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giovedì 4 ottobre 2012

ISRAELE - Gerusalemme, le tv cristiane aspettano il Messia

Le due emittenti religiose più importanti d'America, Daystar e Trinity, dalle loro postazioni nella città santa irradiano il vangelo in tutta Israele.

Se il Messia dovesse mai scendere dal monte degli Olivi come profetizzato nella Bibbia, le due emittenti televisive cristiane più grandi d'America saranno ben posizionate ad aspettarlo, grazie alla recente acquisizione di alcuni studi vicini a Gerusalemme, sulla collina che sovrasta la città. Il network texano Daystar irradia già da una webcam attiva 24 ore su 24 nella sua postazione; e per non essere da meno il californiano Trinity Broadcasting Network ha comprato giusto lo scorso mese l'edificio a fianco. Gli studi rivali sono parte di una aggressiva strategia messa in atto dalle emittenti statunitensi cristiane per guadagnare una posizione rilevante nella città santa. La loro presenza non solo offre motivo di vanto ai collaboratori e ai telespettatori americani, ma costituisce anche - circostanza ben più controversa - una piattaforma per la diffusione del vangelo di Gesù presso gli ebrei d'Israele. Oltre al nuovo edificio multipiano, l'emittente Trinity ha avviato dei negoziati con Yes, il provider israeliano di televisione satellitare, per assicurarsi una dimora permanente per il suo canale evangelico Shalom Tv. Daystar trasmette la propria programmazione in lingua inglese in canali dedicati, sia attraverso Yes che su Hot Telecommunications Systems, provider via cavo, e dichiara di essere la prima emittente cristiana a trasmettere il messaggio evangelico su una televisione israeliana per 24 ore al giorno.

«Il nostro obiettivo principale è dare visibilità a quelli che noi chiamiamo "ebrei messianici", cioè ebrei che hanno riconosciuto Gesù come il loro messia», spiega Paul Crouch, cofondatore di Trinity Broadcasting Network, che ha di recente concluso una visita in Israele con 1.800 sponsor, la maggior parte dei quali americani. «Intendiamo trasmettere programmi in lingua ebraica in modo da raggiungere gli ebrei e invogliarli a leggere la parola di Dio, diventando così quelli che noi chiamiamo "ebrei completi"». Tale proselitismo non piace per niente agli ebrei ortodossi, che dicono minacci l'identità di un Paese nato per fornire un rifugio ai perseguitati della Shoah. Il proselitismo cristiano è legale in Israele, nonostante il governo abbia a volte limitato e scoraggiato tale pratica, sconosciuta ai fedeli di religione ebraica. «L'aspetto che trovo più offensivo è il loro vantarsi del proprio lavoro missionario», afferma Ellen Horowitz, direttrice del Jewish Israel, gruppo locale fondato nel 2008 per monitorare e contrastare i missionari cristiani in Israele. «Sono davvero molto aggressivi da quel punto di vista».Secondo la Horowitz, il proselitismo è un argomento delicato in Israele. «Il nostro popolo è già stato messo sotto torchio sia attraverso la persecuzione che mediante la conversione forzata. «Ora che abbiamo ottenuto una nazione ebraica qualcuno ci rifila una copia del nuovo testamento. Si sta toccando un punto critico».
Al suo debutto in Israele, nel 2006, il network Daystar sollevò a tal punto l'opinione pubblica che le sue trasmissioni su Hot furono temporaneamente sospese, per poi riprendere dopo una sentenza del tribunale. Da allora, i gruppi cristiani di evangelizzazione hanno silenziosamente ma tenacemente messo radici a Gerusalemme.

