Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 25 settembre 2012

FRANCIA - Incubo crisi, Hollande crolla

Economia a picco e popolarità sottozero.

Si annuncia una settimana nera per François Hollande, quella che ha preso il via lunedì 24 settembre.
Proprio mentre il presidente francese si trova a New York, impegnato nell'assemblea generale dell'Onu, la sua popolarità in patria sembra aver toccato i minimi storici. L'ultimo sondaggio la stima al 43%, di quasi 20 punti inferiore a quella misurata al suo insediamento all'Eliseo.
PEGGIO SOLO DE GAULLE E CHIRAC. Peggio di lui, soltanto il generale de Gaulle nel lontano 1962, all'epoca della firma degli accordi di Evian che posero fine alla guerra d'Algeria, e Jacques Chirac nel giugno 2005, in occasione del fallimento del referendum sul trattato costituzionale europeo. Nicolas Sarkozy, per esempio, dopo quattro mesi aveva una fiducia di gran lunga superiore, pari al 61%.
MINISTRI PREOCCUPATI. La situazione, tuttavia, per Hollande è problematica al di là delle statistiche e dei freddi numeri. Nonostante i ripetuti inviti a non farsi prendere da giudzi affrettati, ricordando che «i conti si fanno alla fine dei cinque anni», persino i suoi ministri tradiscono un certo scetticismo e una malcelata preoccupazione per l’economia del Paese. «La situazione è più complicata di quanto non avessimo immaginato», ha confessato a Le Figaro un consigliere dell'Eliseo.
Licenziamenti, annunci di cassa integrazione, e stipendi bloccati campeggiano sulle prime pagine dei giornali.
TAGLI IN MOLTE AZIENDE. Molte delle principali imprese nazionali, da Sanofi e ArcelorMittal a Petroplus hanno preannunciato piani di ristrutturazione con tagli corposi di personale. Il tutto, in attesa dei dati ufficiali sulla disoccupazione.
Venerdì 28 settembre, infine, dovrebbe essere dettagliatamente illustrato il piano di rigore del governo che prevede di portare 30 miliardi nelle casse dello Stato entro il 2013

NO AL FISCAL COMPACT. Ad aggravare il quadro, la decisione choc dei Verdi di votare contro il Fiscal compact. Un dissenso che potrebbe sommarsi a quello di alcuni socialisti poco inclini all'euopeismo. Le Monde, in un editoriale al vetriolo, ha addirittura invitato Hollande a disfarsi dei due ministri ecologisti Cecilel Duflot e Pascal Canfin, «per rispetto degli elettori». Mossa esclusa ufficialmente da un comunicato dell'Eliseo.

Il Qatar soccorre le banlieu


A questo funesto scenario va poi aggiunto il clamore suscitato in patria dal deciso intervento del Qatar favore delle banlieu.
FONDO SPECIALE PER LE PERIFERIE. Il ricco emirato che si affaccia sul Golfo persico, partito alla conquista della Francia attraverso gli acquisti del Paris Saint-Germain e dei lussuosissimi alberghi di Parigi e della Costa azzurra, è riuscito a ottenere dal governo francese il via libera per creare un fondo speciale per le periferie transalpine.
5O MILIONI DA DOHA. L'emiro di Doha aveva raccolto la richiesta di aiuto sollecitata da alcune associzioni locali approntando già a dicembre un pacchetto di 50 milioni di euro per finanziare progetti ideati dagli abitanti delle banlieu.
Una scelta che per molti aveva significato mettere in discussione la sovranità nazionale.
FONDO CONGELATO. Così, a marzo l'allora presidente Nicolas Sarkozy aveva fatto congelare il fondo. Dopo l'elezione di Hollande era stata presa la decisione di utilizzare quei 50 milioni per finanziare piccole e medie imprese non scelte, però, dagli emiri, ma da un ventaglio di progetti selezionati dal governo francese. Sull'onda delle proteste delle stesse banlieu, il ministro delle Attività produttive, Arnaud Montebourg, ha, quindi, deciso di fare nuovamente retromarcia, aggiungendo al denaro degli emiri una partecipazione dello Stato.
LE PEN INFURIATA. Su tutte le furie la leader dell’estrema destra Marine Le Pen: «Con la riattivazione di questo fondo, Montebourg dimostra che il nostro Paese è in vendita alle monarchie del Golfo. Monarchie che sostengono, tra l'altro, l'islamismo radicale e la jihad», ha gridato la leader del Fronte nationale, sottolineando che «questi investimenti non hanno nulla di umanitario, ma sono politici e religiosi. Accettarli è un grande errore politico, che un domani metterà a rischio la nostra indipendenza non solo sul nostro territorio ma anche al livello internazionale».

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