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giovedì 19 luglio 2012

MALI – Rossella Urru. La svolta per la libertà

Così si è sbloccato il rilascio di Urru.
C'è un motivo se dopo tanti annunci caduti nel vuoto e manciate di speranze tramutate in rassegnazione, il 18 luglio la notizia della liberazione della cooperante Rossella Urru e dei due colleghi spagnoli è sembrata subito plausibile. Anzi, le ragioni sono almeno tre.
I nove mesi del rapimento sono stati segnati dalle turbolente vicende dello Stato africano del Mali, dove era tenuta prigioniera.
Prima, il 22 marzo, il colpo di Stato militare contro un governo democraticamente eletto ma impotente.
Poi l'avanzata della rivolta dei tuareg, la resa dei golpisti e la dichiarazione di indipendenza del Nord. Infine, il suo sovrapporsi, mescolarsi e invischiarsi irrimediabilmente con la guerriglia degli estremisti islamici dell'Ansar al Din, vicino all'Aqmi, il ramo di al Qaeda nel Maghreb.
TERRITORIO INSTABILE. Urru è stata trascinata nell’epicentro dell’instabilità, dal deserto del Saharawi al Nord del Mali e lì sembrava saldamente nelle mani dei qaedisti locali.
Mentre tutt'attorno si trovavano uno Stato sfaldato, un territorio senza controllo e una comunità internazionale assente. Capace di prestare attenzione solo alla distruzione dei santuari di sabbia di Timbuctù.
Nel vuoto di potere e quindi di organizzazione sociale, l'unica egemonia possibile sembrava quella del terrorismo.
Il mosaico, però, è sembrato ricomporsi d'un tratto attorno alla metà di luglio.

La svolta nell'atteggiamento della classe dirigente di Bamako

Prima di tutto il rafforzamento del governo di transizione, nominato il 6 aprile dopo che la giunta militare ha lasciato il potere con il compito di formare un nuovo esecutivo di unità nazionale.
Dopo tre mesi di caos, il primo ministro Cheick Modibo Diarra ha finalmente annunciato di essere pronto a iniziare la concertazione, coinvolgendo «tutte le forze vive del Paese».
Finora, ha spiegato Diarra, il clima politico era ostile: adesso, invece, «la polarizzazione si è attenuata» e la possibità dell'unità nazionale è divenuta realistica.
La svolta nell'atteggiamento della classe dirigente di Bamako, e forse la fine della fase di vuoto politico, è dimostrata anche dall'attivismo del ministro della Giustizia, Malick Coulibaly, che ha sollecitato la Corte penale internazionale ad aprire un'inchiesta sui crimini e le atrocità compiute negli ultimi mesi nella regione settentrionale.
LA SPINTA DELL'UNIONE AFRICANA. La seconda spinta è venuta dall'Unione africana e, in particolare, dalla Comunità economica dell'Africa dell'Ovest, preoccupata per le conseguenze del conflitto e della persistente assenza di autorità sullo sviluppo della regione.
Sono stati i Paesi 'fratelli' a far pressione per la creazione di un esecutivo di larghe intese.
E sempre le istituzioni africane si sono dette disponibili a inviare 3 mila militari per riportare l'ordine sul territorio. Tutte le trattative, peraltro, sono state tessute dai mediatori del Burkina Faso, tradizionale alleato del Mali e altrettanto consueto ambasciatore delle crisi regionali. Originari del Burkina Faso sarebbero anche i negoziatori della liberazione della giovane italiana.
IL RISVEGLIO DELLA SOCIETÀ CIVILE. La terza forza è un genuino risveglio della società civile di fronte alla violenza, testimoniato - sempre il 18 luglio - dallo sciopero generale dei giornalisti, stanchi delle intimidazioni di cui sono stati vittime i direttori di quotidiani negli ultimi mesi. Una protesta tanto sentita da far ottenere ai cronisti un incontro con il gabinetto del primo ministro.
La stampa francese ha riferito, inoltre, del rinvigorito ritorno del gruppo indipendendista tuareg dell'Mnla (Movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad): gli stessi nomadi blu che prima sono stati considerati acerrimi nemici dal governo di Bamako e che adesso potrebbero essere considerati potenziali alleati contro la ben più sanguinaria minaccia dei qaedisti.
L'11 luglio, i guerriglieri di Ansar al Din erano riusciti a cacciare i miliziani dell'Mnla dall'ultima città del Nord. Ora, però, i tuareg non estremisti hanno riguadagnato terreno.
LO SBLOCCO DELLE TRATTATIVE. Tutto questo deve aver influito sulla capacità dei terroristi di negoziare sugli ostaggi. Forse intimoriti da una possibile alleanza tra il governo di Bamako e l'Mnla, domenica 15 luglio, 48 ore prima del rilascio di Urru, gli estremisti islamici hanno rimesso in libertà anche tre dei sette diplomatici algerini rapiti nella città di Gao.
La liberazione della cooperante, insomma, potrebbe essere l'ennesimo tassello, necessario a ricomporre le ferite e gli equilibri del Mali. Anche a costo, però, di trovare un compromesso con gli uomini del terrore. (
Giovanna Faggionato)

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