Tutti gli indicatori
sociali delineano che quelle dei giovani oggi sono vere e proprie biografie di
sofferenza. Senz’altro il nostro Paese fa poco perché le nuove generazioni
siano attive e in prima linea e Failla concorda sul fatto che «gli enti
formativi ed educativi dovrebbero fare di più, così come le istituzioni dovrebbero
favorire lo sviluppo e la crescita».
Ma Failla non intende
proporre una visione meramente vittimistica, poiché «anche i giovani hanno le
loro responsabilità. È necessario uno scatto d’orgoglio. Le nuove generazioni
devono mettersi in gioco anche se il prezzo è altissimo, non si devono
arrendere».
La quotidianità
presenta, però, uno scenario fosco ai giovani, sempre più spaesati, assaliti
dalla globalizzazione che tutto consuma e divora, impigriti, senza prospettive
a causa di una crisi economica che non consente di intravedere uno spiraglio di
luce. Così a quella economica e finanziaria si accompagna una crisi progressiva
dei tradizionali punti di riferimento, delle certezze e delle prospettive di
vita: scompare la parola “futuro” e qualsiasi forma di progettualità. Ciò
rischia di minare il sentimento di passione civile.
Failla, però, non è
pessimista. Secondo lui «la passione civile c’è ancora ed è tanta. Il Forum
comprende 80 organizzazioni giovanili e in generale il panorama
dell’associazionismo giovanile è ampio e diversificato. Non si può dire che i
giovani siano tutti impegnati, ma non è vero che c’è meno slancio».
L’ALLARME
DISOCCUPAZIONE
– Secondo l’Istat – l’istituto nazionale di statistica – nel mese di giugno il
tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,8%, con 2 milioni e 792mila
disoccupati, il 37,5% in più rispetto all’anno scorso. «Dati assolutamente
allarmanti, ma devo ammettere di essere stanco di leggere numeri.
Il rischio è quello
di soffermarsi su dati statistici, di assuefazione al dato», lamenta Failla,
che ricorda la necessità di non dimenticare che «dietro queste realtà vi sono
ragazzi che non riescono a crearsi un futuro. I dati sono freddi.
La generazione
attuale vive una crisi che è attuale e sembra destinata a protrarsi, con il
rischio di una contingenza negativa permanente. Non dar loro sicurezze oggi,
minaccia di farli rimanere nella stessa condizione domani». Il suo monito ha lo
scopo di spronare all’azione e alla reazione a questo status quo anestetizzato,
immobile.
Senza una formazione
adeguata non c’è alcuna possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.
I GIOVANI, LA
POLITICA E LA DISAFFEZIONE AL VOTO -
«Può esistere la politica senza utopia», dice Failla,
sostenendo che i giovani sono capaci di concretezza, ma al tempo stesso che gli
adulti devono dar loro il modo di inserirsi nei processi decisionali.
Failla ricorda però
che un po’ di utopia serve, perché è il segno distintivo di slancio e di
ideali, necessari tanto più in quest’epoca in cui gli adulti sembrano averli
smarriti.
Anche con questo si
spiega una crescente disaffezione alla politica, in particolare la rinuncia al
voto che altro non fa che ritorcersi contro chi la pratica.
Failla in merito
ricorda che il diritto di voto «è l’arma più potente che abbiamo in una
democrazia. Siamo noi a scegliere i nostri rappresentanti, anche se ora con
questa legge elettorale è difficile». Failla parla di «colpa» poiché «non
prestare la giusta attenzione alla politica significa delegare il proprio
presente e il proprio futuro ad altre persone». «Puoi anche non occuparti di
politica, ma la politica si occuperà comunque di te» , disse John F. Kennedy
più di 50 anni fa.
LA NEET GENERATION E
GLI “EX” GIOVANI SENZA STABILITÀ - Nel discorso generale sulla disoccupazione,
in Italia, sono particolarmente allarmanti il fenomeno della neet generation
(acronimo inglese di “not in education, employment or training”) – quei giovani
che non studiano né lavorano, fuori da qualsiasi prospettiva di vita attiva – e
quello degli “ex” giovani senza stabilità lavorativo-professionale. Failla
considera entrambi i fenomeni stigmati di una generazione vittima di continui
rifiuti e della totale mancanza di progettualità. Pur esortando i giovani a una
determinazione, magari a una fantasia maggiore, il portavoce del FNG sottolinea
che «le istituzioni devono dare quei sostegni perché le nuove generazioni
possano promuovere se stesse», e cita in particolare l’imprenditoria e
l’orientamento al lavoro.
IL RUOLO DELLA
FAMIGLIA -
Anche la famiglia, primaria agenzia di welfare, è sempre più minacciata nel suo
ruolo.
Failla spiega che «le
nuove generazioni non sono mai state considerate a rischio, perché
tradizionalmente la famiglia è sempre stata il primario ammortizzatore
sociale». Ma oggi è sempre più difficoltoso per il nucleo familiare far fronte
ai bisogni dei giovani, perché «anche le famiglie stanno vivendo il fenomeno di
continuo impoverimento che comporta il rischio di entrare in quella fascia di
povertà dalla quale poi è difficile uscire». Risulta, dunque, necessario «dare
un sostegno alle nuove generazioni, ma senza trascurare un sostegno alle
famiglie», ammonisce il giovane portavoce del Forum.
L’IPOCRISIA
DELL’ELETTORATO ATTIVO E PASSIVO - In Italia esiste la differenziazione tra
l’elettorato attivo e passivo che Failla definisce «un’ipocrisia».
A 18 anni si può
eleggere, ma non si può essere eletti, cioè, i giovani sono ritenuti incapaci
di rappresentare qualcun altro. «Secondo me – dice Failla – i giovani italiani
sarebbero in grado di farlo, anzi forse sarebbero anche più bravi rispetto agli
attuali governanti». Il portavoce del Forum ricorda anche che il precedente
governo aveva fatto un piccolo passo in avanti poiché «la Camera aveva
approvato il testo relativo all’equiparazione del voto attivo e passivo, ma poi
l’iter parlamentare si è bloccato. È dunque necessario che il dibattito
riparta». «Una lettura diversa potrebbe aiutare le istituzioni.
L’Italia in questo
modo priva le nuove generazioni del diritto di rappresentare altri cittadini e
al contempo si priva di un punto di vista “altro”, che potrebbe generare
impulsi diversi e dare risposte alternative alla contingenza che stiamo
vivendo». Risposte urgenti e necessarie per i nostri giovani, per sfuggire a
una sorta di “eterno presente” e alla condanna a un futuro quasi inesistente.
Per esempio, sul tema del lavoro che «un diciottenne affronterebbe in maniera
diversa da un settantenne, poiché il primo ha una visione differente per una
cultura già intrisa di globalizzazione e di informatica». (Silvia Sequi)
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