Un articolo della
nuova Costituzione,
approvato da una commissione dell’Assemblea costituente, afferma che “lo Stato assicura la protezione dei
diritti della donna, sotto il principio della complementarità con l’uomo in
seno alla famiglia, e in qualità di associata all’uomo nello sviluppo della
Patria”. Il testo è stato adottato lo scorso 1° agosto dalla
Commissione diritti e libertà, grazie ai voti dei deputati di Ennahda, partito
islamista che domina la coalizione al potere.
Un
partito che si era dichiarato contrario alla restaurazione di un Califfato
Islamico e che dichiarava la rinncia anche alla Sharia (anche se molti critici
politici non dimenticano le posizioni iniziali del suo leader più
rappresentativo, Rāshid al-Ghannūshī, fautore
dell’uso della violenza per eliminare regimi arabi corrotti e promossi
dall’Occidente), e favorevole ad intraprendere una via democratica e un dialogo
con l’occidente. Buoni propositi, però, che sembrano cadere difronte ad una
linea che sembra relegare la donna ad un ruolo subordinato e certamente non in
linea con le conquiste degli ultimi 50 anni. Oltretutto, non lascia alcun
dubbio il testo dell’articolo, secondo cui “lo Stato tunisino protegge i
diritti della donna, ma sotto il principio della complementarità con l’uomo in
seno alla famiglia e in qualità di associata sempre all’uomo nello sviluppo
della Patria“.
L’articolo approvato,
che abolisce di fatto l’uguaglianza tra uomo e donna, ha subito scatenato le
reazione delle associazioni di donne e dell’opposizione. Salma Mabrouk, un
membro del partito di centro-sinistra Ettakatol che ha votato contro, in una
dichiarazione sulla sua pagina ufficiale di Facebook, ha dichiarato che
l’articolo “annulla
completamente il concetto di parità dei sessi”.
L’Assemblea intende “sopprimere il principio di
uguaglianza dei sessi e rifiuta totalmente i diritti delle donne, inferendo
loro un duro colpo alla dignità e alla loro cittadinanza”,
affermano organizzazioni come Amnesty
International e l’Associazione
tunisina delle donne democratiche.
“Sono sconvolta e preoccupata”,
ha detto Salma Hajri
dell’Associazione tunisina delle donne democratiche. “Alle donne non sono riconosciuti
diritti come individui ma solo in riferimento agli uomini. Faremo pressione,
non siamo pronti ad accettare questo”.
L’articolo introduce
il concetto di “complementarietà” al posto di quello dell’ “uguaglianza” tra i
sessi e a questo si aggiunge il fatto che con la frase “sotto il principio
della complementarità con l’uomo in seno alla famiglia” sembra che le donne non
sposate saranno private dei loro diritti perché solo i diritti complementari
all’interno della famiglia saranno garantiti dallo Stato.
Quale sarà il futuro
delle donne in Tunisia? Difficile da prevedere. Se davvero l’articolo passerrà
insieme alla nuova Costituzione che dovrà essere approvata dal Parlamento
allora si farà davvero un passo indietro rispetto alla rivoluzione che ha fatto
cadere Ben Ali.
Il grado di libertà
di una società viene misurato anche da come le donne vengono tutelate e dai
loro diritti.
Se la Costituzione tunisina verrà meno all’affermazione dell’ugualianza tra
uomo e donna sarà un fallimento della rivoluzione. E questo assume una grande
importanza perchè è proprio in Tunisia che è inziata la cosiddetta “primavera
araba” ed è per questo che gli occhi sono puntati maggiormente sui suoi
sviluppi politici e sociali.
La Tunisia è
tradizionalmente uno Stato più laico rispetto ai vicini e ai Paesi del Medio
Oriente e si è discusso molto sul ruolo della religione e quindi dell’Islam nel
governo e sul ruolo delle donne. Durante le elezioni dello scorso Ottobre 2011
il partito islamico
Ennhada è diventato il primo partito del paese, dando vita a un
governo di coalizione. Il suo leader, Rached
Ghannouchi, ha sempre detto che il nuovo governo rispetterà
sempre i diritti di tutti i Tunisini, siano essi musulmani, laici o
appartenenti ad altre comunità religiose.
Il partito Ennhada è
stato definito come un partito islamico “moderato” e lo stesso Ghannouchi ha
tenuto fin da subito una linea morbida, cercando di conciliare i vari gruppi
politici e accogliendo la maggioranza delle forze politiche intorno alle sfide
che il Paese deve affrontare. Nella promozione della transizione democratica
Ghannouchi è stato anche attento a lasciare aperti i canali di dialogo con
l’Occidente e a non dar credito ai timori relativi ad una deriva
fondamentalista.
Nel corso di questi
mesi però ci sono state varie dispute tra i salafiti e i cosiddetti modernisti
che preferirebbero l’istituzione di uno Stato laico in Tunisia. Manifestazioni
delle formazioni islamiste riunite sotto il Fronte Islamico hanno infiammato le
piazze, chiedendo a gran voce l’integrazione della sharia nella Costituzione.
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