Si tratta della
nostra nuova moda. Eccoci ormai appassionati all'Europa democratica. Siamo
cresciuti imbevuti dello spirito dei padri fondatori: nulla di meglio di
un'élite illuminata per guidare la costruzione europea. Mario Monti, il
presidente del consiglio italiano, lo ha ribadito di recente. Se cinque anni
dopo la guerra i popoli fossero stati consultati su un'organizzazione comune
sul carbone e sull'acciaio, i padri fondatori Jean Monnet e Konrad Adenauer non
sarebbero andati molto lontano. Per mettere sotto una stessa autorità i
commercianti di cannoni di qualche anno prima si doveva dimostrare un coraggio
rivoluzionario, a condizione però che fosse discreto.
I "no" ai
referendum popolari lo hanno dimostrato. Il metodo non funziona più. Bisogna
inventare una nuova democrazia. Così abbiamo scoperto gli strumenti che il
trattato di Lisbona ha messo a disposizione dei cittadini. Dal 1° aprile la
petizione è la nuova arma dei popoli. Bisogna riunire sette cittadini di sette
paesi diversi e la procedura può essere avviata. Basta raccogliere nell'arco di
un anno un milione di firme con una soglia minima nei paesi prescelti: 74.250
in Germania, 55mila in Francia e 4.500 a Malta. Una volta raccolte le firme la
Commissione europea riceverà i sottoscrittori della petizione. Nel caso
peggiore si limiterà ad ascoltarli educatamente; in quello migliore redigerà
una proposta di legge per tenere conto delle loro aspirazioni.
Attenzione però a non
lanciarsi troppo presto. Greenpeace aveva organizzato una petizione che aveva
raccolto 1,2 milioni di firme per vietare gli ogm in Europa. Presentata alla
fine del 2010, la domanda non è stata accettata, ma il caso ha finalmente
spinto la Commissione a pubblicare il suo regolamento di applicazione, rendendo
la petizione operativa a partire dal 1° aprile.
In un'Europa fondata
sul diritto, la libertà è inquadrata. E da questo punto di vista Bruxelles
accetta solo le petizioni che si inseriscono nelle competenze dell'Unione
europea (Ue). Questo ha portato al rifiuto di alcune petizioni decisamente
originali. Gli oppositori della corride vogliono vietare la tauromachia? Non si
tratta di una competenza comunitaria, il benessere degli animali è garantito
nel quadro della politica agricola comune e non in quello degli spettacoli
crudeli. Si vuole un reddito minimo garantito per tutta l'Europa? Impossibile,
l'Unione non è abilitata ad adottare delle leggi sociali vincolanti.
Gli ecologisti
vogliono la chiusura delle centrali nucleari? Purtroppo l'energia nucleare –
risponde la Commissione – è regolata da una trattato a parte, l'Euratom, che
non prevede delle iniziative popolari. Tuttavia il promotore della mozione,
l'austriaco Klaus Kastenhofer, non si è scoraggiato e ha presentato una nuova
petizione su un'altra base giuridica: la protezione dei consumatori e
dell'ambiente. Si attende la risposta di Bruxelles.
Il rischio è di
lanciarsi in una guerra di lobby attraverso petizioni di ogni genere, e di
rendersi conto che gli ecologisti si oppongono al nucleare, che i federalisti
si impegnano per un diritto di voto europeo o che i cattolici combattono la
ricerca sull'embrione, per citare solo alcune delle iniziative in corso. Ma non
dobbiamo disperare, queste petizioni possono permettere di creare un dibattito
transeuropeo, di riproporre quelle domande che i funzionari di Bruxelles,
logorati da compromessi estenuanti, non si pongono più.
Gli ingranaggi
europei hanno il cosiddetto nottolino: una volta che una legge è stata
adottata, nessuno la può cancellare. Questo è il caso della direttiva Uccelli,
adottata nel 1979 e alla quale i cacciatori sparerebbero volentieri. Fra le
iniziative più importanti una chiede di sospendere il pacchetto di misure
sull'energia e sul clima del 2009, accusato di penalizzare il Vecchio
continente, in attesa che la Cina, l'India e gli Stati Uniti si impegnino a
loro volta. Perché no?
Questa strada delle
petizioni sembra più promettente della consultazione dei parlamenti nazionali,
a sua volta prevista dal trattato di Lisbona. Di fatto l'Europa ha già fatto
ricorso a questo sistema quando la Commissione ha ritirato una proposta sul
diritto di sciopero dei lavoratori all'estero – gli idraulici polacchi, tanto
per intenderci. La Commissione infatti aveva ricevuto dei "cartellini
gialli" dai parlamenti di 12 paesi. Tuttavia il progetto era nato morto:
troppo sociale per i liberali, troppo liberale per la sinistra. In realtà
questo episodio conferma soprattutto che l'Europa sociale è bloccata.
Nessun commento:
Posta un commento