Rui Tavares 10 settembre 2012 PUBLICO Lisbona
Povere parole! Sono
le prime vittime dei leader europei, che ne abusano finché non significano più
nulla. Per esempio, "solidarietà" per un tedesco significa: "Questi
rompiscatole di europei del sud che tornano alla carica per chiedermi del
denaro". Per un greco invece significa: "Questi rompiscatole di
tedeschi che tornano alla carica per impormi dei sacrifici".
Per alcuni politici
il "federalismo" è solo un guscio vuoto che serve a darsi delle arie
di modernità, mentre per altri è un guscio vuoto che serve solo a ispirare
paura. Ma né per gli uni né per gli altri il "federalismo" ha il suo
significato originale di decentramento e di democrazia. Sarkozy è riuscito addirittura
a utilizzarlo come sinonimo di sistema intergovernativo, cioè il suo esatto
contrario.
Quando mancano le
parole si parla di "più Europa", un'espressione che non vuole dire
nulla. Forse oggi ci vuole più democrazia, più integrazione, più coesione –
tutti termini che sappiamo cosa vogliono dire – di certo non "più
Europa", che non so cosa voglia dire.
Poco prima
dell'estate è stata la "crescita" ad avere il suo momento di gloria,
in particolare grazie alle insistenze dei socialisti. Hollande ha detto
chiaramente che avrebbe firmato il nuovo patto di bilancio solo a condizione
che fosse stato accompagnato da un piano di crescita. A un certo punto si è
addirittura sentito l'annuncio che più di cento miliardi di euro sarebbero
stati spesi in progetti di sostegno alla crescita e all'occupazione. In realtà
si tratta un decimo di quello che viene prestato alle banche in due giorni, ma
lasciamo perdere.
Se ne era parlato
così tanto che avevamo finito per crederci. Ma ecco che pochi mesi dopo la
Francia si prepara a firmare il trattato fiscale, che priva di significato il
Parlamento europeo, fissa degli obiettivi irrealistici se non nefasti e abbozza
un modello che, se si ripeterà, finirà per distruggere l'Unione in nome
dell'euro. Tutto ciò per non salvare né l'una né l'altro. E il fondo di
crescita? Secondo le ultime notizie che circolano presso il Consiglio dell'Ue
la Francia rifiuterebbe di pagare la sua quota.
Tutto ciò potrebbe
essere semplicemente triste, ma in realtà è patetico. Ogni paese dell'Unione
gioca con il destino degli altri senza capire che si tratta anche del proprio.
L'esempio più edificante è quello dell'evasione fiscale. Come tutti sanno, la
quasi totalità delle 20 più grandi imprese della borsa di Lisbona hanno la loro
sede fiscale nei Paesi Bassi, allo scopo di sfuggire alle obbligazioni
contabili e alle imposte portoghesi. I Paesi Bassi fanno orecchie da mercante
alle richieste del Portogallo e degli altri paesi, che comunque non fanno molto
di loro per risolvere il problema. In compenso in piena campagna elettorale si
è scoperto che la compagnia ferroviaria olandese (peraltro pubblica) evade il
fisco in Irlanda. Improvvisamente il mondo politico olandese si è detto
indignato che si potesse fare loro esattamente la stessa cosa che fanno ad
altri.
E non è neanche
l'esempio peggiore. Dall'altra parte dell'Europa Cipro, retta da un governo di
ispirazione comunista, ha concluso con la Russia un accordo che permette agli
oligarchi russi di sfuggire alle imposte nel loro paese e di riciclare denaro
sporco. Non solo a Cipro è facile aprire un conto corrente, poiché non è
necessario dare il proprio nome, ma è anche molto facile aprire una banca. I
russi ovviamente ne approfittano – qualunque coincidenza con il traffico di
armi russe verso la Siria è ovviamente del tutto casuale.
Ma non si può fare
nulla per cambiare questa situazione? L'ordine delle priorità è deciso dalla
presidenza del Consiglio, e in questo momento la presidenza spetta proprio a
Cipro, a cui succederà l'Irlanda. (Traduzione
di Andrea De Ritis)
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