di Stefano
D'Andrea
In Italia,
coloro che sostengono sia necessario recedere dai trattati europei e riconquistare
la sovranità si stanno domandando: chi voteremo alle elezioni di primavera? I
sovranitaristi sapranno organizzarsi e presentarsi agli elettori almeno come
una parte rilevante di una lista civica nazionale composta da posizioni
critiche nei confronti dell’Unione europea? Per adesso, in Italia, nessun
partito consistente sembra aver scelto di proporre l’uscita dall’Unione
europea.
Non dobbiamo
sorprenderci. Un fenomeno analogo si è verificato nelle recenti elezioni
politiche in Spagna. Mentre nelle elezioni politiche greche e nelle elezioni
presidenziali francesi si sono presentati, con un certo successo, partiti
favorevoli all’uscita dall’Unione europea e partiti che, pur contrari
all’uscita, hanno incentrato la battaglia elettorale su una visione critica
dell’organizzazione internazionale che ci sta divorando.
In Grecia,
si sono presentati alle elezioni politiche due partiti che hanno chiaramente
proposto di uscire dall’Unione europea e abbandonare l’euro: Alba D’orata e
KKE. Essi nella prima tornata hanno raccolto circa il 14% dei consensi. I
consensi sono diminuiti quando, nella seconda tornata, i cittadini sono stati
chiamati ad esprimere un voto “utile”. Un successo rilevante ha ottenuto Syriza
– da alcuni considerata ingenua, da altri ipocrita, da altri particolarmente
acuta – la quale ha sostenuto una “geniale” idea: “dentro l’euro ma per ricattare la Germania e i paesi dell’area del
marco” – l’idea è veramente geniale, se l’obiettivo segreto è uscire
dall’Unione europea; è comica e puerile, se il vero obiettivo è trasformare in
senso sociale e cooperativo l’Unione europea (1). Syriza ha raccolto, nella
prima tornata, il 17% dei voti. Dunque, il 14% di cittadini greci ha votato per
uscire dall’Unione europea e il 17% ha votato per una strategia offensiva che
comporta quanto meno il rischio dell’uscita dall’euro (e dall’Unione europea).
In Francia,
il Front national e il Front de gauche, nelle recenti elezioni presidenziali,
hanno totalizzato, assieme considerati, il 29% dei voti. Invero la posizione
del Fronte nazionale (17,90%) era chiara e limpida: uscire dall’Unione europea.
La posizione del Fronte della sinistra (11,10%) era un po’ più ambigua e
contorta, come purtroppo accade spesso alla sinistra negli ultimi decenni. Il
programma del Fronte de gauche: i)
proponeva ottimi obiettivi socialisti e onestamente confessava che i
provvedimenti necessari a redistribuire la ricchezza implicavano l’abbandono di
principi fondamentali dell’Unione europea; e ii) tuttavia, anziché proporre l’uscita dall’Unione europea,
suggeriva di ricattare (come poi ha proposto Syriza) le forze liberiste,
invocando il “Compromesso di Lussemburgo” – che comporterebbe la paralisi
dell’Unione europea -, nonché di violare palesemente alcuni principi
dell’Unione europea (2).
Dunque, in
Francia coloro che intendono uscire dall’Unione europea sono circa il 18% dei
votanti; coloro che intendono ricattare l’Unione europea, invocando uno
specifico strumento di ricatto e avendo consapevolezza che i provvedimenti
necessari a reintrodurre un po’ di giustizia sociale sono contrari ai principi
fondanti della UE, sono l’11%.
Nelle
recenti elezioni politiche spagnole non sono emerse significative posizioni
favorevoli all’uscita della Spagna dall’Unione europea; né sono state
manifestate posizioni politiche che abbiano centrato la campagna elettorale su
una critica radicale dell’Unione europea. I partiti del bipolarismo spagnolo,
assieme considerati, non hanno perso molti consensi (il partito popolare ha
ottenuto il 44,72% dei consensi e il partito socialista 28,73%). E nemmeno
Sinistra Unita, terzo partito, ha assunto posizioni sufficientemente critiche.
