Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


lunedì 27 agosto 2012

ITALIA - Sulcis, i traditi dalla Regione

Viaggio tra gli operai nella miniera occupata.

Lunedì, 27 Agosto 2012 - Da lontano si vedono le colline nere e le pale eoliche. E poi la Carbosulcis, l’ingresso verso la terra in cui si estrae ancora carbone, l’unica miniera in Italia, dove lavorano 470 persone.
Lo sfondo è quello della provincia del Sulcis-Iglesiente, a Gonnesa, qualche chilometro appena da Carbonia, dove ovunque si vedono le tracce di scavi e archeologia mineraria, nonché montagne di detriti e ceneri. Lì, nel sottosuolo, dalla serata di domenica 26 agosto ci sono circa 60 operai. Sono rimasti lì alla fine del loro turno a 373 metri di profondità nel pozzo numero uno. Lunedì 27 se ne sono aggiunti 80. E resteranno lì, dicono i loro compagni di lavoro, a oltranza fin quando non si avranno risposte concrete dal governo sul progetto di rilancio del sito di Nuraxi Figus, quello che prevede l’integrazione tra l’estrazione del carbone e una centrale termoelettrica, ma soprattutto lo stoccaggio dell’anidride carbonica per 200 milioni di euro. Da qui l’etichetta di «carbone pulito».
BLITZ DEI MINATORI PER PROTESTA. Così dopo giorni di agitazione è partito il blitz e i minatori che avevano finito il turno non sono risaliti e hanno trascorso la prima notte in galleria. Si daranno il cambio, dicono in crocchio all’ingresso, dove ci sono tre enormi cumuli di carbone che bloccano l’accesso ai mezzi pesanti.
Sopra sono piantate le bandiere dei sindacati confederali, di lato due lenzuoli con la scritta in rosso: «Non fateci perdere la ragione e la ragione di vivere» e poi «Enel (principale cliente della Carbosulcis, ndr) è nemica del Sulcis».
VIA GLI INVESTITORI DALLA SARDEGNA. Il rischio è quello che nessuno voglia investire sulla Sardegna sudoccidentale, terra di miniere dismesse e multinazionali in fuga dal polo di Portovesme (si veda il caso Alcoa).
L’Unione europea dovrebbe finanziare sei progetti del tipo Carbon capture and storage, di cui solo uno in Italia. Da qui la competizione con il sito di Porto Tolle in Veneto, dove dovrebbe essere convertita una centrale: da olio a carbone pulito, attività considerata strategica dai vertici Enel e quindi privilegiata.
Ma in Sardegna si è ancora allo stadio embrionale, nessun bando internazionale e lo stesso governo che ha storto il naso. Con una scadenza vicina: il 31 agosto c’è un incontro al Mise a Roma. Dove i vertici di Carbonsulcis, Provincia e soprattutto Regione (azionista unico) dovrebbero avere delle risposte e convincere gli scettici.

Il minatore che occupa: «È un segnale per dire che siamo stufi dei rinvii»


