Sono passati 39 anni dal colpo di Stato che ha
deposto il governo legittimo di Salvador Allende ed il ricordo di questa
infamia che ha drammaticamente segnato la vita non solo dei cileni, ma di tutto
il continente, fatica a trovare spazio sui mezzi di informazione, saturati
dalle foto e dai ricordi di un altro drammatico episodio, quello dell’attentato
alle Torri Gemelle di New York.
Quello di
Santiago del Cile fu un 11 settembre ben
più grave nel numero di vittime fra morti,torturati,esliati ed un intero popolo
per quasi ventanni sotto il tallone della dittatura, e ciò accadde non per
colpa di un gruppo terrorista ma per la deteminante partecipazione
dei"democratici Stati Uniti"
Quell’11
settembre, sotto le bombe dei cacciabombardieri di fabbricazione inglese Hawker
Hunter e sotto i missili americani Sidewinder sganciati sulla Moneda ( il
palazzo presidenziale) non finì solo il governo operaio e contadino di Unità
Popular del Cile , ma nacque anche la stagione dei golpe , dei dittatori in
tutta l’America Latina: Argentina, Brasile, Venezuela e così via .
Martedì 11 settembre
1973 a Santiago del Cile, i corpi speciali dell'esercito cileno, comandati dal
generale Augusto Pinochet, destituirono con la forza il governo
democraticamente eletto di Unidad popular, uccidendo migliaia di militanti del
movimento operaio, tra cui il presidente Salvador Allende. E' l'inizio di 17
anni di dittatura militare. 17 anni di terrore in cui uccisioni di massa,
torture e deportazioni saranno all'ordine del giorno.
Martedì 11 settembre 1973 a Santiago del Cile
i carri armati e l'aviazione attaccano il palazzo presidenziale della Moneda,
in cui è asserragliato Allende. Il presidente prova inutilmente a collegarsi
con Pinochet, senza sapere che il generale è a capo dei golpisti. Gli viene
data la possibilità di arrendersi, ma rifiuta. Alla fine, vistosi perduto, si
uccide con un colpo di pistola.
Prima di morire Allende pronuncia, tramite i
microfoni di Radio Magallanes, il suo ultimo discorso dal Palazzo della Moneda:
"Certamente Radio Magallanes sarà messa
a tacere e il timbro tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa.
Continuerete a sentirlo. Sarà sempre accanto a voi. Almeno il mio ricordo sarà
quello di un uomo degno, che fu leale alla lealtà dei lavoratori...
Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli...
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!"
Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli...
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!"
(Salvador Allende - martedì 11 settembre 1973
- ultimo discorso dal Palazzo della Moneda)
Santiago Del
Chile 11 settembre 1973: il golpe di Richard Nixon
Quando il
golpe di Augusto Pinochet, in quell’11 settembre dimenticato, in Cile uccise
Salvador Allende e la democrazia, si realizzò la desiderata di Richard Nixon,
presidente USA che nel settembre del 1970 sbottò con “Liberiamo il Cile da quel figlio di puttana!”
appena Allende fu eletto presidente della repubblica, seguito a ruota dal
premio Nobel per la pace Henry Kissinger: “Non vedo perché dovremmo restare con
le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità
del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni
possano essere lasciati a decidere da soli.” E misero in ballo 10 milioni di dollari dei
cittadini statunitensi per raggiungere il loro scopo
Pietro Nenni fu preveggente. Nel suo
diario, alla data 27 ottobre 1970, parlava del Cile e di Salvador Allende
Gossens, eletto presidente della Repubblica il 5 settembre, poco più di un mese
prima. “Il Partito socialista cileno e il neoeletto presidente della Repubblica
Salvador Allende -scriveva- mi hanno invitato a partecipare l’1 novembre a
Santiago alla cerimonia della investitura del neopresidente”.
Il leader storico del Psi era preoccupato e già vedeva foschi presagi all’orizzonte. “La miseria -notava- è tanta che si è temuto e di teme un golpe”.