Anzi essa è stata rimproverata dal KKE per aver assunto l’ipocrita o, in caso
di buona fede, stolta posizione favorevole alla trasformazione in senso sociale
dell’Unione europea: nel programma elettorale di Sinistra Unita si proponeva il
«cambiamento completo nel modello della
costruzione dell'Unione europea», e l’«impegno per un cambiamento della
attuale politica estera (…) della UE»; però poi si accettavano Maastricht e
i Patti di Stabilità, con la semplice proposta di «aumentare il limite di tempo per la riduzione del deficit al 3% fino al
2016» ; e si chiedeva semplicemente una eccezione al principio della libera
circolazione dei capitali nei confronti dei paradisi fiscali (3).
Quale
insegnamento è possibile ricavare dalle tre esperienze elettorali?
Intanto, non
sussiste alcun nesso lineare tra aumento della disoccupazione, da un lato, e
diffusione di opinioni politiche sovranitariste, dall’altro.
I francesi
contrari all’Unione europea o favorevoli a modifiche radicali raggiungono una
percentuale pressoché identica a quella dei greci. Anzi, complessivamente la
profondità delle critiche è superiore. La lunga lista dei provvedimenti socialistici
presente nel programma di Syriza, senza alcun riferimento alla possibilità
dello Stato greco di finanziarsi autonomamente e alla necessità di limitare la
circolazione dei capitali e delle merci (proposte invece presenti nel programma
del Front de gauche, sebbene declinate a livello europeo), testimonia che in
Francia, rispetto alla Grecia, si ha un livello di comprensione della gabbia
d’acciaio più avanzato.
L’inesistenza
di significative forze sovraniste in Spagna, dove la disoccupazione ufficiale è
superiore al 20%, conferma l’assunto.
Pertanto il
sovranitarismo politico è più forte là dove sono diffuse, a destra e a
sinistra, idee politiche tradizionalmente sovranitariste. Dove queste idee
sono assenti, una grave crisi economica (è il caso della Spagna) non ri-orienta
le forze politiche esistenti in senso sovranitarista; né di per sé genera nuove
forze politiche sovranitariste. Soltanto quando la crisi si fa gravissima, come
in Grecia, dove a conclusione del 2011 la caduta del PIl era stata già quasi
del 14%, hanno successo forze politiche che non tanto sono sovranitariste ma
che, spinte dalla necessità, sono disposte a lanciare una sfida all’Unione
europea (Syriza).
Sembrerebbe,
quindi, che mentre un’alta disoccupazione di per sé non basti a mettere in
discussione il dogma unionista, al contrario il crollo del PIL (che in Spagna ancora non c’è stato – si è
verificata una più mite caduta) abbia
maggiori capacità di far emergere idee nuove.
Soprattutto,
la lezione fondamentale che si deve apprendere dalla riflessione sulle tre
tornate elettorali è che in politica (e forse non solo in politica) l’offerta crea la domanda: se alle prossime elezioni italiane si
candideranno forze politiche sovranitariste, allora un certo numero di
cittadini assumerà posizioni favorevoli alla riconquista della sovranità.
Là dove non c’è alcuna offerta di posizioni sovranitariste, non vi è alcuna
domanda. In Spagna, la punizione elettorale del partito socialista e del
catastrofico Zapatero è avvenuta all’interno del classico bipolarismo, mediante
la schiacciante vittoria del partito popolare.