Nella mensa è ora di pranzo: panini, salame, mortadella e qualche sottiletta. Alle spalle i murales che descrivono il lavoro durissimo, si parla dei vertici della società, da sempre nomine politiche, ma soprattutto si aspetta l’assemblea dove i rappresentanti sindacali hanno poi riferito dell’incontro in Regione, a Cagliari. Tutti sono convinti.
Il 52enne Luigi Manca ha trascorso quasi 30 anni a lavorare nel sottosuolo. «C’è un ritardo fortissimo», spiega a Lettera43.it il minatore, «l’occupazione della miniera è un segnale per dire che siamo stufi dei soliti rinvii. Il progetto deve andare avanti, noi ci crediamo e abbiamo sempre lottato».
Lui è un veterano delle proteste, anche nel sottosuolo, a centinaia di metri di profondità. L’ultima è stata nel 1995 quando i minatori hanno resistito per più di tre mesi.
«Scendere sotto non vuol dire rinchiudersi, nascondersi è un atto estremo, perché lì abbiamo l’esplosivo che usiamo per i pannelli delle coltivazioni, dove i macchinari non riescono», dice ancora Manca e racconta che ci sono 350 chili di dinamite, divisa in candelotti.
«Abbiamo manifestato qui, a Cagliari e a Roma. Abbiamo beccato le manganellate e lì ci schernivano: 'Venite fin qui a protestare per lavorare sottoterra'». Eh sì, questo è il loro lavoro.
PER I GIOVANI NON C'È ALTERNATIVA. Con lui Andrea Pinna, 51 anni, altro minatore storico. E c’è pure voglia di scherzare, nonostante tutto: «Ora spieghiamo ai giovani i trucchi delle lotte e poi andremo in pensione». Peccato che dovrebbero passare vari anni, nonostante il lavoro usurante e i cosiddetti scivoli.
Quattro anni fa sono stati assunti circa 100 giovani, tutti arrivano dai centri vicini: Gonnesa, Iglesias, Carbonia.
Fabio Ariu ha 25 anni, è stato assunto alla Carbonsulcis quando ne aveva 20, dopo sei mesi di apprendistato. Ora ripara i mezzi meccanici, prima li guidava nelle gallerie. Dice di guadagnare circa 1.200 euro, con il lavoro nel sottosuolo qualche centinaia di euro in più.
«Ma è un buon lavoro», spiega, «e in ogni caso non si trova tanto qua in giro. Anzi, nulla. Solo padri cassintegrati. Se non ci sarà un vero rilancio non vedo prospettive, se non quella, di partire. Sono stato un anno a Belluno, ma ora andrei via, all’estero. Altrimenti qui, a vivere con pane e acqua».
LA PROTESTA COINVOLGE TUTTI. Altro tavolo, altri umori: la divisa per alcuni è la stessa, tuta e scarpe antinfortunistiche. Sono i tecnici della miniera: geologi e ingegneri. Dicono di aver saputo dell’occupazione solo nella mattinata di lunedì 27 all'ingresso dell'azienda.
«La lotta è di tutti, perché l’interesse è comune», spiegano, «ora dobbiamo essere coinvolti anche per le altre forme di protesta e vogliamo capire il punto di vista del principale azionista, ossia la Regione Sardegna». E parlano anche di altri progetti di rilancio interni accantonati: temono che aggrapparsi a un’unica via d’uscita sia molto rischioso.
Il Sulcis-Iglesiente è infatti la Provincia più povera d’Italia e con un'altissima percentuale di disoccupati ed ex lavoratori che vivono di ammortizzatori sociali. E la deindustrializzazione in corso non ha lasciato alcuna prospettiva.

L'ex presidente della Sardegna Pili fa visita ai minatori


Il via vai dei caschetti gialli all’ingresso del pozzo è continuo: chi scende nel sottosuolo, chi esce e chi controlla. Qualche donna addetta alla sicurezza, ma sono davvero poche. Dalla mattina c’è anche il deputato del Popolo della libertà ed ex presidente della Regione, Mauro Pili, che sostiene la protesta dei minatori e nel primo pomeriggio non è ancora uscito.
L’arganista muove la macchina e con un rumore sordo porta giù tutti. Dall’assemblea con le rappresentanze sindacali Cgil, Cisl e Uil arriva la decisione unanime: si va avanti, occupazione a oltranza. E ci si prepara per la seconda notte da trascorrere a meno 373 metri «parlando e giocando a carte» dice Manca, arrivato a occupare domenica nonostante il giorno di riposo.
VENERDÌ 31 L'INCONTRO CON IL GOVERNO. Si aspetta venerdì 31, giorno dell’incontro a Roma. E si aspettano risposte certe dal governo: sì o no al progetto, come spiega anche Sandro Mereu, Rsu: «Sarebbe dovuto partire a dicembre 2011».
«La Regione», prosegue, «lo aveva presentato alla Commissione europea che, però, ha chiesto integrazioni e nuova documentazione. Nel frattempo siamo venuti a sapere che il governo non vuole prendere in considerazione l'idea di una centrale nel Sulcis per privilegiare quella dell'Enel di Porto Tolle. Non siamo disposti ad aspettare ancora vivendo nell'incertezza».
Sostegno anche dalla Regione, ma secondo molti all’interno della Carbosulcis non ha mai fatto abbastanza o non ha avuto il peso politico adeguato per trattare a livello nazionale. (Monia Melis)

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