La
scuola, si sa, in un Paese civile rappresenta la fucina dove si forgia il
futuro. L'istruzione in un Paese civile dovrebbe essere pubblica e gratuita per
tutti: solo così, infatti, può rimanere libera, svincolata da intenti meno
nobili di quello, primario, costituito dall'educazione delle giovani menti;
solo così resterebbe laica, ossia ininfluenzabile da parte di qualunque entità
religiosa, e auspicabilmente universale: in poche parole per tutti e di tutti.
Questo in un Paese civile. E l'Italia, notoriamente, non lo è.
Il nuovo e assai discusso disegno di legge cosiddetta di stabilità, in questi giorni al vaglio del parlamento, porta invero un nome curioso, evocante scenari finalmente definitivi, finalmente solidi, finalmente mirati a restituire una dignità perduta. Di fatto, invece, almeno per quanto riguarda la scuola non c'è traccia di solidi intenti, di quelli che da tempo latitano quando si parla di educazione. Se infatti Berlusconi, prima della sua caduta, aveva promesso 500 milioni di euro alle scuole non statali, ora Monti non è da meno, annunciando un investimento di ben 223 milioni di euro da destinarsi al settore dell'istruzione paritaria.
Per pareggiare i piatti della bilancia il presidente del Consiglio ha poi ben pensato di far recuperare ai poveri docenti italiani, colpevolmente presenti in cattedra per sole 18 ore settimanali (come se i consigli, i collegi, la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni, gli interventi per i ragazzi disabili non esistessero), quanto hanno finora sottratto alle casse statali: la nuova legge porterebbe l'orario di lavoro a 24 ore senza però, si badi bene, aumentare gli stipendi dei docenti di un solo centesimo. Ma c'è di più. L'esubero di precari che si vedranno decurtate le ore di lezione in favore dei titolari di cattedra costretti ad allungare il proprio orario di lavoro, sarà risolto semplicemente alla vecchia maniera: sforbiciando. Si prevede infatti il taglio - parolina che ha sostituito l'antico licenziamento, termine ormai inservibile dal momento che presuppone che un posto fisso almeno vi sia - di quasi 10 mila precari. In un colpo solo. Un capolavoro di virtuosismo che nemmeno i cuochi giapponesi coi loro affilatissimi coltelli da sushi saprebbero eguagliare. Il tutto con un risparmio complessivo di 265 milioni di euro, cifra che guarda caso ricorda molto da vicino la quota da assegnarsi al settore dell'istruzione paritaria, facendo così quadrare diabolicamente i conti. Cosa ne sarà, poi, dell'avanzo di 42 milioni euro ottenuto sottraendo al ricavo della spremitura delle scuole statali il quantitativo che migrerà verso le paritarie, non è dato saperlo. L'unica certezza è che l'agonizzante scuola pubblica, come d'abitudine, non ne vedrà nemmeno le briciole.
Belinda Malaspina
Il nuovo e assai discusso disegno di legge cosiddetta di stabilità, in questi giorni al vaglio del parlamento, porta invero un nome curioso, evocante scenari finalmente definitivi, finalmente solidi, finalmente mirati a restituire una dignità perduta. Di fatto, invece, almeno per quanto riguarda la scuola non c'è traccia di solidi intenti, di quelli che da tempo latitano quando si parla di educazione. Se infatti Berlusconi, prima della sua caduta, aveva promesso 500 milioni di euro alle scuole non statali, ora Monti non è da meno, annunciando un investimento di ben 223 milioni di euro da destinarsi al settore dell'istruzione paritaria.
Per pareggiare i piatti della bilancia il presidente del Consiglio ha poi ben pensato di far recuperare ai poveri docenti italiani, colpevolmente presenti in cattedra per sole 18 ore settimanali (come se i consigli, i collegi, la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni, gli interventi per i ragazzi disabili non esistessero), quanto hanno finora sottratto alle casse statali: la nuova legge porterebbe l'orario di lavoro a 24 ore senza però, si badi bene, aumentare gli stipendi dei docenti di un solo centesimo. Ma c'è di più. L'esubero di precari che si vedranno decurtate le ore di lezione in favore dei titolari di cattedra costretti ad allungare il proprio orario di lavoro, sarà risolto semplicemente alla vecchia maniera: sforbiciando. Si prevede infatti il taglio - parolina che ha sostituito l'antico licenziamento, termine ormai inservibile dal momento che presuppone che un posto fisso almeno vi sia - di quasi 10 mila precari. In un colpo solo. Un capolavoro di virtuosismo che nemmeno i cuochi giapponesi coi loro affilatissimi coltelli da sushi saprebbero eguagliare. Il tutto con un risparmio complessivo di 265 milioni di euro, cifra che guarda caso ricorda molto da vicino la quota da assegnarsi al settore dell'istruzione paritaria, facendo così quadrare diabolicamente i conti. Cosa ne sarà, poi, dell'avanzo di 42 milioni euro ottenuto sottraendo al ricavo della spremitura delle scuole statali il quantitativo che migrerà verso le paritarie, non è dato saperlo. L'unica certezza è che l'agonizzante scuola pubblica, come d'abitudine, non ne vedrà nemmeno le briciole.
Belinda Malaspina
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