E il colpo di Stato arrivò tre anni dopo, confermando l’allarme di Nenni. Avvenne l’11 settembre del 1973..
Il leader storico del Psi era preoccupato e già vedeva foschi presagi all’orizzonte. “La miseria -notava- è tanta che si è temuto e di teme un golpe”.
E il colpo di Stato arrivò tre anni dopo, confermando l’allarme di Nenni. Avvenne l’11 settembre del 1973..
Il golpe in Cile fu realizzato dalle
forze armate guidate dal generale Augusto Pinochet Duarte, fu sostenuto dalla
destra reazionaria e appoggiato dagli Stati Uniti d’America.
Richard Nixon dichiarò subito guerra ad Allende. Il presidente Usa tenne una riunione di fuoco già il 15 settembre 1970 alla Casa Bianca con i suoi più stretti collaboratori e con Richard Helms, allora direttore della Cia. “Una possibilità su dieci -raccontò successivamente Helms- ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno -aggiunse Nixon- per i nostri agenti migliori. Una strategia: strozzare l’economia; 48 ore per pianificare l’azione”. Li incitò: “Fate tutto il necessario per danneggiarlo e farlo cadere”. Frasi confermate da successive commissioni d’inchiesta statunitensi, una disposta da Bill Cliton, successore di Nixon alla Casa Bianca.
Richard Nixon dichiarò subito guerra ad Allende. Il presidente Usa tenne una riunione di fuoco già il 15 settembre 1970 alla Casa Bianca con i suoi più stretti collaboratori e con Richard Helms, allora direttore della Cia. “Una possibilità su dieci -raccontò successivamente Helms- ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno -aggiunse Nixon- per i nostri agenti migliori. Una strategia: strozzare l’economia; 48 ore per pianificare l’azione”. Li incitò: “Fate tutto il necessario per danneggiarlo e farlo cadere”. Frasi confermate da successive commissioni d’inchiesta statunitensi, una disposta da Bill Cliton, successore di Nixon alla Casa Bianca.
Da quel momento per il governo
Allende cominciarono tre anni d’inferno, fino al sanguinoso pronunciamento
militare dell’11 settembre 1973. Allende, marxista, sostenuto da una coalizione
di socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra, era stato eletto
con appena il 36,3% dei voti.
Aveva un programma ambizioso di “socialismo nella libertà”. Il programma di riforme era vasto e incisivo: la nazionalizzazione delle banche, la riforma agraria, l’espropriazione del capitale straniero proprietario delle miniere, in particolare quelle di rame, le più grandi del mondo. Il primo presidente socialista del Cile voleva nazionalizzare il rame (“Riprendiamoci le nostre miniere”), sino a quel momento controllato dalle multinazionali statunitensi (in particolare la Kennecotte e l’Anaconda).
Aveva un programma ambizioso di “socialismo nella libertà”. Il programma di riforme era vasto e incisivo: la nazionalizzazione delle banche, la riforma agraria, l’espropriazione del capitale straniero proprietario delle miniere, in particolare quelle di rame, le più grandi del mondo. Il primo presidente socialista del Cile voleva nazionalizzare il rame (“Riprendiamoci le nostre miniere”), sino a quel momento controllato dalle multinazionali statunitensi (in particolare la Kennecotte e l’Anaconda).
Gli americani avevano un doppio
problema: uno politico e uno economico. Non volevano la perdita di “una
colonia” in America latina e difesero gli interessi delle multinazionali
statunitensi. Così strozzarono l’economia, provocando un crollo dei prezzi del
rame, il taglio dei crediti da parte del Fondo monetario internazionale e la
fuga dei capitali dal paese sud americano. Finanziarono la destra, la stampa conservatrice
e gli scioperi contro il governo Allende, in particolare quello degli
autotrasportatori, che paralizzò il paese (il Cile è uno stato lungo oltre 4
mila chilometri e largo al massimo 200). Alla vigilia del colpo di Stato di
Pinochet il paese era piegato dalla crisi economica, dall’inflazione e dagli
attacchi mortali dei terroristi di destra e di sinistra.
