Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


mercoledì 3 ottobre 2012

INGHILTERRA - Miliband, attrazione centrista

Le sfide del segretario dei laburisti inglesi.

di Lorenzo Berardi

Mercoledì, 03 Ottobre 2012 - Miliband, «dì qualcosa di sinistra!» si sarà chiesto più di un elettore laburista d'Oltremanica ascoltando il discorso fiume con cui martedì 2 ottobre il segretario dei Labour è intervenuto al congresso nazionale di partito a Manchester.
«NON SONO RED ED». Una speranza andata a vuoto, o quasi. «Non sono Red Ed» (Ed il rosso) si è subito schermito il 42enne leader del centrosinistra, «anche se a mio padre (l'intellettuale marxista Ralph Miliband, ndr) avrebbe fatto piacere sentirmi chiamare così».
Tutt'altro che rosso. Il nuovo Ed Miliband guarda decisamente al centro. Ha citato una figura storica dei conservatori come Benjamin Disraeli, riconosciuto «i grandi risultati» raggiunti dai discussi New Labour di Tony Blair e si è dichiarato una persona di fede, «ma non religiosa», ha precisato.
OBIETTIVO: ELEZIONI 2015. Il segretario ha puntato molto sulla sfera personale, insistendo sulle proprie origini cosmopolite per riaffermare il ruolo di leader dell'opposizione. E, non ultimo, liberarsi una volta per tutte dallo spettro del fratello David e mostrarsi come un credibile candidato al ruolo di futuro primo ministro nella primavera del 2015.
SLOGAN A EFFETTO. Un discorso rivolto alle migliaia di delegati presenti a Manchester e a milioni di potenziali elettori che è stato contrassegnato dall'incessante ripetizione di due slogan: «Ricostruiamo assieme la Gran Bretagna» e «un partito per una nazione».
Messaggi di sicuro effetto, ma che sembrano appartenere più al repertorio dei conservatori di David Cameron che a quello di un centrosinistra.

La svolta al centro e lo smarcamento dai sindacati


«Voglio dirvi chi sono, in cosa credo e perché sono convinto che insieme possiamo cambiare questa nazione», ha esordito Miliband. «E la mia convinzione fonda le sue radici nella storia della mia famiglia, una storia che comincia a mille miglia da qui perché i Miliband non hanno vissuto all'ombra della stessa quercia per 500 anni». Poi un accenno ai genitori: «Entrambi sono arrivati nel Regno Unito come immigrati», ha ricordato il segretario laburista, «rifugiati ebrei in fuga dai nazisti. E io so che non sarei su questo palco oggi senza la tolleranza e la compassione con cui questo grande Paese, la Gran Bretagna, ha accolto la mia famiglia». Una retorica che non è dispiaciuta ai delegati di partito così come a molti commentatori.
ED CONVINCE SOLO IL 22% DEGLI INGLESI. Di sicuro, all'indomani di un sondaggio condotto da ComRes e commissionato dal quotidiano Independent che mostra come solo il 22% dei cittadini britannici intervistati veda in lui le qualità necessarie per essere un buon primo ministro, Ed Miliband è migliorato come oratore, pur continuando a lottare contro il proprio inconfondibile timbro nasale.
Ma soprattutto, il leader dei Labour ha deciso di lasciarsi l'ala sinistra del partito alle spalle puntando deciso verso il centro nel tentativo evidente di catturare l'elettorato conservatore moderato più gli ex liberaldemocratici delusi dall'esperienza di Nick Clegg al governo.
Un percorso appena cominciato che prevede prima di tutto lo smarcamento dall'ingombrante (ma decisiva anche in termini di finanziamenti) influenza dei sindacati.
L'APPELLO ALL'UNITÀ. Miliband dovrà poi conquistare il voto degli immigrati di seconda e terza generazione. Senza dimenticare la critica al capitalismo predatorio al centro del congresso del 2011.
Insomma, il nuovo Labour si proprone come partito inclusivo. E lancia un appello per fare fronte comune per superare le divisioni ideologiche per tornare a fare grande il Regno Unito in un'ottica non molto dissimile dalla fallimentare Big Society di cameroniana memoria.

Lo slogan preso a prestito dal conservatore Disraeli


Peccato che per raggiungere questo obiettivo Miliband abbia deciso di riproporre uno slogan pronunciato 140 anni fa, e proprio a Manchester, dall'allora leader del partito conservatore ed ex ministro Disraeli. Un vero e proprio sacrilegio persino per gli standard di un partito che resta pur sempre l'erede dei filocentristi New Labour di Tony Blair.
«IL PARTITO DI UNA NAZIONE». Per aspirare a guidare la Gran Bretagna, i laburisti di Ed Miliband, al pari dei Tory di Disraeli nel lontano 1872, devono diventare «il partito di una nazione». Un concetto che è stato a lungo ritenuto un caposaldo del centrodestra e che Miliband ha rispolverato e fatto proprio, tanto da averlo ripetuto per ben 40 volte nell'arco di 75 minuti dell'intervento.
«RICOSTRUIRE IL REGNO UNITO». «Ricostruire assieme la Gran Bretagna» è stato invece il secondo slogan. Una ricostruzione sociale, economica e culturale che l'attuale coalizione conservatrice-liberale starebbe ostacolando, come Miliband non ha mancato di sottolineare definendo l'attuale governo «miserabile, incapace, senza speranza, approssimativo e incline al dietrofront». Oltre che colpevole di «tirare a campare infrangendo le promesse fatte agli elettori».
Parole che lasciano il segno e che si accompagnano alle intenzioni di fermare e rivedere del tutto la politica seguita dal governo Cameron in materia di sanità ed educazione qualora gli elettori dovessero premiare i laburisti alle urne nel 2015.

Britannici stanchi della politica: il crollo dei tesserati


Resta il problema di come possano i nuovi Labour milibandiani ergersi a partito di una nazione intera continuando a perseguire temi cari al centrosinistra in materia di giustizia sociale, politica fiscale, pensionistica e ambientale sollecitando inoltre nuovi investimenti nell'educazione e nella sanità in un periodo in cui la spesa pubblica è al lumicino.
LA PERDITA DI APPEAL. Senza contare che l'aspirazione di Miliband di fare dei Labour il «One Nation Party» riecheggiando i Tory di Disraeli si scontra anche con lo scarso appeal incontrato dai partiti britannici che negli ultimi 30 anni hanno visto crollare il numero dei propri tesserati.
Basti pensare che, come sottolineato dall'Economist, il totale dei sostenitori dei tre principali partiti inglesi (circa 370 mila) è pari a circa un terzo dei soci della Royal society for the protection of birds. L'unica consolazione per Miliband è che oggi la metà dei possessori di una tessera di partito sono sostenitori laburisti: fondamenta dalle quali partire per la ricostruzione non solo della Gran Bretagna, ma anche di un consenso più ampio verso il centro.

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