Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 10 agosto 2012

SPAGNA - Gli errori di Rajoy

Il governo fermo di fronte alla crisi.
Venerdì, 10 Agosto 2012 - Le voci si rincorrono ogni giorno, drogando le Borse di aspettative o afflosciandole con la paura. Il salvataggio della Spagna potrebbe essere imminente : manca solo l’ufficialità.
Dopo Atene, Dublino e Lisbona, Madrid è l’ultima fermata della crisi che spacca l’Europa , la moneta unica e i sogni prosperi del Dopoguerra. Potrebbe però non essere il capolinea.
Le fibrillazioni sui titoli di Stato spagnoli si propagano come un elettroshock, rendendo i conti insostenibili a Roma e minacciando la tenuta dell’intero sistema europeo.
IL SILENZIO COLPEVOLE. Lo sanno tutti, e tutti attendono un segno dagli unici in grado di arrestare la spirale. Ma alla Moncloa, sede del governo conservatore eletto nel novembre 2011 con il 43% dei consensi, ogni cosa tace.
Il silenzio – iniziano a sospettare molti – è solo l’ultimo sbaglio di un primo ministro arrivato per salvare la Spagna dal baratro. Ma inciampato in una serie di errori e contraddizioni che oggi portano il 52% dei suoi cittadini a non volerlo più.

Il taglio delle cure sanitarie per gli irregolari


La polemica più recente è nata dalla scelta di togliere, dal primo settembre, le cure sanitarie agli immigrati irregolari. Serve a risparmiare 500 milioni di euro: un 60esimo degli aiuti in arrivo nelle casse dell’istituto di credito Bankia e un 600esimo del prestito necessario allo Stato per evitare la bancarotta.
Spiccioli, persino per la Spagna che ha riscoperto gli espropri proletari, a tre decenni dalla fine della dittatura franchista e appena uno dopo l’illusione di essere entrata nel club dei grandi grazie al potere taumaturgico di un effimero boom del mattone.
Ma bisogna economizzare: per i sin papeles (senza permessi) anche l’ospedale diventa terra straniera.
LA RESISTENZA CIVILE. La decisione, dalla quale sono escluse solo donne incinte e bambini, imbarazza l’associazione nazionale dei medici, già organizzati in gruppi di obiettori i cui elenchi sono stati diffusi su Internet.
Ma anche le (poche) regioni non governate dal partito Popolare si sfilano dalla nuova guerra tra poveri: la rossa Andalusia, gli autarchici della Galizia e persino la Catalogna vicina al default hanno già detto che non se ne parla.
IL RISVEGLIO TARDIVO. Dopo aver condannato al fallimento almeno una generazione – il 50% dei ragazzi sotto i 25 anni non hanno lavoro - ritardando a riconoscere una crisi che ha mangiato cinque punti di ricchezza in altrettanti anni, qualche coscienza nella politica spagnola ha preso a smuoversi. Forse per evitare il gorgo di dolore e vergogna che sta affondando Atene, compagna di ardori mediterranei e sventure europee.

Le verità negate: dalla crisi delle banche allo Stato al verde


Non c’è però il premier nella lista dei pentiti, né in quella dei risvegliati.
L’eterno numero due, l’uomo sconfitto in tutte le consultazioni – dalla leadership del partito fino a quella del Paese – prima del novembre 2011, il capo di cui si vocifera che non capisca molto l’economia né le lingue straniere, si muove tra i cocci della crisi come un elefante in una cristalleria.
Ha ereditato un Paese in ginocchio fino all’invasione indignata di Puerta del Sol, e ha promesso di risollevarlo. L’Europa ha applaudito.
IL CROLLO DELLE BANCHE. Pochi mesi dopo, Rajoy ha dovuto ammettere che pareggiare i conti era impossibile: per riportare il deficit pubblico sotto al 3% (era al 5,8% nel 2011) Bruxelles gli ha concesso un anno in più, fino al 2014. Lui ha varato 101 miliardi di tagli e ostentato sicurezza, mentre le piazze si riempivano di dipendenti pubblici privati della tredicesima e della fede nello Stato.
Intanto è venuto fuori che le banche spagnole gonfie di crediti ipotecari andati in fumo con la crisi degli immobili avevano bisogno di 100 miliardi di euro. Trenta solo per Bankia, il colosso creato con grande baldanza nell’agosto scorso per coprire il fallimento delle cajas locali, travolte prima delle altre dal crollo del mercato immobiliare.
LE CASSE VUOTE. Il premier chiuso nella Moncloa, allergico alle apparizioni pubbliche specie se si tratta di dichiarare un fallimento, non si è scomposto. Tutti intorno a lui vociferavano di un salvataggio, del tracollo imminente dello Stato, di difficoltà insanabili. Lui ha negato. Fino al giorno in cui il suo ministro dell’Economia, Cristobal Montoro, si è presentato in parlamento ammettendo di avere le casse vuote. E un dannato bisogno dell’Europa.

La perdita di consenso fuori e dentro al Paese


I soldi ci sono, o ci saranno. Non appena Bruxelles avrà ricevuto una richiesta ufficiale. Ma l’ultimo figlio del franchismo, allievo di Manuel Fraga Iribarne, già ambasciatore della dittatura a Londra, tiene all’onore sopra ogni cosa. E la parola rescate, salvataggio, non la può dire.
LA FINE DEL PERCORSO. Per l’eterno gregario, che ha aspettato 30 anni la propria occasione, quella parola implica la certificazione del fallimento: Madrid commissariata dall’Europa, come prevede la procedura della Troika in questi casi, significa la fine ufficiale della sua tormentata vita politica.
Il 52% degli spagnoli già non lo vuole più, pensa che non stia facendo bene. E i partner europei iniziano a trattarlo come uno poco affidabile, forse capriccioso, e di certo senza polso.
IL TEMPO SCADUTO. Non lo amano le donne alle quali ha provato a togliere l’aborto dai servizi coperti dal servizio sanitario. E nemmeno i loro mariti: uno su quattro non ha lavoro e l’economia resterà in recessione certamente per tutto il 2012. Ma anche lontano dai tormenti di Madrid, e dalla fila sterminata di cantieri abbandonati e case in vendita, il nervosismo cresce. Più gli spagnoli ritardano, più la crisi rischia di travolgere tutto il continente.
Rajoy non può più permettersi di aspettare. Gli spagnoli, invece, iniziano a sospettare di non potersi più permettere Rajoy. (Gea Scancarello)

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