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lunedì 27 agosto 2012

CITTA’ DEL VATICANO - Quella nomina vaticana che umilia Israele.

La decisione di papa Benedetto XVI di nominare l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto come nuovo ambasciatore pontificio in Terra Santa costituisce per Israele una vergogna e un’umiliazione. Il nuovo nunzio apostolico (così viene chiamato l’ambasciatore del Vaticano), rappresentante del papa in Australia dal 2007, succede al nunzio uscente mons. Antonio Franco, in servizio a Gerusalemme negli ultimi sei anni.

Antonio Franco, che cinque anni fa minacciò di boicottare la cerimonia della Giornata della Memoria della Shoà, sarà ricordato a Roma come l’inviato che ha condotto la battaglia della Chiesa Cattolica per riscattare il nome di papa Pio XII al Museo di Yad Vashem: una campagna salutata come un successo, in Vaticano, quando il Memoriale del Museo della Shoà di Gerusalemme ha accettato di modificare una didascalia in cui si indicava che Pio XII non fece abbastanza per fermare il genocidio di sei milioni di ebrei ad opera della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.

Lazzarotto è invece collegato allo scandalo dei preti pedofili che ha scosso la Chiesa Cattolica irlandese nel 2005. E’ stato infatti accusato d’aver fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerli. Si ritiene che Lazzarotto, all’epoca ambasciatore della Santa Sede in Irlanda, abbia capeggiato la politica di papa Benedetto XVI di non cooperazione con il giudice Yvonne Murphy, capo della Commissione incaricata dal governo irlandese di indagare sullo scandalo degli abusi sessuali nell’arcidiocesi cattolica di Dublino. Il rapporto della Commissione concludeva che “almeno fino alla metà degli anni ’90, la preoccupazione dell’Arcidiocesi di Dublino nel trattate i casi di abusi sessuali su minori è stata quella di mantenere la segretezza, evitare lo scandalo, proteggere la reputazione della Chiesa e preservare il suo patrimonio.

Ogni altra considerazione, compreso il benessere dei bambini e il rendere giustizia alle vittime, era subordinata a queste priorità”. La Commissione criticava l’arcivescovo Lazzarotto per il suo rifiuto di rendere note informazioni dai rapporti circa gli abusi sessuali del clero su minori.

Nel 2008, un anno prima che la Commissione d’inchiesta inoltrasse le sue conclusioni incriminanti alla Corte Supreme irlandese, il Vaticano decideva di nominare Lazzarotto suo rappresentante in Australia.

Con un attacco senza precedenti alla Santa Sede, l’allora primo ministro irlandese Enda Kenny affermava: “Lo stupro e la tortura di bambini sono stati minimizzati o ‘gestiti’ pur di sostenere il primato dell’istituzione, il suo potere, il suo rango e la sua reputazione”. Enda Kenny terminava denunciando “elitarismo, separatezza, disfunzione e narcisismo in Vaticano”. Lo scorso novembre Dublino ha deciso di chiudere la sua ambasciata presso al Santa Sede.
Ed ora il Vaticano decide di nominare Lazzarotto suo ambasciatore in Israele. Gli ebrei, devono essersi detti al Segretariato di Stato pontificio, hanno già problemi per conto loro: i preti pedofili non sono all’ordine del giorno, nel tumultuoso Medio Oriente, così possiamo dimostrare il nostro apprezzamento per la lealtà di Lazzarotto durante lo scandalo in Irlanda conferendogli la prestigiosa carica di rappresentante del Vaticano a Gerusalemme.
 
La nomina suona come uno schiaffo in faccia a Israele e sottolinea i rapporti tesi fra Santa Sede e stato ebraico, basati soprattutto su gesti simbolici.

Per questo Israele dovrebbe chiedere chiarimenti a Vaticano e Irlanda circa la condotta dell’arcivescovo durante lo scandalo dei preti pedofili, prima che abbia inizio il suo mandato come ambasciatore in Israele. Facendolo, Israele manderebbe al clero in tutto il mondo un chiaro messaggio: Gerusalemme considera gli abusi sessuali su minori un reato grave e coloro che ratificano tali reati non possono trovare rifugio in Israele, nemmeno come rappresentanti del papa (Menachem Gantz)

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