In Italia,
centrodestra e centrosinistra sono stati sciocchi (per fortuna) e hanno reso
esplicita e palese una verità sempre nascosta: essi sono, e sono sempre stati,
un unico partito (4). Per questa ragione, a differenza che in Spagna, la
reazione dei cittadini riguarderà entrambi gli schieramenti. Ne approfitterà
certamente il M5S. Perciò ci auguriamo
che, tra i sovranitaristi italiani, coloro che hanno saputo conquistare un
seguito numericamente consistente si impegnino a costituire il partito o
movimento mancante. Senza il loro deciso impegno politico, nelle elezioni
di aprile l’Italia somiglierà alla Spagna e non alla Grecia o alla Francia. Con
alcune conseguenze: quando in Italia si verificherà il crack finanziario,
mancherà una forza politica che potrà dire “lo avevamo detto”, “siamo stati
capaci di prevedere”, “voi cittadini vi siete fatti a lungo ingannare ma c’è
chi le cose le aveva capite: dategli fiducia”. Pertanto, la svolta sovranitarista,
imposta dalla natura delle cose e dalla oggettiva assurdità della costruzione
dell’Unione europea e quindi dalla implosione di quest’ultima, pur implicando
un’autentica rivoluzione dei principi politici fondamentali della nostra
comunità politica, sarà gestita certamente dalla vecchia e inetta classe
dirigente, oppure da sinceri e onesti militanti del M5S, i quali, fino ad ora,
salvo singole personalità, non hanno mostrato di credere ai valori connessi al
sovranitarismo. Insomma, saremo sempre in ritardo rispetto ad altri e mancherà
o tarderà una forza politica capace di far divenire egemonici i nuovi principi.
Ciò che si
può fare deve essere fatto. Senza i “populisti” il popolo è inerte.
NOTE
(1) Una sintesi del programma di
Syriza si legge qua: http://www.gadlerner.it/2012/05/24/il-programma-di-syriza.html. La maggioranza delle proposte, forse tutte condivisibili, è assolutamente
incompatibile con l’ordinamento dell’Unione europea e presuppone il pieno
recupero della sovranità. Ve ne sono alcune astrattamente compatibili ma di
fatto non adottabili perché i capitali fuggirebbero dalla Grecia (più di quanto
non sia già accaduto a causa della “crisi del debito”). Leggendo le interviste
al segretario del partito, non mi è sembrato che Syriza sia consapevole che
tutto il suo programma contrasta, di diritto o di fatto, con la permanenza
nell’Unione europea (cfr. Tsipras, segretario di Syriza è un venditore di fumo?
http://www.appelloalpopolo.it/?p=6781). Infatti, sembrerebbe che il “ricatto” avrebbe dovuto riguardare il memorandum
e alcuni altri profili, ma non la modifica dei principi fondamentali
dell’Unione europea, tutti contrastanti con i punti del programma di Syriza.
Per questa ragione mi sembra più matura e consapevole, anche se non
sufficientemente radicale, la posizione del Fronte de Gauche.
(2) Nel programma si propone di “disobbedire
alla BCE e far fare alla Banca di Francia, che ne ha tutti gli strumenti
tecnici, quello che la BCE non vuole fare – ad esempio prestare allo Stato
francese al tasso del 1%”. Una sintesi del programma, tradotto in italiano, si
trova qua: http://web.rifondazione.it/home/index.php/12-home-page/8408-il-programma-eterodosso-del-front-de-gauche).
(3) Decisive le obiezioni sollevate
dal KKE: “Il vostro programma invita proprio l'Unione europea a fare
un'eccezione nella libertà di circolazione dei capitali tra gli Stati membri e
i paradisi fiscali (pagina 12). Di conseguenza, non combatte la libertà di
circolazione dei capitali nel suo complesso (un principio fondamentale del
Trattato di Maastricht che è sostenuto dalla SE e il suo presidio a cui
partecipa il PCE) ma chiede delle eccezioni alla regola generale che
sicuramente continuerà a esistere e costituisce uno strumento nelle mani del
capitale per la demolizione dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e
delle persone. Ancora una volta le proposte mirano alla gestione e non al
rovesciamento della barbarie capitalista”. (http://www.resistenze.org/sito/te/pe/dt/pedtbn12-010155.htm).
(4) La assoluta omogeneità delle due
coalizioni che da quindici anni si alternano al governo dell’Italia. Perché in
Italia abbiamo un governo ma non un Parlamento http://www.appelloalpopolo.it/?p=106
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