Buenos Aires - "Sono arrivati quasi alla fine della nostra vita, è chiaro che si sono mangiati la metà dei nostri risparmi".
Ana è un'anziana signora
argentina che nel 2001 rimase schiacciata dal macigno della crisi economica,
insieme alla maggior parte dei suoi connazionali.
All'epoca il governo
argentino per frenare la corsa agli sportelli bloccò i depositi in dollari, con
una serie di misure rimaste alla storia come "corralito". Per gli
argentini le alternative erano due: o accettare la riscossione immediata ma in
pesos, il cui valore era crollato, o accettare una promessa dal governo che
quei risparmi sarebbero stati restituiti in dollari nel corso dei successivi
dieci anni.
"La signora della
banca mi ha chiamato e mi ha detto: ci sono queste due opzioni o ti restituiamo
tutto in due anni in pesos argentini, o compri dei bond al 2012. Siccome
ritenevo che i bond fossero un affare piccolo per persone normali ho deciso per
questa soluzione".E così è arrivato il giorno in cui è stata onorata la
promessa dell'allora presidente Eduardo Duhalde.
Il governo, oggi guidato
da Cristina Fernandez, ha pagato l'ultima tranche da 2,3 miliardi di dollari di
quelle obbligazioni. In realtà la maggior parte di quei bond non sono nelle
mani di piccoli risparmiatori, che dieci anni fa preferirono pochi pesos subito
a una promessa di rimborso a dieci anni, ma in mano a investitori
internazionali che avevano puntato sul paese.
Ora a dieci anni di
distanza l'Argentina esulta e suggerisce all'Europa, sull'orlo del baratro, di
prendere esempio da lei.
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