Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


giovedì 6 settembre 2012

Grecia - Come battere i neonazisti

L'ascesa del movimento neofascista Alba Dorata è un fenomeno senza precedenti. Per fermarlo bisogna risolvere la crisi d'identità e la delegittimazione della politica.

Andrea Pantazopoulos 5 settembre 2012 TO VIMA Atene

La recente comparsa di un pericoloso movimento di estrema destra (se non nazista a tutti gli effetti) è una circostanza nuova nella scena pubblica. Le cause di questa emergenza sono attribuite alla profonda crisi economica, il che è comprensibile. Ma se analizziamo più in profondità questi fenomeni di estrema destra – sia la violenza delle loro azioni, sia il consenso di una società passiva che sembra quasi rallegrarsene – ci sentiamo obbligati a interrogarci più a fondo sulle cause.

Un fenomeno di questa portata non esiste in nessun altro paese europeo, perché altrove i grandi partiti di estrema destra continuano a negare la loro discendenza fascista. Alba dorata non appartiene a questa categoria.

Prima di tutto, l’irruzione della violenza filo-nazista è dovuta alla sua stessa natura. Per Alba dorata la lotta contro quelli che ritiene nemici non è una questione di natura o di comportamenti, ma di sangue. Per questo motivo è ingenuo credere che sarà possibile integrare poco alla volta i suoi membri nel sistema politico democratico. Queste pratiche violente “legittime” sono diffuse e si stanno propagando un po’ ovunque.

Questa cultura della violenza è frutto di una proficua conflittualità: il divario che dal ritorno della democrazia, avvenuto 38 anni fa, si va allargando tra la società e i suoi simboli (crisi della rappresentanza politica, mancato rispetto delle regole sociali, perdita di legittimità dello stato) da una parte, e l’attuale demagogia delle “sfide” internazionali e delle minacce esterne (per esempio l’immigrazione) dall’altra.

Questo modello, finché riusciva a prosperare e ad assicurare un certo prestigio, aveva la possibilità di controllare la volontà politica dei soggetti. Ma nelle condizioni di declino sociale in cui ci troviamo, questi ultimi possono prenderne le distanze.

Di conseguenza, paventare la violenza filo-nazista e percepirla in modo generico non può risolversi in una semplice teoria di base. E nemmeno con le abituali forme di denuncia. Di per sé questo genere di pratiche, benché utili, non risponde alla complessità dei fattori che generano e accrescono la violenza. La paura del nazismo esige una presa di coscienza politica da parte dello stato, della classe politica e delle istituzioni, che oggi hanno perso valore.

Prima di tutto occorre che la legge si sappia imporre quando è sotto assedio. Occorre che lo stato abbia la capacità, in nome del suo potere politico, di intervenire e di regolamentare, quando possibile e in maniera democratica, il flusso migratorio. In pratica, ciò significa varare una vera politica migratoria nazionale. È in questo ambito che l’azione riprende tutto il suo pieno significato, tanto svelando le facce del filo-nazismo che rimettendo in ordine le istituzioni che le combattono.

Borghesia egocentrica

Tuttavia un tale percorso politico dovrà presto affrontare i suoi stessi limiti se non si accompagnerà a una lotta ideologica contro la provocazione filo-nazista. La lotta contro l’estremismo di destra è in effetti il fronte più difficile di questa battaglia, perché in buona parte il suo programma compendia le idee di base dell’attuale cultura politica antiliberista e antioccidentale. Si basa sul fatto che siamo una nazione minacciata da ogni dove, abbiamo il dovere di opporre resistenza al “nuovo ordine delle cose”, la globalizzazione è una farsa il cui unico scopo è l’egemonia mondiale del “sionismo”, l’élite ci tradisce, e così via.

In un contesto di crisi economica nel quale la mobilità non è più quella che era, l’odio per lo straniero, l’universo cospiratorio, il mix di anticapitalismo e antiplutocratismo, si accompagnano spesso a una raffica di critiche egocentriche provenienti dalla piccola borghesia, che tendono ad assumere un carattere di resistenza generalizzata.

Le cause di questo fenomeno si ritrovano anche in altri paesi europei. Le ricerche su questo argomento hanno portato alla seguente ipotesi: i fattori che portano ad atteggiamenti politici e sociali estremi, a cominciare dal voto antisistemico di estrema destra, non si limitano alla parte finanziaria della crisi, ma al suo sovrapporsi con variabili culturali come la paura nei confronti dell’immigrazione, l’alterazione degli stili di vita e la scomparsa delle frontiere nazionali.

Da tutto ciò deriva una percezione di “insicurezza culturale” nei soggetti sociali che vivono la crisi o se ne sentono minacciati. Coloro che cercano una nuova sicurezza nella propria identità, quasi in risposta alle minacce incombenti. Il caso greco sembra un esempio perfetto di questa crisi di identità.

Traduzione di Anna Bissanti

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