Jaroslaw
Makowski 24 ottobre 2012 GAZETA WYBORCZA varsavia
Finora i sociologi si
sono concentrati sulla cosiddetta “generazione perduta”. I politici hanno usato
questa espressione con prudenza, fino a quando il primo ministro italiano Mario
Monti ha infranto il complotto del silenzio. “Voi siete una generazione
perduta”, ha detto
Monti rivolgendosi ai suoi giovani compatrioti. “La verità,
purtroppo non bella da dire, è che messaggi di speranza – nel senso della
trasformazione e del miglioramento del sistema – possono essere dati ai giovani
che verranno tra qualche anno”.
La cancelliera tedesca
Angela Merkel e il primo ministro britannico David Cameron avrebbero potuto
usare le stesse parole, ma è stato Monti ad aprire la strada. Questo significa
che presto i leader cominceranno a parlare di “buone notizie” per fare in modo
che i giovani dimentichino la vita agiata di cui hanno goduto i loro genitori.
Diciamo le cose come stanno: la colpa della crisi che stritola l’Europa è delle
attuali élite politiche e intellettuali. La loro è una generazione di leader
cresciuti in un “palazzo di cristallo”.
Inoltre è importante
capire che la loro esistenza protetta, sicura e prospera non è affatto il
frutto dei loro sforzi. Merkel e Cameron, come l’ex cancelliere Gerhard
Schröder e l’ex premier Tony Blair, hanno ereditato il loro tenore di vita dai
loro predecessori, e alla fine si sono dimostrati soltanto una “cooperativa di
consumo”, come li ha definiti Zygmunt Bauman: hanno consumato i prodotti del
lavoro di qualcun altro e goduto i benefici di un successo che non gli
apparteneva.
L’Europa è stata creata
e costruita da una generazione con un passato tragico, incarnato da luoghi come
Auschwitz. I padri fondatori dell’Unione europea – Konrad Adenauer, Robert
Shumann o Alcide De Gasperi – sapevano bene che soltanto lavorando insieme
avrebbero potuto realizzare qualcosa di utile e duraturo. In questo senso la
solidarietà europea è stata una benedizione.
I leader attuali
hanno invece vissuto in un ambiente del tutto diverso. Hanno avuto pace,
sicurezza e condizioni di vita sempre migliori grazie a uno stato sociale
ragionevole. Ma allora come è possibile che dopo un successo talmente
spettacolare sia arrivato un fiasco altrettanto clamoroso? Il motivo è
semplice: le élite di oggi pensano di aver ereditato l’Ue dai loro
predecessori, quando invece l'hanno solo presa in prestito e dovranno presto
passarla ai loro figli. La mentalità e lo spirito delle persone che oggi
governano l’Europa possono essere riassunti in una frase: “Godiamoci la vita
più che possiamo, perché presto l’Europa sarà soltanto un ricordo”.
Qual’è il problema
più grave che attanaglia oggi l’Europa? Per trovare una risposta basta scendere
nelle strade e nelle piazze delle nostre città: “Abbiamo il diritto di voto ma
non abbiamo un lavoro”, accusano i giovani disoccupati. Davanti ai nostri occhi
il precariato
si afferma sempre di più. Ma chi sono queste persone? Una risposta semplice e
corretta l’ha fornita Guy Standig, autore di Il precariato: la nuova classe
pericolosa: sono virtualmente tutti, e il nucleo è costituito dai giovani.
Oggi l’unica cosa che
i leader sono in grado di dire a queste persone è che appartengono a una
“generazione perduta” e che l’Ue potrebbe crollare. Il precariato, spiega
Standing, è vittima delle “quattro A”: astio, anomia, alienazione e ansia. Il
risultato di un sentimento sociale di questo tipo sono i “cittadini infuriati”
che abbiamo visto in azione nelle strade di Londra nel 2011. Sono i “nuovi
poveri”: non hanno niente in comune con l’impotenza dei barboni, ma devono
affrontare la prospettiva di una vita segnata dalla disoccupazione e dagli
impieghi temporanei che non valorizzano le loro qualità e ambizioni. Una
condizione che partorisce inevitabilmente risentimento e rabbia.
Ma come possiamo
trasformare questa rabbia in coraggio? Questa domanda esige una risposta al più
presto. Innanzitutto non dobbiamo dimenticare che il coraggio dei pensieri
deriva dal coraggio dell’immaginazione, e dunque dobbiamo cominciare cercando
di non avere paura del nostro odio. Abbiamo il diritto di odiare, considerata
la situazione, ma dobbiamo anche porre un limite fondamentale alla nostra
rabbia: la furia, la rivolta e l’odio non devono essere diretti contro un altro
essere umano, perché questo significherebbe soltanto gettare benzina sul fuoco.
