Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 7 agosto 2012

EUROZONA - I nuovi padroni dell’Europa

Con un click i giovani broker della City possono far cadere i governi o minacciare la sopravvivenza dell’euro. Ma, come ammettono loro stessi, hanno difficoltà a interpretare i segnali confusi provenienti dai leader europei e agiscono con prudenza, in un circolo vizioso che alimenta la crisi del debito.
Katrin Bennhold 7 agosto 2012 INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE Paris

 James Konrad, un ventisettenne dai modi gentili e dalle fattezze da bambino, era solito guadagnarsi da vivere lavorando per una società di scommesse sportive, soppesando le probabilità di vincita dei cavalli impegnati nelle corse su piste fangose. Di questi tempi, invece, raccoglie scommesse in quel terreno fangoso che è la politica europea.

Ogni giorno Konrad scambia eurobond per un valore che arriva a tre miliardi di sterline, o 4,7 miliardi di dollari, per conto della Royal Bank of Scotland. Le sommesse sono incerte, in entrambi i settori, ma le somme di denaro delle poste sono sicuramente più ingenti nel suo attuale lavoro. Al punto da stupirlo quasi: “Come far capire a qualcuno che hai realizzato delle transazioni per un valore di un miliardo? È facile perdersi negli zeri di un miliardo”, dice Konrad.

Il mercato delle obbligazioni emerge come un protagonista di primo piano della crisi economica europea, giacché rappresenta uno spostamento di potere di grande rilievo dai politici agli investitori e a una coorte relativamente oscura di banchieri. Nel complesso, la loro opinione che cambia di giorno in giorno può rovesciare governi e custodire la chiave per la sopravvivenza dell’euro.

Se quel mercato può sembrare a chi non ne fa parte come un incommensurabile Golia, nelle interviste i trader stessi ammettono di avere timore e di sentirsi confusi. Stando a quanto afferma la Banca centrale europea, ormai sono alle prese con livelli incredibilmente alti di rischio e di ricchezza per gli investitori – qualcosa come 6.700 miliardi di euro di debito dei governi della zona euro. La principale paura economica che alcuni paesi europei siano troppo indebitati è un cruciale fattore che orienta i mercati. Molti investitori temono il rischio a medio e lungo termine legato al mantenimento dell’indebitamento dei governi europei, e hanno preso quella che considerano la decisione razionale di ridurre i loro beni o addirittura procedere a un bailout. E mentre i leader europei continuano a sostenere che la valuta comune, l’euro, sopravvivrà alla crisi, non tutti gli economisti ne sono altrettanto sicuri.

Alcuni trader sono apertamente preoccupati che troppi dei loro colleghi siano privi delle qualità necessarie a decifrare i segnali contrastanti in arrivo dai leader europei in un settore che dipende sempre più dalle intuizioni e dalla perspicacia politica. Le fluttuazioni a breve termine dei tassi delle obbligazioni – ammettono – non sempre riflettono in maniera accurata il valore e il rischio reali. Eppure spesso i trader sono considerati alla stregua dell’ultima parola dei politici su tutta una molteplicità di politiche governative e spesso sono fraintesi. I trader sono i primi ad ammettere che l’esito delle loro decisioni non è necessariamente coerente o razionale o chiaro nel messaggio che invia. Eppure di rado hanno tenuto in mano così a lungo la falciatrice.

“Eravamo soliti misurare qualsiasi cosa nel minimo dettaglio”, dice Tim Skeet, managing director del reddito fisso alla Royal Bank of Scotland. “Di questi tempi, invece, niente è misurabile. Ormai non si tratta neanche più di masticare cifre, ma di appellarsi all’oracolo di Delfi”.

Gli economisti hanno la propensione a trattare il mercato obbligazionario alla stregua di un giocatore razionale che impone la disciplina di budget ai politici. Questi a loro volta lo considerano guidato dalla consapevolezza della folla, accusando i “vigilantes dei bond” di compromettere la ripresa dell’Europa e il suo beneamato welfare state. Ma la realtà è molto più sfumata.

Quella paura che circola tra i trader e i loro nervosi investitori contribuisce a spiegare perché i tassi si sono impennati per i paesi nei guai come l’Italia e la Spagna e perché i tassi di interesse si sono indirizzati in territorio negativo per i più affidabili bond tedeschi: gli investitori sono terrorizzati al punto da pagare davvero Berlino per il privilegio di prestare loro soldi.

Nel rischio, però, c’è sempre anche il profitto – altissimo – e ci sono pure le perdite. Le cifre ora in gioco nel mercato obbligazionario lo rendono vulnerabile a quei tipi di speculazione, volubilità e riprese più tipicamente associati al mercato azionario.