La scorsa primavera, l'evangelizzatore Mike Evans ha cominciato a sollecitare donazioni dagli sponsor americani per l'acquisto, che costerà 10 milioni di dollari, di un centro commerciale di Gerusalemme, all'interno del quale intende aprire una struttura dedicata al proselitismo cristiano. A luglio il missionario americano Rick Ridings, un nipote di Paul Crouch che gestisce una sorta di centro di preghiera al monte Sion, ha accolto diverse centinaia di giovani israeliani per una tre giorni di musica e preghiera a Tel Aviv. Secondo Crouch il Trinity Broadcasting Network, il cui palazzo recentemente acquistato ospita anche l'ufficio israeliano del Los Angeles Times, si sforza di promuovere il cristianesimo in Israele, dove tale fede è talvolta messa in ombra dal conflitto tra ebraismo e islam. Il Trinity Broadcasting, con le sue 18 reti in sette lingue diverse, è già una delle maggiori emittenti religiose a livello mondiale. «La cristianità in Israele non è rappresentata bene come potrebbe», sostiene Crouch. «Speriamo di colmare questa lacuna e offrire al cristianesimo la migliore visibilità».
Queste ultime incursioni da parte dei cristiani non hanno innescato la stessa reazione che si è verificata nel 2006, al debutto di Daystar. In realtà, secondo Crouch, il più grande ostacolo per il canale Trinity a Gerusalemme è stato finora il rivale Daystar, che a suo dire ha cercato di impedire che Shalom, il canale della Trinity Broadcasting ospitato dal satellite Yes, venisse mandato in onda. «Hanno sollevato un putiferio", si lamenta Crouch. «Credo che alcuni dei nostri fratelli cristiani non vogliano la concorrenza». Un portavoce di Yes ha riferito che i negoziati con il Trinity sono in corso, e che non è stato ancora raggiunto un accordo definitivo. I funzionari Daystar rifiutano di commentare, ma hanno diramato un comunicato in cui si dice che la compagnia «ama e apprezza Israele».

Alcuni israeliani accolgono i membri della comunità degli evangelizzatori americani come partner strategici, tanto dal punto di vista politico che da quello economico. Oltre a essere diventati la fetta del mercato turistico israeliano più in crescita negli ultimi anni, i cristiani statunitensi tendono a dichiararsi fermamente pro Israele, cercando di influenzare il governo americano sulle delicate questioni che riguardano Israele, come il conflitto con la Palestina o gli insediamenti in Cisgiordania. Negli scorsi anni le emittenti cristiane hanno donato decine di milioni di dollari per costruire scuole, centri di accoglienza, ospedali e persino sinagoghe. La motivazione di questa generosità è da vedersi anche nella convinzione che il ritorno degli ebrei in Israele annuncerà l'ormai prossima venuta di Gesù.
I gruppi cristiani hanno stretto forti legami con i membri di origine russa del Knesset, il parlamento israeliano, contribuendo recentemente all'approvazione di una legge che estende l'esenzione dalle tasse patrimoniali, un tempo prevista solo per le istituzioni religiose ebraiche, anche a quelle cristiane. «Sono diventati molto più sofisticati e calcolatori di un tempo», commenta Ellen Horowitz. «Con tutti quei milioni di dollari che sono disposti a elargire, è molto più difficile che il governo dica no». Secondo il gruppo della Horowitz, in Israele è aumentato il numero delle congregazioni cristiane dedite alla evangelizzazione, secondo dati provenienti dalle stesse: si tratta di 150 gruppi con 20 mila seguaci, contro i 3 mila stimati nel 1987.
Le emittenti cristiane vantano ai loro telespettatori un numero record di conversioni di ebrei al cristianesimo. «È già arrivato il tempo del raccolto», ha commentato Crouch. Responsabili di tale crescita sono per lo più il milione di immigrati russi giunti in Israele negli anni Novanta. Molti di essi non sono mai stati considerati ebrei dai rabbini ortodossi; altri hanno addirittura praticato il cristianesimo mentre erano ancora in Russia. «Vedono i russi come un modo per gettare radici in Israele promuovendo un revival del cristianesimo», spiega la Horowitz. «Non abbiamo niente contro i cristiani. Ma il popolo ebraico deve guardarsi le spalle affinché questo abbraccio evangelico non diventi una morsa dalla quale non sarà più possibile liberarsi».
Edmund Sanders
Articolo originale su Los Angeles Times, traduzione di Belinda Malaspina

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