problema è che a questa domanda il
governo Monti ha scelto di non dare una risposta, continuando a tagliare
indiscriminatamente o reiterando il modello liberista che già lo aveva guidato
nella non riforma (?) del lavoro – dopo la quale lo stesso ministro Fornero
auspica (ex novo)
un “mercato” capace di ridare occupazione ai giovani: senza rendersi conto che
era evidentemente nella sua riforma, la leva attraverso la quale, avendo le
idee chiare, avrebbe potuto/ dovuto perseguire quell’obiettivo ora solo
sterilmente rilanciato in una dichiarazione – da (inevitabilmente) governo
tecnico (quale è) e non Politico.
Lo spread che permane sopra quota 400 (due
anni fa, lo ricordiamo, era a 200) dimostra che tutto questo non basta al paese
ma nemmeno ai mercati: e che la fase-1 e la fase-2 non possono esistere, per la
semplice ragione che la fase-1 (cioè quella dei tagli) senza una contestuale
fase-2 (quella della crescita) è privata della bussola della prospettiva nella
quale ci si muove e finisce per rischiare di essere condotta in modo sbagliato
quando non deleterio e compromissorio della possibilità di scelte strategiche
future; e comunque non basta, non basterà mai a tirare l’Italia fuori dal
pantano.
L’accanimento (quasi ossessivo) di Monti nel ridurre la spesa, senza
“completare l’opera” con misure per la crescita (che continua furbescamente ad
invocare da parte dell’Europa: ma l’Europa siamo, appunto, noi! E l’Europa non
crescerà, nemmeno con le più straordinarie misure assunte a livello
comunitario, se il nostro paese non penserà intanto ad alleggerire la sua parte
di responsabilità nella frenata del Pil continentale) maschera, come lo
spettacolo pirotecnico del suo marcamento a uomo della Merkel a Bruxelles, la
mancanza di visione e il conseguente vuoto di iniziativa. L’immagine (riflessa
nello Specchio?)
è sufficiente ad illuderci (ancora una volta, come, per alcuni di noi, con il
primo Berlusconi) che “grazie a nostre speciali risorse, possiamo cavarcela
anche tirando a campare”: e invece no, presidente Monti. Come dice lei stesso,
è giunto il momento di fare sul serio; il momento della sostanza. Il momento
del (ritorno al)la Politica (vera).
di
FRANCO LARATTA*
Nessun commento:
Posta un commento