Mentre l’indebitamento dei governi in tutta l’Unione Europea ha raggiunto l’88 per cento del prodotto interno lordo – e ancora di più in parecchi paesi – secondo Eurostat alcuni fondi di debiti sovrani hanno portato al 9 per cento i guadagni annuali degli investitori. Naturalmente gli investitori che possedevano bond statali greci sono quelli che hanno subito le perdite maggiori.

Con così tanto potere di leva a sua disposizione, i giudizi del mercato obbligazionario possono avere un potere profetico: in altri termini possono auto realizzarsi, influenzare gli eventi nel momento stesso in cui i trader li valutano in sede di contrattazione.

Se gli investitori e i trader giudicano rischiosi i bond spagnoli perché il governo di Madrid potrebbe fare default, contribuiscono di fatto a rendere più verosimile questa ipotesi, aumentando i costi dei prestiti. Non ha certo giovato, naturalmente, che per mesi il governo spagnolo abbia smentito o travisato di proposito che esistessero enormi problemi nelle sue banche. Né che prima che la Spagna scivolasse nei guai, chi era proprietario del debito greco avesse già subito ingenti perdite. E tenuto conto dei profondi problemi economici della Spagna, alcuni credono che possa rendersi necessario un bailout.

Se i politici si aspettavano che il mercato obbligazionario parlasse con una voce sola, sono soliti lamentarsi i trader, avrebbe giovato che anche i politici l’avessero fatto. In verità, per molti aspetti la crisi dell’Europa è diventata una specie di corsa tra le frenetiche domande dei trader e i valzer dei leader europei che si appigliano alla costruzione delle istituzioni per proteggere la loro unione valutaria. È una gara snervante.

Olivier de Larouzière ricorda di aver convocato una riunione di emergenza negli uffici della Natixis Asset Management sulla Rive Gauche a Parigi durante una fase di svolta radicale vissuta a giugno. Quel giorno de Larouzière, che in qualità di responsabile dei titoli in euro a reddito fisso della Natixis gestisce qualcosa come 18 miliardi di euro di debiti, ha visto il rendimento dei bond spagnoli decennali superare il 7 per cento mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel e le sue controparti europee facevano il possibile per persuadere i mercati che un bailout per la Spagna non era necessario.

La percezione negativa del debito sovrano dell’Ue – stimolata almeno in parte dalle legittime preoccupazioni per il fatto che i leader europei non concordano su che cosa fare in proposito – può essere contagiosa, in particolare quando abbinata a dati economici reali che si sono fatti sempre più inquietanti.

Una questione di paura

Oggi Olivier de Larouzière ritiene che “i rendimenti dei bond italiani non dovrebbero essere dove sono”, intendendo con ciò che crede che i progressi fatti dal paese con la spending review siano di gran lunga migliori di quelli di cui gli si dà merito. Ma egli continua a vendere il debito italiano, temendo che il pessimismo collettivo renderà più difficile per Roma mettere insieme i cento miliardi di euro di cui ha bisogno quest’anno.

“Qui non è tanto una questione di principi economici, quanto di fondamentali emozioni umane: la paura” ha detto. Naturalmente gli scettici ribatteranno che malgrado tutti i progressi politici che l’Italia ha fatto, i prezzi dei suoi bond riflettono il timore che il suo livello di indebitamento rimanga eccessivamente e scomodamente alto.

Queste preoccupazioni sono nuove per la maggioranza dei trader cresciuta quando buona parte dell’Europa aveva un rating creditizio da tripla A. Il quadro è cambiato ora così repentinamente che Konrad – sebbene non abbia neppure 30 anni – ha già attraversato a grandi passi entrambe queste epoche. Oggi la sua laurea in storia gli torna utile: per raggiungere le oltre 600 quotazioni di prezzo al giorno che mette insieme per i suoi bond – circa una al minuto – la valutazione da parte sua dei risultati elettorali di un dato paese è per molti aspetti tanto importante quanto il suo rapporto sul Pil.

Avendo studiato letteratura tedesca e francese, il suo collega Skeet teme che i mercati moderni non siano preparati per questo nuovo mondo. “Alcune persone si affidano troppo ai modelli senza porsi domande. Dovremmo invece passare da un approccio estremamente tecnico, basato sui dati e sensibile a essi, a un approccio maggiormente intuitivo e qualitativo”.

Konrad è uno dei pochi alla scrivania con una laurea in scienze umanistiche. Gli altri quattro hanno lauree in matematica o in materie scientifiche, come la maggioranza dei trader.

Se Konrad trascorre parte del suo tempo a cercare di valutare le correnti politiche in fluttuazione, i suoi colleghi di formazione più matematica conformano i loro pensieri a scopi commerciali. Konrad ammette che non sempre il risultato è coerente e dice: “Nel mercato ci sono alcune cose irrazionali”. (Traduzione di Anna Bissanti)

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