«In un mercato aperto
come quello europeo laurearsi per laurearsi serve a poco. Se ci si laurea male
si hanno competenze modeste, che portano poco lontano. Meglio non inseguire il
titolo per essere dottori per forza. Meglio avere una formazione tecnica spendibile».
Lo ha detto la ministra del lavoro Elsa Fornero all'ateneo torinese, qualche
giorno fa, durante la cerimonia di premiazione dei migliori laureati.
Laurearsi «per forza», perché lo vogliono papà e mammà, perché non si hanno le energie per entrare nel mondo del lavoro, perché il futuro fa paura e allora meglio rimanere a scaldare i banchi, questo no, ha ragione la ministra: non va affatto bene. Né per la crescita economica, né tantomeno per quella individuale. Ma dalle parole di Elsa Fornero traspare un luogo comune, molto diffuso oggigiorno, secondo il quale è meglio essere un buon muratore che un pessimo laureato: la versione aggiornata dell'asino vivo e del dottore morto. Il che può pure essere condivisibile.
Eppure, sotto sotto, il messaggio che sembra passare è il solito, quello che caratterizza il governo Monti fin dai suoi primi giorni di vita: una attenzione smodata e perfettamente capitalistica all'economia tout court, quella del mattone, dell'azienda, del Pil, dei grandi investimenti e della manodopera poco qualificata a basso costo, a scapito di tutto il resto. E tutto il resto, in Italia, è anche e soprattutto il patrimonio artistico e culturale: musei, biblioteche e chiese, opere d'arte e di architettura, monumenti e ville storiche, l'eredità musicale, le spiagge, le montagne, la gastronomia, i prodotti di nicchia ma di qualità. Tutto quello che ha reso l'Italia il desiderabile Paese dove fioriscono i limoni che tanto piace al resto del mondo. Un patrimonio gigantesco, unico, che a ben vedere ne richiederebbe un altro, ossia quello umano e professionale costituito da guide turistiche, artisti, letterati, restauratori, ingegneri per la manutenzione di ciò che cade a pezzi, pubblicitari per le strategie di marketing culturale, operatori turistici, interpreti, musicisti, biologi marini, informatici e tutto l'esercito di disoccupati variamente titolati che ammuffiscono nell'attesa di sentirsi finalmente utili. In Italia ci sarebbe spazio sufficiente affinché tutti vi possano lavorare e vivere: asini e dottori. Al profumo soave e delicato dei fiori del limone, anche i vecchi proverbi potrebbero essere finalmente rivisitati.
Belinda Malaspina
Laurearsi «per forza», perché lo vogliono papà e mammà, perché non si hanno le energie per entrare nel mondo del lavoro, perché il futuro fa paura e allora meglio rimanere a scaldare i banchi, questo no, ha ragione la ministra: non va affatto bene. Né per la crescita economica, né tantomeno per quella individuale. Ma dalle parole di Elsa Fornero traspare un luogo comune, molto diffuso oggigiorno, secondo il quale è meglio essere un buon muratore che un pessimo laureato: la versione aggiornata dell'asino vivo e del dottore morto. Il che può pure essere condivisibile.
Eppure, sotto sotto, il messaggio che sembra passare è il solito, quello che caratterizza il governo Monti fin dai suoi primi giorni di vita: una attenzione smodata e perfettamente capitalistica all'economia tout court, quella del mattone, dell'azienda, del Pil, dei grandi investimenti e della manodopera poco qualificata a basso costo, a scapito di tutto il resto. E tutto il resto, in Italia, è anche e soprattutto il patrimonio artistico e culturale: musei, biblioteche e chiese, opere d'arte e di architettura, monumenti e ville storiche, l'eredità musicale, le spiagge, le montagne, la gastronomia, i prodotti di nicchia ma di qualità. Tutto quello che ha reso l'Italia il desiderabile Paese dove fioriscono i limoni che tanto piace al resto del mondo. Un patrimonio gigantesco, unico, che a ben vedere ne richiederebbe un altro, ossia quello umano e professionale costituito da guide turistiche, artisti, letterati, restauratori, ingegneri per la manutenzione di ciò che cade a pezzi, pubblicitari per le strategie di marketing culturale, operatori turistici, interpreti, musicisti, biologi marini, informatici e tutto l'esercito di disoccupati variamente titolati che ammuffiscono nell'attesa di sentirsi finalmente utili. In Italia ci sarebbe spazio sufficiente affinché tutti vi possano lavorare e vivere: asini e dottori. Al profumo soave e delicato dei fiori del limone, anche i vecchi proverbi potrebbero essere finalmente rivisitati.
Belinda Malaspina
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