Pensare Globale e Agire Locale

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mercoledì 19 settembre 2012

IRAN - Antisemitismo da film

Teheran finanzia il film antisionista

di Guido Mariani

Mercoledì, 19 Settembre 2012 – Se la galassia dell’estremismo islamico è in rivolta contro il contenuto offensivo del film The innocence of muslims, un prodotto di dubbio gusto e di dilettantesca fattura, nell'ambito delle pellicole blasfeme e razziste vige già però una triste par condicio.
Sui blog mediorientali, dopo l’attentato di Bengasi, spopola infatti Il cacciatore del sabato (The saturday hunter). Uscito nel 2011 nei cinema iraniani, trasmesso in primissima visione ad agosto e in attesa di essere proiettato nelle scuole e nelle università del Paese, il film è la storia di un rabbino sionista, l'ebreo ortodosso Rabbi Hanan, che introduce il suo nipotino Benjamin ai principi dell’ebraismo e gli insegna a odiare e uccidere gli infedeli in nome della supremazia di Israele. La vicenda è idealmente ambientata in Palestina, tuttavia la messinscena è volutamente vaga, quasi a rappresentare la minaccia globale ebraica.

90 minuti di retorica razzista


L’opera dura un’ora e mezza, nella quale il bambino assiste alle lezioni di vita del crudele nonno, una caricatura degna dei peggiori stereotipi antisemiti: l'anziano mentore taglieggia i contadini arabi, sgozza a sangue freddo un inerme vecchio e guida un massacro di donne e bambini.
Il rabbino poi costringe il piccolo a sparare. «Non aver paura», dice Rabbi Hanan, «se Dio non volesse ti fermerebbe. Spara, spara. Non aver paura».
«SOLO UCCIDERE GLI EBREI È PROIBITO». Benjamin risponde che «la Torah dice che uccidere è proibito», ma il nonno lo rimprovera: «Stupido! Solo uccidere ebrei è proibito», lo ammonisce, incitandolo poi con l’ordine: «Ammazzali, ammazzali! Prima che ti uccidano!».
Il ragazzino è combattuto anche perché fa amicizia con un coetaneo musulmano, ma verso la fine del film si consuma un massacro e il piccolo protagonista, vestito ormai dei tradizionali panni degli ebrei ortodossi, non ha pietà per nessuno e spara a sangue freddo su chiunque gli capiti a tiro, non escluso il suo amico che gli chiede pietà.
UN'EREDITÀ SPIRITUALE DI ODIO E VIOLENZA. Nella scena conclusiva, il vecchio Rabbi Hanan consegna idealmente la sua eredità spirituale di odio e violenza al nipote invitandolo a non fermarsi di fronte a nulla. «Li ho ammazzati tutti», dice Benjamin. «Ben fatto!» replica Hanan.
Nei titoli di coda, infine, passano una serie di immagini reali di bambini ebrei e soldati israeliani che pregano.

Un'opera finanziata dal governo di Teheran


Proprio come L'innocenza dei musulmani anche Il cacciatore del sabato ha intenzioni più che bellicose. Con una differenza. Se il film americano è, salvo ulteriori rivelazioni, un’opera semi-clandestina ideata da uno sconosciuto cristiano copto d'origine egiziana che vive negli Stati Uniti; l’altro è una pellicola ufficiale sponsorizzata dal governo di Teheran.
«IL FILM SVELA ASPETTI INEDITI DEL SIONISMO». Il lungometraggio è stato finanziato dalla società di produzione iraniana Jebraeil, il regista è Parviz Sheikh Tadi, cineasta di regime che in un comunicato stampa ha definito il suo lavoro «il primo film che rivela alcuni aspetti inediti del sionismo». Nel cast compare un’attrice libanese di una certa notorietà, Darine Hamze, e il film ha avuto grande risalto in tutte le maggiori rassegne nazionali iraniane: dal Festival del cinema di Teheran, dove fu presentato in anteprima nel 2010, al Festival di cinema per bambini di Hamadan.
VIA ALLE PROIEZIONI FRA SCUOLE E ATENEI. Un successo tale che la compagnia di produzione, benedetta dagli ayatollah, ha annunciato la volontà di organizzare proiezioni in università e scuole iraniane. Non solo: Mohsen Sadeqi, direttore di Jebraeil, ha manifestato l'intenzione di continuare a produrre film che denunciano il sionismo anche perché l’accoglienza de Il cacciatore del sabato da parte degli spettatori, nel Paese di Mahmoud Ahmadinejad, è stata più che positiva. «È un film importante, perché fa arrabbiare i sionisti», ha affermato Sadeqi.
«SOLO IL PRIMO PROGETTO DI UNA LUNGA SERIE». La lotta di religione a mezzo video non è però finita qui. Lo scorso 3 settembre l’agenzia di stampa iraniana Fars News Agency ha riferito del progetto del governo di Teheran di aprire una casa della cultura in Palestina per produrre film che raccontino le sofferenze del popolo palestinese.
Il ministro della Cultura locale Seyed Mohammad Hosseini ha incontrato il ministro della Cultura della striscia di Gaza Mohammed al-Madhoun e nel loro colloquio Il cacciatore del sabato è stato citato come un esempio da seguire. «Ci saranno», ha annunciato il ministro, «altri lavori di questo tipo».
Nel paese di maestri come Abbas Kiarostami e Mohsen Makhmalbaf il cinema è solo ostaggio di una guerra fredda tra pregiudizi religiosi.

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