L’11 settembre 1973, 36 anni fa,
scattò il putsch. Allende provò a mettersi in contatto con Pinochet. Il capo di
stato maggiore della difesa al quale aveva dato piena fiducia non risposte. Il
presidente commentò: “Avranno già arrestato Augusto”. Invece il generale
Pinochet aveva tradito il giuramento di fedeltà alla Costituzione e al governo
ed era alla testa del golpe. Allende si trincerò con un gruppo di fedelissimi
della polizia nel palazzo presidenziale della Moneda. La Moneda fu circondata
dall’esercito e dai carri armati. Allende rifiutò di arrendersi. Lui medico,
pacifista, fece uscire dal palazzo i suoi e continuò a sparare con il mitra che
gli aveva regalato Fidel Castro. Dichiarò: “Restare qui a la Moneda ha un
significato politico molto preciso. Sarebbe terribile se, dopo tutto quelle che
è successo, il presidente del Cile finisse per scappare come un topo”. Per il
suo medico personale si suicidò, per altri morì sotto le bombe lanciate contro
la Moneda dagli aerei ribelli dell’aeronautica militare cilena. Morì a 65 anni
di età.
Quell’11 settembre del 1973
l’addetto navale dell’ambasciata americana in Cile, membro della marina Usa, si
affrettò ad informare il Pentagono: “Il nostro D-day è stato pressoché
perfetto”.
Il potere fu assunto da una giunta militare di governo presieduta da Pinochet. Seguirono lunghi e feroci anni di dittatura. Furono soppressi i partiti politici, i sindacati, il Parlamento, la libertà di stampa. I dissidenti furono uccisi, incarcerati, torturati o fatti sparire nel nulla. Due commissioni governative istituite all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando era tornata la democrazia, hanno ufficialmente documentato 3.197 casi di vittime di “sparizioni”. La dittatura, secondo alcune fonti, ha provocato ben 60 mila vittime.
Il potere fu assunto da una giunta militare di governo presieduta da Pinochet. Seguirono lunghi e feroci anni di dittatura. Furono soppressi i partiti politici, i sindacati, il Parlamento, la libertà di stampa. I dissidenti furono uccisi, incarcerati, torturati o fatti sparire nel nulla. Due commissioni governative istituite all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando era tornata la democrazia, hanno ufficialmente documentato 3.197 casi di vittime di “sparizioni”. La dittatura, secondo alcune fonti, ha provocato ben 60 mila vittime.
RICARDO LAGOS
: GRAZIE A CRAXI E AD AGLI ITALIANI PER LA RITROVATA LIBERTA’ IN CILE
Socialisti e comunisti italiani furono
traumatizzati dal golpe. Quando Ricardo Lagos, socialista e già stretto
collaboratore di Allende, s’insedio come presidente della Repubblica l’11 marzo
del 2000, centinaia di giornalisti si riversarono a Santiago da tutto il mondo.
C’era anche un piccolo gruppo di cronisti italiani. “Esplodeva un grande
entusiasmo. Lagos -racconta un inviato che era là in quell’occasione- fece
sapere che voleva incontrare i giornalisti italiani. Ci fece andare in un
palazzo alla periferia di Santiago e ci disse: ‘Voglio ringraziare gli
italiani e, in particolare, i socialisti che ci hanno sostenuto durante la
dittatura. Il compagno Craxi ci aiutò e ci diede i fondi per comprare questo
palazzo nel quale riprendemmo l’attività politica’”. In quegli stessi anni il
Psi sostenne anche tutti gli altri partiti socialisti sotto il tallone delle
dittature di destra (spagnoli, portoghesi e greci) e i dissidenti nell’Unione
sovietica e nei paesi dell’est europeo dominati dai regimi comunisti.(Beppe Vijno)
Nessun commento:
Posta un commento