Lontano
dall'Italia, a New York, Mario Monti ha sciorinato il suo immaginario onirico
ed espresso i suoi desiderata: essere premier a vita, continuare ad
essere "estraneo". Schizzinoso e autistico, non gli piace mescolarsi
con noi, anzi con nessuno salvo famigli, affini e affiliati, non doversi
sottoporre al giudizio popolare, una volta chiamato come un "eletto"
del primo tipo, incaricato da autorità superiori. Nemmeno la scelta della location
è casuale: nel suo sogno l'auspicabile sede istituzionale del premier è
lontana, separata dalla plebe e contigua ai suoi padroni, Wall Street, Berlino,
Bruxelles, insomma un luogo nemmeno tanto simbolico e ben collocato in distanze
siderali, una specie di cella insonorizzata nella quale echeggino solo i
comandi delle sue divinità.
È oltraggiosa e ripugnante la convinzione dell'uomo che scambia accidia, disgusto per il bene comune, inadeguatezza, benevola acquiescenza per corruzione e evasione, correità nei confronti di padroni e manager criminali, che commettono reati espliciti contro diritti, garanzie e salute pubblica, per la superiorità inviolabile e indiscutibile di qualcuno che è stato "deputato" senza elezioni a commissariare il Paese per compiere l'incarico di cancellare la sovranità dello Stato e del popolo, per svendere l'Italia, le sue attività superstiti, i suoi talenti e i suoi giacimenti più preziosi.
Ma ancora più oltraggioso e ripugnante è il consenso che la sua auto-candidatura riceve dal ceto partitico, sollevato da ogni responsabilità futura, autorizzato così a continuare la sua opera di cancellazione della politica e della rappresentanza, per potersi occupare a pieno tempo della infame conservazione dello status quo, della tutela delle rendite di posizione, dei suoi miserabili privilegi e delle sue indecorose sinecure, magari conservando come una utile reliquia l'attuale legge elettorale, con qualche ritocco per soffiare polvere negli occhi dei pochi che inguaribilmente andranno a votare. Soddisfatti di aver sacrificato la democrazia alla "governabilità", appagati di far scontare a noi l'incapacità di immaginare un modello di sviluppo alternativo a questa strategia di incremento delle disuguaglianze, all'egemonia del mercato immateriale che soffoca economia reale, produzioni e lavoro, pensano forse di dimostrarci che essere schiavi è bello, augurabile e comodo. Scelgono di farlo loro per sopravvivere nella loro mediocrità, lo dovremmo desiderare anche noi per sopravvivere nella nuova miseria di beni e aspettative.
Quella politica riflette e interpreta l'ideologia che muove questo governo economico, con la volontà di negare il futuro, di annientare il passato, con quel sistema pensionistico e con lo sprezzo per cultura, arte, tradizione, di avvilire il presente.
La nostra politica dovrebbe raccomandare a Monti - e con una certa fermezza - di restare là in quel suo volontario esilio, contiguo agli amati eroi della finanza creativa e lontano dai bisogni e dalle aspirazioni di chi è e vuole essere vivo e reale.
Anna Lombroso
È oltraggiosa e ripugnante la convinzione dell'uomo che scambia accidia, disgusto per il bene comune, inadeguatezza, benevola acquiescenza per corruzione e evasione, correità nei confronti di padroni e manager criminali, che commettono reati espliciti contro diritti, garanzie e salute pubblica, per la superiorità inviolabile e indiscutibile di qualcuno che è stato "deputato" senza elezioni a commissariare il Paese per compiere l'incarico di cancellare la sovranità dello Stato e del popolo, per svendere l'Italia, le sue attività superstiti, i suoi talenti e i suoi giacimenti più preziosi.
Ma ancora più oltraggioso e ripugnante è il consenso che la sua auto-candidatura riceve dal ceto partitico, sollevato da ogni responsabilità futura, autorizzato così a continuare la sua opera di cancellazione della politica e della rappresentanza, per potersi occupare a pieno tempo della infame conservazione dello status quo, della tutela delle rendite di posizione, dei suoi miserabili privilegi e delle sue indecorose sinecure, magari conservando come una utile reliquia l'attuale legge elettorale, con qualche ritocco per soffiare polvere negli occhi dei pochi che inguaribilmente andranno a votare. Soddisfatti di aver sacrificato la democrazia alla "governabilità", appagati di far scontare a noi l'incapacità di immaginare un modello di sviluppo alternativo a questa strategia di incremento delle disuguaglianze, all'egemonia del mercato immateriale che soffoca economia reale, produzioni e lavoro, pensano forse di dimostrarci che essere schiavi è bello, augurabile e comodo. Scelgono di farlo loro per sopravvivere nella loro mediocrità, lo dovremmo desiderare anche noi per sopravvivere nella nuova miseria di beni e aspettative.
Quella politica riflette e interpreta l'ideologia che muove questo governo economico, con la volontà di negare il futuro, di annientare il passato, con quel sistema pensionistico e con lo sprezzo per cultura, arte, tradizione, di avvilire il presente.
La nostra politica dovrebbe raccomandare a Monti - e con una certa fermezza - di restare là in quel suo volontario esilio, contiguo agli amati eroi della finanza creativa e lontano dai bisogni e dalle aspirazioni di chi è e vuole essere vivo e reale.
Anna Lombroso
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