Se cedessimo alla
tentazione di schierarci gli uni contro gli altri trasformeremmo il mondo in un
incubo. Al contrario, l’odio e la rabbia che alberga nei cuori di milioni di
giovani europei dev’essere diretto contro l’indifferenza. Il nostro imperativo
categorico dev’essere "Odio la mia indifferenza”. In secondo luogo, come
spiega Claus
Leggewie nel suo famoso libro Mutt statt Wut [“Coraggio anziché
rabbia”], il grande cambiamento ha bisogno di “immaginazione costruttiva e
spirito d’iniziativa”. E allora chi potrà assicurarci che l’Europa torni a
scegliere la solidarietà e non l’egoismo, la collaborazione e non la
competizione assassina, lo sviluppo sostenibile e non il profitto a tutti i
costi.
Cominciamo col dire
chi non lo farà di sicuro, per ragioni che sono morali, intellettuali e
spirituali: i leader europei, gli stessi che negli ultimi due anni hanno provato
a salvare l’Ue con un impegno tale che presto l’Unione potrebbe sparire per
sempre. I leader non sono la soluzione ai problemi dell’Ue, ma la causa.
Chiedere a Merkel o Hollande di tirarci fuori dalla crisi è come chiedere a un
cieco di descriverci un quadro impressionista.
Basta
così
Ma allora chi potrà
salvarci? Può suonare paradossale, ma sono convinto che l’ultima speranza
dell’Europa sia la generazione
Erasmus. Sono proprio loro, i ragazzi che hanno vissuto un progetto
che gli eurocrati considerano ormai talmente stravagante da volerlo cancellare
nell’ambito delle “misure di austerity”. Perché – dicono le élite – dovremmo
spendere il denaro dei contribuenti per finanziare giovani europei che a quanto
pare passano la maggior parte del tempo a divertirsi? [A questa domanda vorrei
però rispondere con un'altra domanda]: forse che le conferenze, i dibattiti e i
viaggi studio per gli eurocrati e i loro accompagnatori – il tutto finanziato
dai contribuenti – hanno aumentato la coesione dell’Ue più dell’esperienza di
ragazzi che studiano e vivono in un altro paese?
La generazione
Erasmus ha davanti a sé la prospettiva della disoccupazione e attraversa una
profonda crisi di speranze. Ma allo stesso tempo è una generazione che ha
imparato a conoscere la diversità dell’Europa toccandola con mano, e proprio
grazie al suo essere senza speranze può capire quella che il grande filosofo
ceco Jan Patočka chiamava la “solidarietà dei disperati”. La generazione
Erasmus è accomunata da un unico destino, e sa che il mondo di oggi sta
arrivando al capolinea. Ma quello del futuro è nelle loro mani. Arriverà presto
un momento in cui la “generazione perduta” dovrà cominciare a costruire una nuova
Europa. Abbiamo bisogno di una nuova politica progressista che non sia basata
sulla logica della crescita ma su una separazione radicale da essa. Oggi le
persone realmente libere non sono quelle che dicono “di più, di più, di più”
(più consumo, più credito, più attacchi alla natura), ma quelli che hanno la
forza e la fede per dire “basta così”.
Ragazzi della
generazione Erasmus, so che non avete un lavoro e avete perso la speranza di un
futuro migliore. Ma oggi siete la nostra unica speranza. Chi salverà l’Ue se
non voi? E quando, se non oggi? Fatelo per voi e per i vostri figli. Il “sogno
europeo” è nelle vostre mani. (Traduzione di Andrea Sparacino)
PUNTUALIZZAZIONE
I fondi per il 2013 non sono
ancora garantiti
Il 23 ottobre la
Commissione europea ha chiesto agli stati di versare 9 miliardi di euro per
contribuire fino alla fine del 2012 al programma Erasmus e ad altri progetti Ue
come l’European Social Fund e altri piani di sostengo della ricerca
scientifica.
Altrove sono ancora
in corso i negoziati sul bilancio 2013, che coinvolgono la Commissione europea,
il Parlamento europeo e il Consiglio. Per proteggere i programmi di
interscambio e i fondi per la ricerca alcuni parlamentari hanno chiesto
al Consiglio europeo di cancellare la sua proposta di tagli da 1,9 miliardi. La
Commissione ha proposto un budget da 490 milioni per le borse
Erasmus. La scadenza per i colloqui è stata fissata per il 9 novembre.
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