Antonio Franco, che cinque anni fa minacciò di boicottare la cerimonia della Giornata della Memoria della Shoà, sarà ricordato a Roma come l’inviato che ha condotto la battaglia della Chiesa Cattolica per riscattare il nome di papa Pio XII al Museo di Yad Vashem: una campagna salutata come un successo, in Vaticano, quando il Memoriale del Museo della Shoà di Gerusalemme ha accettato di modificare una didascalia in cui si indicava che Pio XII non fece abbastanza per fermare il genocidio di sei milioni di ebrei ad opera della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Lazzarotto
è invece collegato allo scandalo dei preti pedofili che ha scosso la Chiesa
Cattolica irlandese nel 2005. E’ stato infatti accusato d’aver fatto tutto ciò
che era in suo potere per proteggerli. Si ritiene che Lazzarotto, all’epoca
ambasciatore della Santa Sede in Irlanda, abbia capeggiato la politica di papa
Benedetto XVI di non cooperazione con il giudice Yvonne Murphy, capo della
Commissione incaricata dal governo irlandese di indagare sullo scandalo degli
abusi sessuali nell’arcidiocesi cattolica di Dublino. Il rapporto della
Commissione concludeva che “almeno fino alla metà degli anni ’90, la
preoccupazione dell’Arcidiocesi di Dublino nel trattate i casi di abusi
sessuali su minori è stata quella di mantenere la segretezza, evitare lo scandalo,
proteggere la reputazione della Chiesa e preservare il suo patrimonio.
Ogni
altra considerazione, compreso il benessere dei bambini e il rendere giustizia
alle vittime, era subordinata a queste priorità”. La Commissione criticava
l’arcivescovo Lazzarotto per il suo rifiuto di rendere note informazioni dai
rapporti circa gli abusi sessuali del clero su minori.
Nel
2008, un anno prima che la Commissione d’inchiesta inoltrasse le sue
conclusioni incriminanti alla Corte Supreme irlandese, il Vaticano decideva di
nominare Lazzarotto suo rappresentante in Australia.
Con un
attacco senza precedenti alla Santa Sede, l’allora primo ministro irlandese
Enda Kenny affermava: “Lo stupro e la tortura di bambini sono stati minimizzati
o ‘gestiti’ pur di sostenere il primato dell’istituzione, il suo potere, il suo
rango e la sua reputazione”. Enda Kenny terminava denunciando “elitarismo,
separatezza, disfunzione e narcisismo in Vaticano”. Lo scorso novembre Dublino
ha deciso di chiudere la sua ambasciata presso al Santa Sede.
Ed ora
il Vaticano decide di nominare Lazzarotto suo ambasciatore in Israele. Gli
ebrei, devono essersi detti al Segretariato di Stato pontificio, hanno già
problemi per conto loro: i preti pedofili non sono all’ordine del giorno, nel
tumultuoso Medio Oriente, così possiamo dimostrare il nostro apprezzamento per
la lealtà di Lazzarotto durante lo scandalo in Irlanda conferendogli la
prestigiosa carica di rappresentante del Vaticano a Gerusalemme.
La
nomina suona come uno schiaffo in faccia a Israele e sottolinea i rapporti tesi
fra Santa Sede e stato ebraico, basati soprattutto su gesti simbolici.
Per
questo Israele dovrebbe chiedere chiarimenti a Vaticano e Irlanda circa la
condotta dell’arcivescovo durante lo scandalo dei preti pedofili, prima che
abbia inizio il suo mandato come ambasciatore in Israele. Facendolo, Israele
manderebbe al clero in tutto il mondo un chiaro messaggio: Gerusalemme
considera gli abusi sessuali su minori un reato grave e coloro che ratificano
tali reati non possono trovare rifugio in Israele, nemmeno come rappresentanti
del papa (Menachem Gantz)
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