Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 22 settembre 2012

SOMALIA - Offensiva Shabaab

Il terrorismo minaccia la nuova democrazia.

di Michele Esposito

Venerdì, 21 Settembre 2012 - Sorpresa e speranza avevano riacceso la Somalia quando i primi di settembre, dopo lunghe e confuse consultazioni, il neo parlamento nazionale aveva eletto il professor Hassan Sheikh Mohamud come nuovo presidente.
Outsider poco noto a livello internazionale, il nome di Mohamud aveva fatto gridare qualcuno al ‘miracolo’ dopo che il mite ingegnere legato all’Islam moderato aveva battuto nel rush finale il presidente uscente Sharif Sheikh Ahmed, politico di lungo corso vessato da diverse accuse di corruzione e distrazione di fondi pubblici, come quelle contenute nel rapporto Bryden, consegnato in giugno all’Onu.
La speranza somala, tuttavia, non è durata che una manciata d’ore. Una serie di attentati e assassini hanno segnato il settembre di Mogadiscio e, se mai ce ne fosse stato bisogno, hanno ricordato a tutti che il cammino verso la pace è ancora lungo, incerto, cruento.
ATTENTATI DALL'ALTO VALORE SIMBOLICO. Gli attacchi sembrano portare tutti la firma del gruppo estremista islamico degli Shabaab. E, oltre che per i morti, si sono distinti per il loro elevato valore simbolico. Come quello che, ad appena due giorni dall’elezione di Mohamud, ha colpito l’albergo dove il neo-presidente era impegnato in un incontro con il ministra degli Esteri Keniota. O come quello che il 20 settembre ha distrutto il ristorante The Village, noto ritrovo della capitale di uomini d’affari, elementi della diaspora da poco rientrati in patria e giornalisti.
L’attentato esplosivo ha causato 15 vittime, colpendo uno dei simboli della timida rinascita di Mogadiscio e, sebbene non sia stato ancora rivendicato dagli Shabaab, basta ad indicare come il gruppo estremista somalo, legato ad al Qaeda e ritiratosi solo nel 2011 dalla capitale, sia tutt’altro che vicino alla resa.
KISMAYO ROCCAFORTE ESTREMISTA. Secondo alcuni analisti, gli Shabaab, che controllano ancora buona parte del Sud della Somalia, stanno riguadagnando terreno tra la popolazione della regione di Kismayo, strategico porto non lontano dal confine con il Kenya e ormai ultima roccaforte degli estremisti. Lì, da diversi mesi è in corso l’offensiva delle truppe keniote (a cui Nairobi ha dato il via dopo una serie di attentati portati avanti dagli Shabaab in Kenya), intervenute a supporto del disastrato esercito somalo sotto l’egida dell’Unione africana e della missione Onu in Somalia (Amisom).
NESSUN PIANO PER SALVARE LA POPOLAZIONE. L’esercito keniota, tuttavia, nelle ultime settimane si è distinto per l’eccessiva aggressività e nei suoi attacchi sono rimasti uccisi anche alcuni civili.
Tanto che il 20 settembre un invito a limitare la perdita di vite umane è giunto direttamente dall’Onu mentre tra la popolazione locale cresce il risentimento per le sanguinose offensive dei militari stranieri.
«Stanno bombardando dappertutto e chiunque. E i residenti cominciano a capire che i kenioti non hanno alcun piano per salvare la popolazione», è stata la protesta di un abitante di Kismayo. Il rischio, ora, è che gli Shabaab tornino a cavalcare la mai sopita matrice nazionalista per riguadagnare terreno e, soprattutto, nuovi combattenti.

La sicurezza interna principale sfida di Mohamud


Nell’ennesima stagione delle incertezze, sulla figura del neopresidente Hassan Sheikh Mohamud poggiano gran parte delle speranze della popolazione somala. Se infatti finora il governo transitorio aveva per molti versi fallito la missione mentre la comunità internazionale cercava invano di pacificare il Paese, Mohamud è il primo uomo eletto da un parlamento e non nominato al termine di complessi giochi di potere. E si è così imposto come il possibile leader della svolta.
Membro del potente clan degli Hawiye - lo stesso del presidente uscente - ingegnere con un passato in India e fondatore, nel 1999, della Simad University a Mogadiscio, Mohamud è uomo conosciuto per la sua profonda cultura e per il suo impegno umanitario nella guerra civile scoppiata nel 1991, durante la quale lavorò per diverse Ong e organizzazioni internazionali.
Islamico moderato, vicino ai Fratelli musulmani, Mohamud ha sempre lottato contro gli Shabaab, pur asserendo che, a dispetto dell’intervento internazionale, la Somalia vada pacificata anche dall’interno.
VITTORIA DEGLI ONESTI. Il primo compito del neo-presidente, tacciato come «traditore e fantoccio dell’Occidente» dai guerriglieri integralisti, resta dunque quindi quello della sicurezza. Il popolo somalo ha dato prova di saper reagire al terrore, ed è già un buon inizio: contro ogni pronostico, contro le accuse di ‘mazzette’ che avrebbero fatto confluire nel neonato parlamento diversi membri fedeli all’ex presidente Ahmed, Mohamud ha battuto l’uomo che per anni aveva governato il Paese nell’ambiguità. Una vittoria degli onesti, si potrebbe quasi dire. Quanto questi siano capaci lo dirà solo il futuro della Somalia.

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