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martedì 11 settembre 2012

ITALIA - Il 72% di rifiuti radioattivi presenti in Italia è depositato in Piemonte

Il 72% di rifiuti radioattivi presenti in Italia è depositato in Piemonte. Una percentuale altissima, rilevata dall’ultimo rapporto Ispra, che ha spinto Legambiente e Pro Natura a definire la regione «una pattumiera nucleare».
In Piemonte, dove è presente il 96% delle sostanze radioattive del Paese, sono accatastati tutti i rifiuti dei quattro impianti presenti sul territorio italiano. Una soluzione che doveva essere temporanea ma che, come spesso accade nel nostro Paese, è diventata definitiva.


Nella regione, sorgeva l’impianto nucleare di Trino: la centrale “Enrico Fermi”, costruita nel 1961, ha ottenuto nel 2012 il decreto di disattivazione, che ha consentito di avviare le attività per la bonifica completa del sito con lo smantellamento e la decontaminazione dell’isola nucleare.

MASSIMA RADIOATTIVITÀ. Ma negli anni sono stati destinati qui anche gli scarti degli impianti di Latina, Corso e Garigliano. La conseguenza è che la zona a ridosso del lago Maggiore è la più radioattiva del Paese: al primo posto per emissioni di trizio.
Si tratta, dunque, di un’eredità lasciata dall’attività nucleare italiana che oltretutto, come denunciano le associazioni ambientaliste, in 20 anni ha prodotto energia in grado di coprire il fabbisogno italiano per meno di 100 giorni.
Le quattro centrali nucleari, infatti, avrebbero fornito, nel corso della loro attività, 93 miliardi di kilowatt/ora. Secondo Legambiente, il fabbisogno italiano di energia è stimato intorno al miliardo al giorno. Il nucleare avrebbe quindi portato poco in termini di produzione, ma ha lasciato una grande quantità di rifiuti da smaltire.

LA QUESTIONE DEL RIPROCESSAMENTO. Per questo, a Saluggia, nel vercellese, è rimasto attivo per 15 anni l’impianto di riprocessamento. Qui venivano trasferite le barre di combustibile dai centri di Latina e Garigliano, per essere lavorate e riutilizzate. A queste, si aggiungevano quelle provenienti dal Canada e quelle destinate alla Francia.
Proprio a Saluggia è in fase di progettazione uno dei cinque nuovi centri di raccolta piemontesi. Gli altri sono previsti a Trino Vercellese e Borgo Marengo, in provincia di Alessandria.

Godio (Legambiente): «In pericolo l’intera Pianura padana»
È forte, quindi, la preoccupazione per l’impatto ambientale sul territorio. Il peso del nucleare pregresso grava su tutta la regione, sia per i depositi giacenti sia per gli scarichi di radioattività e il pericolo arriva principalmente dal trizio, sostanza radioattiva rilasciata nell’acqua e nell’aria in modo sistematico.

EMERGENZA LATENTE. Ma il degrado non è facilmente documentabile così come le conseguenze per la salute dei cittadini non sono immediatamente individuabili. Il nucleare, infatti, c’è ma non si vede e rappresenta un rischio latente.
I rifiuti presenti nei depositi piemontesi possono rimanere potenzialmente attivi per decine di migliaia di anni. Uno stato di pericolo dormiente che, secondo Legambiente, sarebbe pronto a esplodere nel caso in cui si verificassero eventi in grado di sovvertire l’ordine naturale.
«Potrebbe trattarsi di terremoti o altre calamità», ha spiegato il referente piemontese dell’associazione Gian Piero Godio, «ma anche attacchi terroristici o scontri bellici».

TIMORI SUI CENTRI DI RACCOLTA. I timori più grandi sono legati ai nuovi centri di raccolta previsti: vicini al fiume, alle falde acquifere e poco distanti dell’acquedotto più importante della regione.
In caso di contaminazione sarebbe un disastro. «Se dovesse verificarsi un’emergenza», ha continuato Godio, «sarebbe a rischio l’intera pianura Padana». I toni sono apocalittici, ma per Godio non si tratta di allarmismo: «Durante le alluvioni di 10 anni fa, infatti, si è rischiata una vera e propria calamità planetaria».
Le zone nelle quali dovrebbero sorgere i nuovi depositi, inoltre, sarebbero difficilmente difendibili. Non solo le calamità naturali non sono prevedibili, ma l’intera area è soggetta ad attraversamento aereo, il che la rende difficile da proteggere dal punto di vista militare.
«È indispensabile trovare un deposito nazionale definitivo, dove procedere con lo smaltimento e lo stoccaggio, in un territorio meno esposto a rischi», ha aggiunto Godio.
La necessità di un deposito nazionale che non sia Saluggia
Alcune conferme sul pericolo latente arrivano anche da una voce tecnica: le preoccupazioni di Legambiente sono confermate, infatti, da Massimo Zucchetti, esperto di nucleare e docente del Politecnico di Torino, critico sulla scelta dei depositi piemontesi.

IL PERICOLO DELLE ALLUVIONI. «Questi rifiuti sorgono in una zona esposta ad alluvioni», ha detto, «bisogna procedere all’individuazione di un deposito nazionale più sicuro come, tra l’altro, stabilisce la legge. L’Italia, inoltre, non è un Paese attivo dal punto di vista nucleare: il riprocessamento delle scorie è una pratica inutile e costosa».
L’allarme è reale, dunque, ma Zucchetti ci tiene a precisare che in questo momento i rischi non sono imminenti. «Si tratta di un pericolo potenziale, pronto a esplodere in caso di calamità naturali o attentati. I cittadini piemontesi, però, hanno diritto di essere informati: nella loro regione stanziano e transitano rifiuti che possono essere molto pericolosi».
Giovanni D’Amore dell’Arpa Piemonte ha cercato di ridimensionare le dichiarazioni degli ambientalisti, affermando che, a oggi, non sono state rilevate contaminazioni pericolose. «I toni con cui è stata affrontata la questione lasciavano presagire scenari di straordinarietà», ha detto, «ma ci tengo a ribadire che le attività e i depositi sono tutte autorizzate e a norma di legge. E i cittadini possono stare tranquilli».

INDIVIDUARE NUOVO SITO. Legambiente e Arpa, tuttavia, trovano un punto in comune proprio sul tema del deposito nazionale e sulla reale pericolosità dei siti piemontesi, in particolare quello di Saluggia. «Concordiamo sulla necessità di individuare un nuovo sito e sappiamo bene che questo non può essere Saluggia. È una scelta, però, che deve arrivare dalle istituzioni nazionali, noi, per ora, possiamo limitarci a gestire e monitorare i rifiuti».

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