Pensare Globale e Agire Locale

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mercoledì 17 ottobre 2012

ITALIA - Under 35, è boom di precari

Raddoppiati negli ultimi otto anni.

Mercoledì, 17 Ottobre 2012 - Il mercato del lavoro, si sa, per i giovani è particolarmente ostile. A inquadrare l'allarmante situazione di precarietà vissuta dagli under 35 italiani alcuni dati, che testimoniano le difficoltà all'ingresso e la scasa utilità della laurea.
Negli ultimi otto anni l'incidenza del precariato tra i ragazzi sotto i 35 anni è pressoché raddoppiata, passando dal 20% del 2004 al 39% del 2011, mentre nel primo trimestre 2012 si sarebbe già sfondato il muro del 40%. Sono dati emersi da un'indagine condotta dal centro studi Datagiovani per Repubblica, per la quale nel 2009 è avvenuto il sorpasso tra percentuale di occupati adulti rispetto ai giovani, con un divario che nel primo trimestre del 2012 si è attestato sui cinque punti percentuali.
UNDER 24, UN PRECARIO SU DUE. Tra gli under 24, un giovane su due è precario, circa il 23% tra i 25 e i 34 anni, contro percentuali pressoché dimezzate per le classi d'età più avanzate. Un fenomeno ancor più evidente tra le donne, dove la crescita, negli ultimi otto anni, è stata quasi il doppio rispetto agli uomini.
LAUREE INUTILI. Altro dato preoccupante, la scarsa utilità della laurea nell'assicurasi un posto di lavoro. A meno che non si tratti di una laurea 'tecnica'.
I laureati in ingegneria, archietttura o scienze mediche, infatti, hanno una probabilità di precarizzazione intorno al 10%, pari alla metà dei laureati in discipline umanistiche o dei diplomati in istituti magistrali, licei artistici e linguistici.
Per i diplomati in un istituto tecnico la probabilità di precarizzazione è pari 12,6%, non distante da quella di un medico o un ingegnere.
SALARI PIÙ BASSI. Un'altra difficoltà con la quale hanno a che fare i precari riguarda la disparità di salario: un precario percepisce dal 20% al 33% in meno nella retribuzione netta mensile rispetto a un collega non precario.
BOOM DEI CONTRATTI A TERMINE. Datagiovani ha anche rilevato come l'Italia, rispetto a tutti i principali Paesi europei, sia partita nel 2001 da un'incidenza di contratti a termine molto più bassa: 9,6% nel complesso, contro il 12,4% della Ue a 27 e della Germania, il 14,9% della Francia e il 32% della Spagna.
Con l'entrata in vigore della legge Biagi, il numero dei contratti a termine è cresciuto in modo vertiginoso, fino ad arrivare al 50% dei contratti nel 2011. Un aumento di quasi il 27%.

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